«Non sarò ridotta al silenzio dai talebani. Il 9 ottobre 2012 i talebani mi hanno sparato alla parte sinistra della testa e hanno anche colpito i miei amici. Pensavano che i proiettili ci avrebbero zittiti, ma non ci sono riusciti e da quel silenzio sono uscite centinaia di voci. Pensavano di indebolirmi, ma questo non è successo. La paura è morta, la speranza e il coraggio sono nati».
Con queste parole ha esordito oggi Malala Yousafzai , la studentessa pakistana che neanche un anno fa è stata ferita quasi a morte dai talebani mentre si recava a scuola, nel Palazzo di Vetro dell’Onu, in un discorso fatto davanti a 500 coetanei proveniente da 85 paesi. Questi giovani uniranno le loro voci in un appello ai rispettivi leader politici affinchè mantengano la promessa di garantire un’istruzione primaria universale entro il 2015.
Poi Malala ha continuato: «Io non sono contro nessuno, né sono qui per avere rivincite contro talebani o altri gruppi terroristici, ma sono qui per il diritto all’istruzione e per tutti i bambini. Voglio educazione per i figli e le figlie dei talebani, degli estremisti, io non odio nemmeno quelli che mi hanno sparato. Oggi non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che combattono per i propri diritti».
Malala dopo le cure ricevute nel Regno Unito è tornata a scuola a marzo e proprio oggi compie 16 anni. Secondo uno studio di Save the Children e dell’Unesco 57 milioni di bambini non hanno accesso a un’istruzione e la metà di loro vivono nei paesi in guerra. Rispetto al 2012, Save the Children ha individuato 3600 attacchi documentati all’educazione, tra cui torture, intimidazioni contro bambini e insegnanti, bombe contro le scuole e reclutamento di bambini in età scolastica da parte di gruppi armati
Il documento “Children Battling To Go To School” (Bambini che si battono per andare a scuola) spiega che il 95% dei 28,5 milioni di bambini che non stanno ottenendo l’educazione primaria vivono in Paesi poveri e sul totale, il 55% sono bambine, spesso, oltretutto, vittime di violenze sessuali.
«In molti Paesi poveri del mondo – ha commentato la direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova – i conflitti armati continuano a distruggere non solo le infrastrutture, ma anche le speranze e le ambizioni di un’intera generazione di bambini».