L’antropologo Mario Polia ha recentemente pubblicato un nuovo saggio, intitolato “La donna romana” nel quale cerca di sfatare i numerosi falsi miti sul ruolo femminile nell’antica Roma, spesso visto come sommesso. In generale, infatti, l’antropologo ritiene che vi sia una diffusa sottovalutazione dell’importanza del ruolo femminile nelle società passate, le quali spesso gli riservavano compiti e ruoli più importanti di quelli maschili, anche se non prettamente politici.
Nell’antica Roma, spiega Polia in un’intervista rilasciata al quotidiano La Verità, la donna aveva principalmente due compiti rilevanti, quello di educatrice e quello, “che poi le è stato tolto”, di sacerdote. “La sposa del pontefice massimo o del flamine di Giove o degli altri flamini”, spiega l’autore del saggio, “non derivava il suo prestigio dall’essere sposata a un sacerdote di altissimo rango, bensì aveva una propria dignità sacerdotale” grazie alla quale svolgeva “alcuni rivi nell’ambito del sacro femminile”. Il ruolo più importante che una donna poteva assumere in ambito sacerdotale nell’antica Roma, spiega Polia, era quello di vergine vestale che rappresentava “nell’ambito statale quello che la Mater rappresentava nella famiglia: la madre custode del fuoco, del focolare domestico”.
Polia: “Sbagliamo a valutare la donna dell’antica Roma con i nostri standard”
La donna nell’antica Roma, ma anche nell’antica Grecia, riflette ancora Polia, “non è mai entrata attivamente della politica, ma era presente eccome. La potenza militare di Roma”, spiega, “non muoveva nulla se prima non venivano consultati i famosi Libri Sibillini, ruolo importantissimo” esercitato esclusivamente dalle donne, alle quali era attribuito prestigio anche in virtù della loro “veggenza. Coinvolgeva in qualche modo la sfera della sacralità e della sapienza“.
L’errore, nel valutare la donna dell’antica Roma, ritenendola inferiore all’uomo, spiega Polia, “sorge quando proiettiamo i nostri cliché che riteniamo perfettamente validi su un mondo diverso dal nostro”. Insomma, secondo l’antropologo, “spesso giudichiamo delle civiltà e delle antropologie assolutamente diverse dalla nostra secondo i nostri canoni, ma sbagliamo” perché così facendo finiamo per identificare come secondario un ruolo, quello della donna nel caso specifico dell’antica Roma, che in realtà è talvolta più importante di quello maschile, se non quantomeno complementare.