La disoccupazione Usa ha fatto segnare un record negativo: solo 22mila posti di lavoro in più ad agosto. Ora è quasi certo il taglio dei tassi

Il tasso di disoccupazione americano ad agosto è salito al 4,3% dal 4,2% del mese precedente; il numero di nuovi posti di lavoro è stato inferiore alle stime. Il nuovo dato di giugno, dopo la revisione statistica, ha fatto segnare un numero negativo per la prima volta da dicembre 2020, quando l’economia era ancora alle prese con il Covid.



Dopo la diffusione dei dati la probabilità di un taglio dei tassi della Fed alla riunione di settembre è salita al 100% e il mercato sconta altri due tagli prima della fine dell’anno. Per gli investitori l’indebolimento del mercato del lavoro apre la strada a un rallentamento dell’economia e quindi a una politica monetaria espansiva; questa è la ragione del calo dei rendimenti obbligazionari visto ieri pomeriggio.



Da qualche settimana economisti e banche d’affari avanzano una tesi che si è ormai fatta strada nel dibattito economico. Le politiche migratorie di Trump abbassano il nuovo numero di lavori necessario a tenere in equilibrio il mercato del lavoro. Negli anni di Biden, con la maggiore ondata migratoria degli ultimi decenni, serviva un numero molto più alto di nuovi posti di lavoro per soddisfare l’offerta. Questo non è più vero, perché la nuova amministrazione ha bloccato i flussi e si è attivata per espellere i lavoratori illegali.

Atlanta, Georgia (USA). Dimostranti durante la festa del Labor Day, 1 settembre 2025 (Ansa)

L’ultimo caso in ordine di tempo ha riguardato centinaia di immigrati irregolari sudcoreani che lavorano alla fabbrica Hyundai in Georgia. Meno immigrati significa che il mercato del lavoro può rimanere in equilibrio anche creando molti meno posti.



Su questo tema è stato pubblicato recentemente uno studio della Federal Reserve di St. Louis; la questione è quindi mainstream. Questa novità – la politica di Trump sull’immigrazione – cambia il quadro; dai dati sul mercato del lavoro di ieri non si può automaticamente dedurre uno scenario di rallentamento dell’economia.

In questo caso, con una politica fiscale ancora molto espansiva, il taglio dei tassi si sommerebbe a mercati finanziari in salute e all’effetto dei dazi. I dazi, annunciati a inizio aprile, non si sono manifestati ancora completamente perché le imprese hanno fatto scorte e perché li hanno in parte assorbiti sui propri margini. Si rischia quindi di alimentare i prezzi e un errore di politica monetaria con la Fed che taglia i tassi prima e più del dovuto. Le contraddizioni presenti nel sistema finanziario americano, il debito pubblico e privato ma non solo, possono coesistere con condizioni economiche e un mercato del lavoro che tengono se la politica fiscale rimane espansiva.

Sotto la superficie gli investitori continuano a ritenere che per il sistema politico lasciar correre i prezzi sia il minore dei mali. I prezzi di oro e argento in continua salita certificano questa convinzione. La Fed, così pensano i mercati, taglierà i tassi subito anche se potrebbe aspettare. A ulteriore riprova che la valvola di sfogo che si è scelta sono i prezzi in salita e che il problema diventi quindi il loro impatto sociale e politico.

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