Delitto di Via Poma: storia omicidio Simonetta Cesaroni/ 35 anni di misteri: ora nuova indagine e identikit
DELITTO DI VIA POMA 35 ANNI DOPO: LO SPECIALE TG1
“La ragazza di Via Poma” è il titolo dello Speciale Tg1 dedicato all’omicidio Simonetta Cesaroni, un caso avvolto ancora nel mistero nonostante siano passati 35 anni. Non c’è la parola fine, anche perché non è stata scoperta la verità sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, la 21enne romana, dietro cui potrebbero nascondersi oscuri personaggi. Non hanno giovato gli errori investigativi che sono stati commessi, così come i depistaggi. Sulla vicenda è stata aperta un’istruttoria dalla Commissione Antimafia, ma soprattutto c’è la decisione del gip di Roma di respingere l’istanza di archiviazione, perché l’indagine va rifatta.
Il delitto di Via Poma non è solo una vicenda che coinvolge persone che avrebbero potuto dire quello che sapevano e non lo hanno fatto, o hanno mentito in alcuni casi, ma è anche un caso di piste mai esplorate dagli investigatori. Alla luce di tutto ciò, il gip nel novembre scorso ha invitato a indagare nuovamente a tappeto su tutti i protagonisti, direttamente o indirettamente coinvolti, ma ha soprattutto citato l’ombra dei servizi segreti e dei poteri forti.
LA STORIA DELL’OMICIDIO SIMONETTA CESARONI
Ma torniamo al 7 agosto 1990, giorno in cui Simonetta Cesaroni venne uccisa nell’ufficio in cui lavorata: prima fu picchiata, poi accoltellata con 29 fendenti. L’assassino la spogliò e lasciò il cadavere a terra con il reggiseno abbassato, particolari che fecero ipotizzare un delitto passionale.
Per il suo omicidio ci sono stati diversi sospettati, poi scagionati: da Pietro Vanacore, portiere del palazzo di Via Poma che venne rilasciato dopo 26 giorni in carcere, al datore di lavoro Salvatore Volponi, così come l’allora fidanzato Raniero Busco, che è finito a processo e assolto in via definitiva nel 2014, dopo la condanna a 24 anni di carcere in primo grado, salvato da una super perizia in appello.
Tra gli altri indagati per l’omicidio di Simonetta Cesaroni ci fu anche Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle, presente nello stabile il giorno dell’omicidio, ma anche per lui le accuse furono successivamente archiviate.
Negli ultimi tempi sono emersi documenti segreti e scomodi, informazioni riservate e, quindi, la pista dei servizi segreti. Negli uffici dove lavorava la vittima, l’Associazione italiana alberghi della Gioventù (Aiag), sarebbero stati trovati documenti riservati che sarebbero di proprietà appunto degli 007, dunque l’ipotesi è che all’inizio delle indagini siano entrati in campo. Anche su questo il gip di Roma ha chiesto di fare luce, ma vuole che venga fatta chiarezza anche sulle inchieste passate, riascoltando molte persone e ascoltando chi non è mai stato sentito prima.
Il lavoro svolto dai carabinieri, ancora una volta, (ha confermato la centralità della famiglia Vanacore nel delitto di Via Poma. “Ma se è il caso di continuare a indagare, è giusto che si continui. Io non sono favorevole alla chiusura“, ha dichiarato il figlio del portiere ai microfoni di Farwest nelle scorse settimane. Alla domanda se il killer del delitto di via Poma fosse sempre stato in quel palazzo non si è sbilanciato, ma di certo anche lui ha tanti dubbi su una vicenda su cui la famiglia di Simonetta Cesaroni aspetta ancora di scoprire la verità.
DELITTO DI VIA POMA, LE NUOVE IPOTESI E PISTE
Altra figura importante è quella dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, nel frattempo deceduto ma all’epoca presidente dell’Aiag. Da un’informativa della Digos del ’92, firmata da Belfiore, emerse che il legale era stato accusato di molestie a giovani ragazze che non erano state denunciate per la sua posizione apicale.
A ciò si aggiungono i dubbi sull’alibi, perché sarebbe rientrato a casa in orari compatibili con l’omicidio di Simonetta Cesaroni e con una persona mai identificata, ma riferì agli inquirenti di essere tornato nella capitale solo la sera. Il giudice, però, vuole che si indaghi anche sul furto al caveau di piazzale Clodio del ’99, per il quale fu condannato tra gli altri anche Massimo Carminati. Tra i documenti spariti in quel colpo ci sarebbero carte collegate al delitto di Via Poma.
L’IDENTIKIT DEL KILLER E GLI ERRORI DEL MEDICO LEGALE
Un’idea di cosa possa essere successo se l’è fatta il criminologo Carmelo Lavorino, i cui spunti investigativi alla base di due esposti sono ritenuti “seri, nuovi e concreti” dal gip. Dalle sue analisi ha concluso che il killer del delitto di via Poma è mancino e ha usato 30 volte la mano sinistra contro Simonetta Cesaroni, l’arma del delitto è un taglia carte e il delitto sarebbe avvenuto prima delle 16:45, non dopo le 17:45. Anche lui ritiene che ci siano stati depistaggi da parte dei servizi segreti, ma non per coprire il killer, bensì i segreti dei collegamenti con l’Aiag.
Come evidenziato da Il Giornale, per Lavorino il sangue trovato nell’ascensore dopo 3 settimane dal delitto di via Poma sarebbe stato messo dall’assassino o da un complice per depistare ulteriormente le indagini sull’omicidio Simonetta Cesaroni. Per quanto riguarda il suicidio di Vanacore, l’ipotesi del criminologo è che custodisse un segreto importante. Ma Lavorino punta il dito anche contro il medico legale per gli errori commessi: non ha misurato la temperatura del cadavere di Simonetta Cesaroni, sia interna sia esterna, né quella ambientale; non ha esaminato il contenuto gastrico, non ha repertato la parte del capezzolo che poteva contenere il Dna dell’assassino, non è risalito all’orario della morte e non si è reso conto che il killer aveva usato la mano sinistra.
