Nonostante la vittoria alle elezioni provinciali, Milei si trova ancora in una situazione difficile che rinvigorisce il peronismo

Dopo la vittoria nelle elezioni provinciali, Milei si è recato immediatamente negli Usa per un tour pieno di incontri con personaggi importanti della finanza statunitense e ovviamente con il Presidente Trump, che si è congratulato con lui per la vittoria elettorale.

Ricordiamo che questo risultato ha portato a un intervento, già ricordato in un altro articolo, degli stessi Usa in aiuto all’Argentina che, oltre ad acquistare pesos, ha finalizzato il quadro per una linea di credito swap di oltre 20 miliardi di dollari con la Banca centrale di Buenos Aires attraverso un intervento diretto del segretario al Tesoro Scott Bessent.



“Il successo dell’agenda di riforme dell’Argentina è importante e un’Argentina forte e stabile è nell’interesse strategico degli Stati Uniti”. aveva dichiarato lo stesso Segretario: e difatti ora sembra si sia raggiunta una stabilità politica e il cammino dell’attuale Presidente pare essere in discesa, visto che i gravi problemi finanziari accumulati precedentemente alle elezioni potevano far precipitare il Paese in una delle tante “crisi epocali” vissute dal 1947 in poi.



Il panorama nazionale però non è poi così tranquillo come sembra, e a complicare ancora le cose ci ha pensato Milei stesso… pardon la sorella Karina (segretario di Stato) che in pratica non solo ha costretto alle dimissioni il validissimo ministro dell’Interno Guillermo Alberto Franco, un personaggio che finora ha cercato, con la sua grande diplomazia, non solo di sedare le manovre che hanno portato a notevoli screzi nell’intorno presidenziale, ma pure di attuare politiche sensate in un’economia che stava crollando e un’Argentina che, ricordiamolo, ha un debito con il Fmi di oltre 41 miliardi di dollari.



Scott Bessent, Segretario al Tesoro USA (ANSA-EPA 2025)

Ora che la scialuppa di salvataggio statunitense è arrivata ecco ripresentarsi le solite decisioni senza senso sul potere politico, perché, ripetiamo, non soltanto Franco ha lasciato il suo incarico. Come abbiamo già descritto, Milei deve la sua carica presidenziale a un’alleanza con il partito Pro dell’ex Presidente Mauricio Macri, che gli propose nel 2024 un accordo basato su di un programma sia economico che politico e anche ad accettare suoi collaboratori nello staff presidenziale (visto che a Milei mancavano non solamente persone in grado di occupare posti nel Governo, ma pure un progetto Paese che Macri gli fornì).

Subito dopo le elezioni e la sua entrata nella Casa Rosada, Milei ha cambiato le carte in tavola, rifiutandosi di rispettare il patto che, in pratica, attraverso i suoi voti gli aveva spianato la strada alla vittoria.

Le incertezze e le debacle causate dalle decisioni politiche della sorella avevano portato Milei non solo a essere sconfitto a livello governativo non approvando nessuno dei suoi decreti, tutti bocciati dal voto del Senato, ma pure, vista la debacle a questo punto pure finanziaria nonostante un’inflazione bassissima, al rischio di perdere le elezioni di ottobre dopo che i preliminari delle stesse lo videro sconfitto, se pure di misura.

E allora ecco tornare in suo soccorso Macri, che in pratica ha ripetuto l’errore precedente e sottoscritto un’alleanza con il partito di Milei (La Libertad Avanza) nella quale ha incluso, ancora una volta, un programma di Governo.

Alcuni giorni dopo la sua schiacciante vittoria, Milei ha convocato Macri a una cena nella residenza di Olivos, basata su di un menù di cotolette alla milanese e patate: ma una volta arrivato all’incontro l’ex Presidente, che pensava di iniziare ad attuare un piano per rendere fattibile il progetto economico-politico, si è trovato di fronte un Milei freddissimo e di poche parole, al punto che, capita l’antifona, Macri ha abbandonato l’incontro.

Subito dopo ha emanato un comunicato nel quale ha espresso la sua grande delusione (vabbè….) e preannunciato che da quel momento sarebbe passato all’opposizione: cosa che in pratica toglie a Milei l’appoggio governativo del suo ex alleato, riportando la situazione in Parlamento su posizioni che ricordano quelle precedenti la tornata elettorale, con una maggioranza ancora contro di lui. A questo punto la palla passa ai partiti minori, se si vuole conquistare un potere in grado di supportare le politiche presidenziali, e il gioco è quello di un equilibrio fragilissimo e anche di un’importanza politica che partitini altrimenti insignificanti hanno nel far proseguire l’attuale presidenza.

Insomma: un harakiri sorprendente anche per la ripetizione degli stessi errori da parte di un Macri che già si erano visti nelle elezioni del 2019, che perse a favore del perokirchnerista Alberto Fernandez.

Ora bisogna vedere se e come Trump potrà invertire la situazione, perché a questo punto il rischio è che gli aiuti forniti all’Argentina si rivelino una vera e propria trappola che impedirà sicuramente agli Usa di avere l’influenza sperata in un’Argentina che rischia ancora di perdere l’ennesima occasione per uscire dal “baratro” peronista: che potrebbe ancora ripresentarsi vista la fragilità di un potere presidenziale che, a quanto pare, non riesce proprio a mettere all’angolo l’influenza parentale.

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