Di lei quel principe delle malelingue che era il Pasquino, aveva diffuso questo epitaffio: “Olim pia, nunc impia”. Una volta pia, ora empia. Giocava sul nome, Olimpia, per far capire chi fosse davvero questa che era ritenuta la donna più potente di Roma.
Donna Olimpia Maidalchini aveva sposato nel 1612 Pamphilio Pamphilj, membro di una delle più potenti famiglie romane e fratello di Giovan Battista, che nel 1644 sarebbe stato eletto Papa con il nome di Innocenzo X. Olimpia era qualcosa di più che la cognata del papa, era la sua plenipotenziaria e per alcuni detrattori anche la sua amante.
Nel 1650 Giovan Battista aveva posato per Diego Velázquez; ne era uscito uno dei più formidabili ritratti della storia (oggi è custodito ancora nel museo raccolto nel palazzo di famiglia, in via del Corso). Ovviamente Donna Olimpia, non poteva essere da meno, così il grande pittore sivigliano ritrasse anche lei, come attestato dai documenti.
Del quadro, però, si erano perse le tracce, forse finito lui stesso in disgrazia dopo che la “pimpaccia”, come era stata popolarmente ribattezzata, era stata cacciata da Roma su ordine del successore di Innocenzo, Alessandro VII della famiglia Chigi.
Ma Donna Olimpia era donna dura a morire e il suo ritratto, che si credeva ormai perduto, alla fine è rispuntato fuori: oggi viene messo all’asta a Londra da Sotheby’s e così a lei sarà possibile un’altra volta rivestire il ruolo di mattatrice. Per la verità, il prezzo non è stellare, trattandosi dell’opera certa di uno dei più grandi pittori di ogni tempo: la valutazione oscilla sui 3 milioni di sterline, vale a dire circa un trentesimo rispetto all’orsetto d’acciaio patinato di Jeff Koons venduto a maggio a 91 milioni di dollari. Ma questa è la logica davvero insulsa della finanziarizzazione dell’arte…
Donna Olimpia all’epoca del ritratto aveva circa 60 anni. Si mostra con lo sguardo altero che ancora sembra fulminare noi che la guardiamo e che magari ci permettiamo di sottolineare il doppio mento o le guance un po’ grassocce. Porta una veletta nera fermata sulla fronte da buona vedova fedele, ha l’occhio leggermente lucido, ma questo più che debolezza sua è un tocco magistrale di Velázquez, replicato non a caso anche nel ritratto capolavoro del cognato Papa.
Siamo di fronte a un’opera straordinaria, che sarebbe bene potesse tornare in Italia, magari come acquisto pubblico da destinare a un museo romano, come in tanti hanno auspicato. Donna Olimpia, infatti, è un pezzo di storia della Roma del 1600, la città in cui per più decenni aveva fatto il bello e soprattutto il cattivo tempo. Aveva avuto mano libera dal Papa e agiva con assoluta spregiudicatezza, addirittura controllando il business della prostituzione, fiorentissimo nella Roma meta di tantissimi stranieri.
In occasione del Giubileo del 1650 presenziò a fianco del Papa all’apertura della Porta Santa, al punto che alla fine veniva chiamata la “papessa”.
Le cose cambiarono nel 1655, quando Innocenzo X morì. Lei si illuse di controllare il conclave che ne era seguito. Ma la situazione le scappò di mano e venne eletto un suo nemico, Fabio Chigi. Fu costretta all’esilio, ma non per molto, perché nel 1657 la peste se la portò via.