Il giallo di Garlasco e la nuova indagine che prosegue con il focus sull'impronta numero 44, quella di una scarpa trovata sul muro
Le nuove indagini inerenti il delitto di Garlasco si starebbero concentrando in queste ultime ore su una impronta “nuova”, leggasi la numero 44. Sarebbe una impronta di scarpe con delle suole a righe orizzontali, che è stata individuata sul muro delle scale dove è stata trovata senza vita la povera Chiara Poggi. Di fatto è al di sotto della famosa impronta 33, quella che per la Procura e la difesa di Alberto Stasi è di Sempio, mentre i legali dell’indagato rimandano al mittente le voci.
Ebbene, secondo quanto riferisce Open, nel 2007 l’impronta numero 44 era stata ritenuta indefinibile, e si trova subito sotto l’impronta numero 33: potrebbe essere proprio la “firma” dell’assassino, che avrebbe appoggiato le mani ai due muri delle scale, mentre i piedi sarebbero stati posizionati proprio ai bordi delle stesse. Secondo Enrico Manieri, tecnico balistico che di recente ha parlato a Filorosso, non è da escludere che il killer stesse trasportando Chiara Poggi giù per le scale, ma avrebbe perso l’equilibrio, e il corpo della povera ragazza le sarebbe caduto. L’assassino, per non cadere, avrebbe quindi appoggiato le mani sui muri, così come il piede destro, mentre rimangono i dubbi sul piede sinistro.
DELITTO DI GARLASCO, L’IMPRONTA 44 E NON SOLO: PROSEGUONO LE INDAGINI
Di fatto l’impronta 33, l’impronta 97F (la strisciata sul muro a sinistra) e l’impronta 44, potrebbero essere le tre tracce che potrebbero in qualche modo riscrivere il giallo, o così pensano seriamente sia la procura quanto i legali di Alberto Stasi, senza dimenticarsi che si continua a lavorare sull’ipotesi che sulla scena del crimine vi fossero almeno due persone oltre alla povera Chiara, magari con ruoli differenti. L’impronta 44 è menzionata oggi da Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano, sottolineando che le tre impronte sarebbero le stesse di quella famosa lasciata sul pigiamino di Chiara, le 4 dita mai repertate in quanto il medico legale venne autorizzato a girare il cadavere, con la ragazza che si sporcò ulteriormente di sangue, cancellando quindi ogni possibile traccia dell’assassino.
Resta comunque la domanda: a chi appartengono le tre impronte di cui sopra? Davvero sono di Andrea Sempio, e soprattutto, è possibile contestualizzarle e collocarle nella fase omicidiaria? Non va dimenticato che l’indagato era solito frequentare la casa dei Poggi a Garlasco, di conseguenza potrebbe aver lasciato quelle tracce in qualsiasi momento prima dell’efferato omicidio. Al momento non sembrerebbe essere stato infatti rilevato del sangue in quelle tracce, ed è impossibile che l’assassino non si sia sporcato, avendo il corpo di Chiara in braccio: in qualche modo, anche minimamente, deve aver preso qualche traccia ematica per forza di cose.

DELITTO DI GARLASCO, L’INCOGNITA DELL’IMPRONTA 10
Resta un dilemma anche l’impronta numero 10, un’altra delle firme del killer, quella precisamente rinvenuta sulla porta di casa, che non appartiene né ad Alberto Stasi né tanto meno ad Andrea Sempio: si riuscirà ad identificarla? Al momento, da quanto si sa pubblicamente, l’indagine non sembrerebbe aver fatto grandi passi in avanti rispetto alla sentenza che condannò Alberto Stasi a 16 anni di galera, e fino ad oggi ogni possibile “colpo di scena” è stato smentito nei fatti.
In ogni caso il lavoro degli uomini della procura e dei carabinieri di via Moscova a Milano proseguono, e venerdì prossimo, 4 luglio, si terrà un altro step del maxi incidente probatorio, per ulteriori analisi. Da segnalare infine che secondo Open non è da escludere che gli inquirenti possano chiedere a Meta, tutti i post su Facebook che sono stati pubblicati da Andrea Sempio dal 2017, anche quelli cancellati, per provare a capire qualcosa di più del profilo psicologico dell’indagato. Ricordiamo che per i legali dello stesso amico di Marco Poggi, il loro cliente è totalmente estraneo alla vicenda di Chiara Poggi e fino ad oggi non è emerso nulla che faccia pensare realmente al contrario.
