A Quarto Grado ampio focus su Garlasco con le parole degli avvocati Tizzoni e Fabrizio Gallo: ecco che cosa hanno raccontato in diretta tv

Il delitto di Garlasco al centro dei casi trattati ieri da Quarto Grado e fra gli ospiti – a sorpresa – vi era anche l’avvocato Tizzoni, storico legale della famiglia di Chiara Poggi. La sua ospitata non era prevista ma a un certo punto il penalista è intervenuto dopo aver sentito alcune dichiarazioni in studio dell’avvocato Fabrizio Gallo, legale di Massimo Lovati. “Marchetto si reca dall’avvocato Tizzoni dei Poggi – spiega Gallo – dicendo di indagare su altre persone, le sorelle Cappa, e pare che lì sia cambiato tutto e non gli hanno più permesso di andare avanti nelle indagini, questa è la sua versione, io ho colto questo particolare, è stata battuta una sola pista come se si dovesse andare solo su Stasi, ma le piste vanno viste tutte e alcune non sono state neanche esplorate”.



Tizzoni ha replicato in collegamento telefonico: “Gallo ha detto un’imprecisione, il maresciallo Marchetto quando lo denunciai nel 2013 aveva abbandonato la sua inchiesta, il fante Marchetto, visto che non è più un carabiniere, venne esautorato per gravissimi reati, si recava al night La Palanca in malattia tra l’altro, pagato da noi italiani, e accompagnava le ragazze rumene ed è questa la ragione per cui venne escluso dall’Arma, condannato per favoreggiamento della prostituzione”. E ancora: “Nel 2013 non indagava più su Garlasco mentre nel 2007 non segnalò la bici di Stasi e non faceva a Stasi domande ficcanti nell’interrogatorio, poi se si vuole romanzare che nel 2013 Marchetto ritenne di non potere più indagare, secondo me è una cosa inesatta, ma il collega Gallo forse all’epoca non era a conoscenza di particolari”.



DELITTO DI GARLASCO, TIZZONI REPLICA A GALLO SU MARCHETTO

Tizzoni ha confermato l’incontro con Marchetto: “Noi ci siamo visti e in quell’incontro rimproverai la mancata acquisizione della bici nera, neanche Sherlock Holmes avrebbe fatto una trovata di tale genialità. Nel 2011 avvenne un incontro con una terza persona, l’avvocato Carta – ha aggiunto – ma nel 2011 l’inchiesta era chiusa, lui lamenta di essere stato escluso dalla caserma ma passava le serate al night La Palanca con le ragazze, non è una vita privata, era un pubblico ufficiale che andava al night in malattia e fu condannato per favoreggiamento della prostituzione”.



Gallo ha poi ripreso la parola soffermandosi sul famoso scontrino di Andrea Sempio che lo stesso avvocato di Massimo Lovati ha sempre contestato: “Il collega Cataliotti (legale di Sempio, ndr) sta venendo dietro a ciò che dico e a ciò che dice Lovati, c’è un allineamento di linea, perché Cataliotti, sentito da una trasmissione tv, ha detto che questo scontrino vale 0,0, quindi perché, se valeva 0, Sempio produce lo scontrino come suo alibi? Sempio non era indagato, non gliel’aveva chiesto nessuno, non l’aveva portato ai carabinieri lo scontrino, poi stoppano il verbale e gli fanno andare a prendere lo scontrino e non ne danno atto, e presenta questo scontrino. Lui porta questo scontrino per togliere ogni dubbio sulla sua persona, se si dimostra che questo scontrino gliel’ha dato un altro, io non so come si può mettere”.

Garlasco, Tizzoni e Gallo (Foto: Quarto Grado)

DELITTO DI GARLASCO, I DUBBI DI GALLO SULLO SCONTRINO DI SEMPIO

Quindi ha ricordato sull’indagine del 2017: “C’è stata un’archiviazione nel 2017 che adesso è al vaglio di altri magistrati. Io parlo per me stesso e non per Lovati, è stato valutato bene quello scontrino? Gli altri che hanno esibito le prove quel giorno hanno mostrato prove vere e verificabili, con Sempio non sono state fatte le verifiche. Si potevano controllare le telecamere o si poteva fare la verifica del tempo che ci vuole per arrivare da Garlasco a Vigevano, rifai il percorso fatto 18 anni fa”. Quindi ha concluso incalzato da Nuzzi: “Io so delle cose che non posso rivelare? Mi sono confrontato con il mio assistito, Lovati sullo scontrino mi ha detto sempre le cose che ha detto a tutti, c’è il segreto professionale quindi è per questo che posso dire e non dire sullo scontrino, ma non è frutto di una mia fantasia”.

Ricordiamo che poche settimane fa si sarebbe recato dai carabinieri dicendo che quello scontrino era un falso, anche se non è mai stato confermato questo episodio. Quello scontrino, in ogni caso, dice tutto e non dice niente, visto che non c’è il numero di targa e di conseguenza non si può ricondurre con certezza all’auto che Andrea Sempio usò quella mattina. In ogni caso sono ben 18 anni che se ne parla e non si riesce mai ad arrivare a una conclusione: l’opinione pubblica sembra perfettamente divisa in due fra chi crede nell’indagato e chi invece si dice convinto che menta.