Delitto di Garlasco, RIS di Cagliari lavorano all'impronta 33: ora verifiche con Bpa. Ma su questa traccia ci sono quattro versioni contrastanti
L’impronta 33 finisce sotto la lente d’ingrandimento del RIS di Cagliari per elaborare un’altra ricostruzione, basata sullo studio delle macchie di sangue, per capire i movimenti dell’assassino del delitto di Garlasco. Si tratta della BPA (Bloodstain Pattern Analysis), mentre la difesa di Alberto Stasi prepara una ricostruzione 3D in base al quale il killer o uno di loro sia scivolato e si sia appoggiato al muro, lasciando quella traccia.
Dunque, l’attenzione è rivolta anche a questa traccia, sulla quale si consumerà la battaglia tra i consulenti, perché la difesa di Andrea Sempio contesta l’attribuzione, asserendo che mancano le minuzie necessarie per identificarla con certezza; i legali di Alberto Stasi, invece, sostengono che sia la traccia del palmo della mano del nuovo indagato, lasciata sul muro delle scale, dove è stato trovato il corpo di Chiara Poggi, in quanto sudato e sporco di sangue.
Nel frattempo, tiene banco il mistero di Ignoto 3, che non appartiene né all’ex fidanzato della vittima né all’amico del fratello. Potrebbe essere di un altro soggetto oppure il risultato di una contaminazione accidentale, ma serve tempo per l’analisi.
DELITTO DI GARLASCO, IL “POKER” DI VERITÀ SULL’IMPRONTA 33
Tornando all’impronta 33, attualmente ci sono quattro versioni diverse, confrontate da Il Giorno. La prima è quella della Procura di Pavia, che ha fatto analizzare nuovamente la foto da due esperti del RIS di Roma: per loro è di Andrea Sempio, perché ci sono 15 minuzie dattiloscopiche corrispondenti. Per la Procura di Pavia, dunque, Sempio ha lasciato la mano sul muro, ma non era insanguinata. Il RIS di Parma ha confermato che l’intonaco su cui era stata individuata quella traccia è stato interamente utilizzato nei test, quindi non si può analizzare fisicamente: restano solo le foto.
Diversa la versione della difesa di Alberto Stasi: per i loro consulenti, che hanno riprodotto in laboratorio simulazioni con impronte sudate e insanguinate, quella traccia contiene anche sangue, oltre che sudore. In questo caso, la dinamica ipotizzata prevede che Sempio sia scivolato sulle scale, appoggiandosi con forza al muro e lasciando così la manata.
I consulenti della famiglia Poggi sostengono, invece, che non sia possibile attribuire con un buon grado di sicurezza l’impronta a nessuno e che si trattasse di un appoggio veloce, forse sudato o sporco, ma non insanguinato. Avevano chiesto un incidente probatorio da affidare a un perito indipendente, ma il giudice lo ha negato.
Infine, c’è la versione della difesa di Sempio, secondo cui esiste un “pregiudizio interpretativo”: i loro consulenti smentiscono le 15 minuzie, parlando di interferenze murarie e criticando il metodo. Le quattro versioni sono inconciliabili, ma qualche risposta potrebbe arrivare dalla ricostruzione 3D della difesa di Stasi e dalla BPA del RIS di Cagliari, mentre sullo sfondo resta il mistero di Ignoto 3. A tal riguardo, gli inquirenti vorrebbero confrontare quel DNA con i compagni di scuola di Sempio e con persone vicine ai Poggi.