USA e Russia disegnano un mondo multipolare, UE e UK restano fuori dal gioco e parlano di difesa comune. A chi giova?
L’Europa si arrabatta. Ha subito il colpo sferrato da Trump e Putin, che l’hanno esclusa dalle trattative per la pace in Ucraina, e cerca in qualche modo di reagire, anche se appare ancora un pugile appena rialzatosi da un pesante KO. L’ultima idea è quella di una riunione a casa Starmer, a Londra, per parlare di piani di difesa comune.
Un’idea che lascia il tempo che trova, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, perché gli unici strumenti che gli europei hanno per perseguire questa strada sono nella NATO. Una soluzione che Francia e Gran Bretagna, uniche potenze nucleari del Vecchio Continente, cercano di sfruttare per ritagliarsi un posto al sole, ma che non ha le gambe per camminare.
Il primo ministro polacco Donald Tusk ha riferito che domenica alcuni leader europei si incontreranno con il premier Starmer a Londra per mettere a punto piani di difesa comune. Cosa vogliono fare di preciso gli europei?
Questa è la dimostrazione di come l’Europa sia una realtà abbastanza varia: prima c’è stata la visita di Orbán da Putin e da Trump, adesso, invece, i polacchi, che hanno la presidenza di turno della UE, sono i patrocinatori di questa riunione, che, guarda caso, si svolge in Gran Bretagna.
Il Regno Unito sta cercando di ritagliarsi un ruolo?
Il Regno Unito è uno dei Paesi che ha cercato di cavalcare il momento di crisi dovuto al nuovo corso imposto da Trump. Lo sta facendo insieme alla Francia, perché entrambe sono potenze nucleari e hanno una visione imperiale di loro stesse. Ora ci sarà questo incontro per definire piani comuni di difesa, anche se la Russia non ha le forze per attaccare l’Europa.
L’idea di elaborare piani di difesa comune ha un senso o no?
I piani di difesa ci sono sempre stati dalla Guerra fredda. Per l’Italia, per la Germania, per la Norvegia, per tutti. C’era un grande piano di difesa complessivo, strategico, che riguardava tutta la NATO, che si confrontava col Patto di Varsavia. Elaborarne uno è possibile, ma che senso avrebbe?
Secondo lei?
Non c’è una minaccia concreta da parte di Mosca. I russi potrebbero colpire l’Europa, in teoria, ma non occuparla. Da parte nostra, invece, ci sono solo parole. Siamo presenti in Romania, in Bulgaria, nei Paesi baltici, ma non si tratta di una presenza rilevante; prima, invece, entrambe le parti avevano gli eserciti schierati. Sembra che l’obiettivo sia ribadire l’esigenza di difenderci dai russi, che ci stanno minacciando. Per me è un’iniziativa che lascia il tempo che trova.
Fino a dove può arrivare allora questa iniziativa?
L’Europa vuol far capire che ha bisogno di elaborare una difesa. Con l’America, possibilmente, ma, se gli USA non ci stanno, farà da sola. In realtà non può fare da sola. Oltre a questa dichiarazione di intenti, bisognerebbe elaborare dei piani, strutturare degli strumenti. Ma non esiste un’alleanza militare europea credibile: esiste la NATO.
Macron oggi dovrebbe riferire in una videocall agli altri Paesi europei cosa gli ha detto Trump. La proposta messa sul tavolo è quella di una forza europea per il mantenimento della pace in Ucraina. Come mai Putin stavolta sembra orientato ad accettarla?
Questa è la vera novità. Se effettivamente è così, c’è da chiedersi cosa sia stato dato come contropartita a Putin. Il parere favorevole della Russia per lo schieramento di forze europee tradirebbe un po’ tutta la linea sostenuta da Putin e da Lavrov.
Gli europei possono recuperare un ruolo nella trattativa?
L’Europa finora è stata esclusa da tutte le discussioni tra russi e americani, anche sul nuovo assetto globale. La riunione di Riyad non riguardava solo l’Ucraina, ma il modo con il quale le due superpotenze si sarebbero relazionate in futuro. Da tutto questo l’Europa è stata tagliata fuori, e come l’Ucraina viene considerata un oggetto di mercanteggiamento tra le parti. Cercando di coalizzare una specie di coalizione politico-militare anti-Trump, perché adesso anche lui è diventato un nemico, si spera di arrivare a strappare la possibilità di partecipare al processo di pace. Ma cosa può portare l’Europa?
Lei cosa risponde?
Solo un rallentamento, che è ciò che sta avvenendo. Per poter avere voce in capitolo, per farsi sentire in modo “originale”, è costretta a scegliere toni bellicisti: una cosa ridicola, se non fosse drammatica.
Resta la domanda: secondo lei qual è l’operazione che stanno cercando di realizzare Trump e Putin accordandosi sull’Ucraina?
Ci stiamo lasciando alle spalle una visione unipolare, nella quale c’era un unico polo, gli Stati Uniti, che decidevano gli interlocutori con i quali ci si poteva relazionare. Il requisito era che adottassero il modello USA: non ci dovevano essere dittatori o autocrati, ma democrazie. Da questo modello siamo passati a riconoscere che il mondo, invece, è multipolare. Ora anche all’interno dell’Occidente c’è una bella differenza tra la democrazia americana e quella italiana o quella francese. Nel modello multipolare i poli hanno deciso di riconoscere interessi reciproci.
Come cambia questo i rapporti fra le nazioni?
Putin non si accontenta della pace in Ucraina se poi scoppia una guerra nel Caucaso o nel Baltico. Chiede una sicurezza più ampia. Per questo occorre una nuova architettura, alla quale l’Europa potrebbe dare un apporto sostanziale, ma questo non si ottiene armandosi da un giorno all’altro. Sono decenni che noi non ci occupiamo della nostra potenza militare e non è che, aumentando i fondi a disposizione per due o tre anni, la situazione cambi sostanzialmente: i carri armati devono essere progettati, commissionati. E questo vale a maggior ragione per gli aerei e per le navi. E poi c’è bisogno di uomini…
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.