La nuova Indagine sul delitto di Garlasco è infondata per Roberta Bruzzone, che non ha dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi: ecco perché

La nuova indagine sul delitto di Garlasco è, per Roberta Bruzzone, pura “strategia del terrore”. Peraltro, si basa su “elementi fragili e deboli” che non meritavano di essere approfonditi. La criminologa ha affrontato l’argomento nell’intervista resa a Un altro pianeta, il podcast di Hoara Borselli su YouTube, spiegando che non ci sono dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi, giustamente condannato in via definitiva.



Questa sua posizione viene definita “scientifica”, perché basata sulla conoscenza “a menadito” del caso. «Io ritengo, e continuo a ritenerlo alla luce di tutto quello che sta emergendo, ancor di più per certi versi, che c’è già un colpevole: si chiama Alberto Stasi ed è stato correttamente condannato all’esito di un’indagine prima e di un processo poi, che ha sanato una serie di errori che certamente ci sono stati in questa inchiesta».



Dunque, Stasi è colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio” per la criminologa, che ha ricordato come l’ex fidanzato di Chiara Poggi abbia «mentito in più circostanze», «sottratto informazioni all’inchiesta» e «fatto tutta una serie di operazioni per sottrarsi a questo».

Roberta Bruzzone a Un altro pianeta (screen da YouTube)

Per quanto riguarda Andrea Sempio, l’indagine che lo coinvolge con l’accusa di concorso in omicidio è, per Bruzzone, infondata, in quanto non ci sono elementi che lo collochino sulla scena del crimine. Anzi, la presenza del DNA di Chiara Poggi sul Fruttolo e di Alberto Stasi sull’Estathé nella spazzatura rappresenta una prova che conferma la colpevolezza del condannato.



«Davvero Alberto Stasi non ricordava che fosse lui la persona che ha bevuto l’Estathé? Davvero lui, in questo mese in cui si parlava della colazione con l’assassino, non ricordava che Chiara aveva mangiato i Fruttolo e che lui aveva bevuto l’Estathé? Abbi pazienza, io faccio un po’ fatica a crederci».

IL DNA SOTTO LE UNGHIE DI CHIARA POGGI

Il nodo cruciale di questa nuova indagine sul delitto di Garlasco è il famoso materiale subungueale, il DNA sotto le unghie della vittima, attribuito ad Andrea Sempio. Ma quei campioni erano “molto degradati” quando vennero esaminati nella perizia dell’appello bis che portò alla condanna di Stasi, ha ricordato Bruzzone.

«Già in quell’occasione, compresa la difesa di Stasi, si ritenne che fosse un materiale non comparabile. Materiale non ce n’è più, l’indagine è stata svolta ed è quella, i parametri sono quelli. Fior di genetisti italiani hanno già detto, valutando i tracciati, che questo tipo di materiale, per il tipo di risultato ottenuto, è sotto quella che è la soglia scientifica di attribuzione. Non credo francamente che possiamo arrivare a risultati diversi», ha dichiarato la criminologa.

Dunque, si è detta curiosa di capire che piega prenderà l’indagine, quando «sarà messa la pietra tombale su questo dato», di cui si prese gioco anche l’avvocato Angelo Giarda quando assisteva Stasi, «sostenendo che quelli ottenuti da De Stefano, quelli che oggi puntano su Sempio, erano indicatori, marcatori presenti su migliaia di uomini della popolazione italiana e che addirittura lui era pronto a scommettere che, laddove avessero preso il suo DNA, forse, chissà, anche lui poteva risultare compatibile».

DELITTO DI GARLASCO, NUOVA INDAGINE BOCCIATA

Non ci sono elementi, dunque, per nutrire dubbi sulla colpevolezza di Stasi, secondo l’esperta. «La nuova inchiesta non ha tirato fuori niente». Neppure la scoperta di Ignoto 3 la fa smuovere.

«Vogliamo parlare dell’ultima famosa presunta svolta? Beh, è praticamente una cellula di materiale su garze non sterili, perché purtroppo hanno utilizzato all’epoca garze non sterili, in cui c’è materiale del soggetto, dell’assistente del medico legale — perché è già stato individuato — e c’è praticamente una parte infinitesimale riconducibile probabilmente a un altro soggetto, che potrebbe essere l’assistente del medico legale».

Non c’è nessun Ignoto 3 per la criminologa, ma «un modo assolutamente arbitrario e fantasioso di creare un’ombra dove non c’è», perché «non c’è nessun mistero dal punto di vista genetico, non ci sono tracce di ancora una volta e non c’è nessun altro ulteriore soggetto presente sulla scena del crimine».

Invece, gli errori commessi nelle prime fasi della prima inchiesta sono stati sanati, secondo l’esperta, dall’annullamento della Cassazione, che dispose il nuovo processo. Anzi, se è stato assolto due volte è proprio perché ci sono stati aspetti non approfonditi, come i suoi interessi sessuali, rivelati, secondo Bruzzone, da migliaia di contenuti “violenti e raccapriccianti”, «pornografia molto, molto estrema e violenta» sul suo computer, e dalla sua «preoccupante propensione» a fotografare ignare passanti.

GLI “INTERESSI SESSUALI” DI ALBERTO STASI

La criminologa, nell’intervista, ha spiegato di aver visionato quel materiale, perché ha a disposizione la perizia di primo grado, quindi ritiene che quei contenuti siano «tutt’altro che affini a un soggetto incline a fruire di pornografia, parliamo di una pornografia molto, molto estrema e violenta, ecco».

Anzi, quei comportamenti indicano, per la criminologa, un «interesse sessuale abnorme», con tratti di «assenza di empatia», «propensione al controllo». Ma ha anche ricordato che aveva una «preoccupante compulsione di fotografare ignare passanti, in particolare i piedi con scarpe col tacco e la porzione del sedere, anche mentre la povera Chiara era con lui a Londra».

Quindi, per Bruzzone, Stasi è «un soggetto che aveva interessi che, a mio modo di vedere, forse andavano esplorati in maniera un po’ più precisa». Il motivo per cui, però, questo aspetto non sia stato approfondito è legato alla scelta del rito da parte dell’allora indagato: scelse l’abbreviato. Anche il rapporto con la vittima, Chiara Poggi, non venne esplorato.

L’ATTACCO AI MEDIA

Non mancano critiche da parte della Bruzzone alla gestione mediatica del caso: infatti è contraria alle «chiacchiere di persone» prive di scientificità e alla «macellazione mediatica» di persone non indagate. Ha menzionato anche il provvedimento del Garante della Privacy per la diffusione di foto dell’autopsia di Chiara Poggi, sottolineando la gravità di tali azioni, ma ritiene che vada poi approfondito come sia possibile conoscere «praticamente in tempo reale» i risultati degli esami dell’incidente probatorio.