Delitto di Garlasco, l'esperto di balistica Enrico Manieri e il giallo di un'impronta mai repertata nel sangue: "Ecco la prova di un secondo assassino"
DELITTO DI GARLASCO, IL SECONDO KILLER
Secondo Enrico Manieri, specialista in balistica e analisi delle tracce ematiche, ci sarebbe un secondo responsabile nell’omicidio di Garlasco. In un’intervista rilasciata a Il Giorno, l’esperto ha indicato una prova rimasta inspiegabilmente in ombra: un’impronta insanguinata di scarpa mai analizzata dai Ris. La calzatura in questione è diversa dalla nota Frau taglia 42 con suola a pallini, attribuita ad Alberto Stasi, unico condannato per il delitto.
Manieri ha fatto riferimento a un’impronta presente sulla parte destra della scala, perpendicolare a quella palmare (la famosa impronta 33), che «non è mai stata analizzata né repertata». Questa seconda traccia è, per Manieri, una strisciata con righe orizzontali che arriva fino al terzo gradino.
La sua ipotesi è che questa persona abbia avuto problemi di equilibrio, se non l’ha addirittura perso, quindi si è dovuto appoggiare con la scarpa alla parete.
Manieri esclude che si tratti di un’impronta lasciata da un soccorritore o da qualcuno entrato nella villa della famiglia Poggi dopo il delitto, perché non c’è alcuna corrispondenza con le 27 suole delle scarpe delle persone entrate all’interno.
DELITTO DI GARLASCO, LE SCARPE NEL CANALE
Manieri ha inoltre ricordato che undici giorni dopo l’omicidio, due contadini rinvennero in un canale, tra Villanova d’Ardenghi e Zinasco, un sacchetto di plastica contenente abiti e un paio di scarpe marroni taglia 43. Le suole di queste scarpe risultavano compatibili con le tracce trovate nella casa della vittima.
Tuttavia, l’esame Combur effettuato per individuare tracce di sangue diede esito negativo, ma il Luminol aveva dato esito positivo, ha fatto notare Manieri. Nell’intervista a Il Giorno, ha spiegato che vennero alla luce due aree per ogni scarpa, ma le calzature non vennero più prese in considerazione per il Combur test e, alla fine, furono distrutte.
Per l’esperto, tuttavia, bisognava tener conto di un possibile falso negativo, anche perché quelle scarpe erano rimaste per diversi giorni nell’acqua, quindi le tracce erano già diluite prima ancora della diluizione prevista dal test del Luminol. Se le scarpe erano consunte, i vestiti invece non risultavano usurati. Per quanto riguarda le prime, le stringhe erano ancora allacciate, ipotizzando che chi le avesse volesse liberarsene.