La scelta di editare un’antologia degli scritti di don Giussani (Alle radici di una storia) costituisce un’operazione per molti versi assolutamente comprensibile. Un’operazione tanto più necessaria quanto più si manifesta l’esigenza di segnalarne l’opera ad un’intera generazione di nuovi lettori che desiderano cogliere l’essenziale di questa personalità, senza passare per delle sintesi che non possono essere che riduttive. Da qui la scelta della casa editrice Rizzoli di pubblicare una raccolta di brani del fondatore di Comunione e Liberazione.
Tuttavia non si può negare come l’uscita di un’antologia costituisca anche un’occasione preziosa per riproporsi il problema della specificità di questo sacerdote diocesano che ha fondato ed educato uno dei più visibili e attivi movimenti religiosi contemporanei. Da qui la scelta della direzione del Meeting di invitare coloro che, se non altro per lo scorrere del tempo, non avendo potuto incontrare don Giussani, hanno comunque incontrato i testimoni. È questo il caso di Luigi Maria Epicoco, sacerdote, teologo e scrittore, assistente ecclesiastico del Dicastero per la comunicazione ed editorialista dell’Osservatore Romano che don Giussani non ha mai incontrato senza che ciò gli abbia impedito di tracciarne un profilo travolgente.
Ma ciò permette di cogliere il passo successivo: come possono esistere dei testimoni se nell’incontro personale che questi hanno avuto con don Giussani non si fosse concretizzata una dimensione inattesa? Una dimensione che questi ultimi non si aspettavano e che li ha segnati al punto tale da giocarsi la vita all’interno di un percorso educativo? La testimonianza ha infatti un senso solo se rappresenta la profondità di un incontro personale che non può riassumersi nella semplice narrazione ma resta, in qualche modo, ancorato al cuore di chi lo ha vissuto.
Al di là delle qualità teologiche e personali, non è possibile non sottolineare come il cuore di don Giussani, il nocciolo essenziale sul quale si muove per intero la sua attività educativa risieda fondamentalmente nella specificità da lui attribuita alla dimensione relazionale.
Questa non coincide affatto con il semplice rispetto verso l’altro, ed ancor meno come un’attitudine di sincera apertura. In realtà don Giussani era convinto che chiunque si interrogasse con cuore sincero avesse qualcosa da insegnargli, qualcosa che lui, per primo, avesse esigenza di apprendere. “Don Giussani – come ricorda Davide Prosperi – non ha mai visto nessuna persona come estranea, bensì come un dono fatto a lui, e quindi una sua responsabilità. Don Giussani si abbeverava all’altro come ad una spugna, lo ascoltava come se fosse l’unico uomo al mondo che lo interessasse. Era lì per imparare”.
In questa frase c’è l’essenziale, la chiave di volta attraverso la quale don Giussani penetrava nel mondo ed entrava in sintonia con chiunque si ponesse seriamente dinanzi all’esistenza. Siamo dinanzi ad un livello che non coincide affatto con il termine attualmente tanto di moda di “dialogo”, ma in realtà lo supera completamente.
Don Giussani era convinto di trovare in ogni uomo che si interrogasse sulle ragioni ultime dell’esistenza, prima ancora di una sponda per presentare l’annuncio evangelico, la presenza di una modalità ancora più profonda per conoscere l’ampiezza della domanda e la serietà di quest’ultima.
Una tale attitudine non era separata dalla certezza di un’appartenenza condivisa. L’affermazione di Alberto Savorana secondo la quale per don Giussani “hanno un destino comune chi aspetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede si dispera nella domanda” rende perfettamente conto della natura della relazione che don Giussani ha instaurato con tutti gli uomini e che ha una sua caratura antropologica, cioè è valida per gli uomini di ogni cultura e di ogni contesto, una volta che non eludano la domanda fondamentale.
Da qui comincia il cammino: “L’esito di un incontro – afferma don Giussani – è la suscitazione del senso della persona. È come se la persona nascesse: non nasce lì, ma nell’incontro prende coscienza di sé, perciò nasce come personalità. Tutta l’avventura incomincia qui, non termina qui”.
Ora è proprio per questo che i testimoni possono sussistere ed avere un significato. Questi non sono solamente i narratori dell’incontro con una personalità eccezionale, ma anche e soprattutto coloro che, di fatto, proprio attraverso l’incontro con don Giussani hanno scoperto che la loro vita, la loro stessa esistenza, nella sincerità profonda del proprio interrogarsi poteva apparire importante, quando non addirittura decisiva. Don Giussani, di fatto, svelava a loro stessi una parte della loro anima, la più autentica, quella che, improvvisamente, rivelava la loro specificità agli occhi di Dio. Per molti, proprio per questo, quell’incontro è stata l’occasione per cambiare la loro vita.
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