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Home » Economia e Finanza » Borsa e Spread » DIETRO IL CALO DELLE BORSE/ Dazi e recessione, le strategie diverse di Usa e Ue per superare la crisi

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  • Economia e Finanza

DIETRO IL CALO DELLE BORSE/ Dazi e recessione, le strategie diverse di Usa e Ue per superare la crisi

Paolo Annoni
Pubblicato 5 Marzo 2025
Ansa

Ansa

I mercati risentono dei venti di guerra commerciale, che può causare un rallentamento dell'economia che gli Usa sono pronti a sfruttare

I principali indici azionari europei, incluso quello italiano, ieri hanno chiuso con cali di circa il 3% mentre quelli americani hanno aperto in calo prima di recuperare in serata. La decisione del Presidente americano di imporre dazi contro Messico e Canada e di inasprire quelli contro la Cina ha causato subito ritorsioni.


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Oggi è impossibile dire quanto durerà la guerra commerciale, quali saranno le prossime puntate e quale sarà il punto di arrivo. Ciò crea uno scenario di incertezza per tutti; per le imprese, per i consumatori e per gli investitori. Nell’ultimo caso la reazione inevitabile è quella che si è vista ieri perché di fronte a una tale rottura del sistema, dopo decenni di liberi scambi, diventa impossibile gestire l’incertezza.


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Il comportamento delle imprese e dei consumatori non è molto diverso. Le imprese non sapendo bene dove si andrà a parare fanno più fatica a investire e i consumatori preferiscono spendere di meno e risparmiare di più. Questi sono gli ingredienti di un rallentamento economico che i mercati ieri hanno cominciato a prezzare. Oggi si scontano tre tagli dei tassi della Fed nel 2025 mentre solo due settimane fa più uno che due.

Il segretario del Tesoro americano Scott Bessent ieri un’intervista a Fox News ha spiegato che la priorità dell’Amministrazione non è Wall Street ma l’economia reale e ha sottolineato la diminuzione dei tassi sulle carte di credito, sui mutui e sulle rate della macchina e i benefici della deregolamentazione delle ultime settimane. A molti è sembrato che non ci sia una particolare preoccupazione per l’andamento dei mercati e che i cali non spaventino.


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Riportare le industrie negli Stati Uniti e tagliare il deficit commerciale è inflattivo perché lo stesso bene prodotto in Indiana piuttosto che in Cina non può che costare di più. Più inflazione significa tassi più alti su debiti pubblici e privati cresciuti a dismisura dopo il Covid. Il rallentamento economico darebbe invece modo agli Stati Uniti di rifinanziare il debito pubblico a tassi più bassi. In secondo luogo, eviterebbe che la guerra commerciale e il rimpatrio della manifattura facciano salire troppo l’inflazione. Da ultimi esattamente come i rialzi azionari sono un motore dell’inflazione i cali agiscono in senso opposto.

Si può scegliere di pensare che Trump non riesca a valutare fino in fondo le conseguenze delle sue decisioni. L’Amministrazione inaugurata nel 2025 però non è quella del 2017 e oggi include membri che hanno una conoscenza profonda sia dei mercati che dei nessi economici. Il punto di partenza è che l’economia americana è su una traiettoria insostenibile e che questo emerge, tra i diversi punti, in un deficit mai visto in fasi che non fossero di guerra o di recessione. Iniettare stimoli monetari alla fine si paga in anni di inflazione a doppia cifra. È questo lo scenario in cui prende forma una guerra commerciale che altrimenti è inspiegabile.

Se le condizioni dell’economia americana fossero solide questa sembrerebbe solo una scelta suicida. Rimpatriare l’industria senza che nel frattempo esplodano l’inflazione e i tassi di interesse è complicato e forse diventa meno difficile in un quadro in cui l’economia non è surriscaldata.

Anche l’economia europea si deve ristrutturare e in questi giorni si presentano gli “investimenti in difesa” come la soluzione per il suo rilancio. Aprire impianti e assumere persone che costruiscano cannoni e carri armati “fa bene al Pil” e qualcuno si spinge a dire che questo potrebbe avvenire riconvertendo impianti automobilistici in una sorta di soluzione ideale; si fa notare che “tanto la macchina” non è più un acquisto così ambito.

Anche l’Europa potrebbe sfruttare una fase di rallentamento per una conversione bellica dell’industria; in una fase di rallentamento fare debito costa di meno e i consumatori non comprano e questo sarebbe un bene per disinnescare, sul breve, una delle conseguenze più ovvie di questa riconversione.

Se si chiudono impianti che producevano auto per aprirne di nuovi che fanno carri armati e se si usa acciaio e componentistica per fare cannoni al posto che lavatrici questo certamente mantiene i livelli occupazionali, ma al contempo genera un nuovo mondo in cui tutto quello che non è armamenti costa molto più di prima a parità di salari. Il Pil, forse, è quello di prima, ma la qualità di vita, il welfare e il benessere sicuramente no.

Al termine di una riconversione immaginata in questi termini con il supporto dell’Unione che “esclude la spesa per la difesa dal deficit” si scoprirà, passata la crisi, che si fa molta più fatica non solo a comprare una macchina nuova, ma persino una lavatrice.

Il rallentamento economico può essere un’occasione per fare cose che altrimenti sarebbe molto più difficile fare. Questo però è tutto quello che si può dire e cosa fare rimane una libera scelta.

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Tags: Donald TrumpInflazioneRecessioneEconomia USA

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