A "Chi l'ha visto" e "Zona bianca" le novità sul delitto di Garlasco, perché Alberto Stasi è colpevole: tutte le prove che hanno portato alla condanna

Questa sera le trasmissioni “Chi l’ha visto” e “Zona bianca” si occuperanno per l’ennesima volta del delitto di Garlasco con alcune (potenziali e presunte) novità che potrebbero aiutarci a capire come procedono le nuove indagini che stanno puntando sulla figura di Andrea Sempio per cercare di smontare o confermare la tesi che vuole Alberto Stasi come unico responsabile, già condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione.



Al di là delle nuove indagini – che abbiamo approfondito in un articolo a parte rispetto a questo -, qui vorremmo proprio soffermarci sul perché Alberto Stasi sia stato condannato dai tribunali, ripercorrendo tutto quello che sappiamo dalle carte processuali: il punto di partenza è il 12 agosto del 2007 (giorno prima del delitto di Garlasco) in cui sappiamo per certo che la vittima Chiara Poggi e Alberto – all’epoca fidanzati – hanno trascorso assieme la serata.



Delitto di Garlasco, Chiara Poggi (Foto: web)

Proprio in quegli attimi si ipotizza che ci sia stato un litigio di qualche tipo, forse legato ad alcune foto che Alberto Stasi aveva scattato a gambe e piedi di ignote donne inglesi durante la loro vacanza a Londra: punto, questo, mai effettivamente appurato scientificamente dato che non ci sono prove che Chiara abbia effettivamente visionato quelle foto; mentre ad oggi il movente del delitto resta del tutto ignoto, anche perché – dal conto suo – il condannato si è sempre professato del tutto innocente.

Perché Alberto Stasi è stato condannato per il delitto di Garlasco: le prove che dimostrano la sua colpevolezza

Lasciando da parte il movente – che di per sé non è un elemento fondamentale quando si parla di processi e condanne -, utile è ricordare che ci sarebbero almeno quattro elementi usati dall’accusa per collocare Alberto Stasi sulla scena del delitto, partendo dall’alibi: il “biondino di Garlasco”, infatti, ha sempre raccontato che la mattina dell’omicidio avrebbe lavorato tutto il tempo alla sua tesi di laurea, ma la prima traccia dell’accensione del suo PC risale alle ore 9:36, mentre Chiara fu uccisa presumibilmente attorno alle 9:12 quando spense l’allarme della villetta per aprire la porta al killer.



Il secondo fondamentale elemento di prova contro Alberto Stasi è quello legato alla completa assenza di tracce di sangue e DNA sulle scarpe che disse di aver indossato alle 13:50 quando entrò nella villetta e trovò il corpo di Chiara riverso in una pozza di sangue: secondo le perizie, data l’enorme quantità di sangue tra la porta d’ingresso e le scale dello scantinato dell’abitazione (dove il corpo fu trovato) era impossibile che non avesse calpestato almeno una delle tante pozze; avvalorando l’idea che – in realtà – non entrò nell’abitazione ma si limitò a denunciare quanto aveva visto dopo aver ucciso Chiara.

Tesi – quella delle scarpe – che si ricollega anche alla singola impronta di scarpa numero 42 (ovvero quello di Alberto Stasi) che fu trovata sul tappetino del bagno e che ci porta direttamente alla terza prova: le sue impronte – due, entrambe dell’anulare destro – sul dispenser di sapone del bagno di casa Poggi, uniche rinvenute e secondo le sentenze dovute al fatto che, dopo essersi lavato le mani completamente sporche di sangue, lavò anche il dispenser e fu l’ultimo a toccarlo.

Infine, contro Alberto Stasi fu mosso anche il tema dei pedali della bici: almeno due testimoni, infatti, raccontarono di aver visto fuori dalla villetta dei Poggi una bici da donna nera in orari compatibili con il delitto di Garlasco, identica a quella di proprietà degli Stasi (che peraltro Alberto negò di possedere in occasione dei primi interrogatori) alla quale – si scoprì più tardi – erano stati sostituiti i pedali; poi trovati sull’altra bici degli Stasi coperti da una grande quantità di DNA di Chiara.