Zara Kay, 26 anni, australiana originaria della Tanzania, è la fondatrice di una associazione per la protezione delle donne che lasciano la loro fede di nascita, quella musulmana. Arrivata in Australia sette anni fa per studiare tecnologia e ingegneria, la giovane ha poco dopo abbandonato la sua fede, l’Islam, diventando atea. Ragione della scelta la disillusione per i regolamenti oppressivi specie per le donne, in particolare la Sharia, che è la legge che regola tutta la religione islamica. Lasciare la fede della propria famiglia è considerata apostasia ed è punibile con la condanna a morte in tredici paesi. Proprio in questi giorni una ragazza saudita era fuggita in Tailandia per ottenere protezione dopo essersi dichiarata non più musulmana, perché aveva paura che i genitori la uccidessero per aver lasciato l’islam. La ragazza è riuscita ad ottenere asilo politico in Canada. Ma anche se vivono in paesi occidentali come usi e costumi, come Zara Kay, le donne che lasciano l’islam continuano a vivere con minacce di morte o di violenze, come è il suo caso. Zara si era già ribellata quando, a 18 anni, studiava all’università di Kuala Lumpur mi Malesia, togliendosi l’hijab, il velo obbligatorio perle donne musulmane, perché aveva detto che non la rappresentava più.
“LA HIJAB È UN SIMBOLO OPPRESSIONE”
Il gesto provocò reazioni, insulti e minacce: “Mi dissero che se fossi stata stuprata, sarebbe stata colpa mia perché mi ero tolta il velo”. La Sharia, ha detto la donna in una intervista con l’edizione australiana del quotidiano Daily Mail, “dice chiaramente che gli uomini possono picchiare le donne, e che una donna che si rifiuta di fare sesso con il marito compie peccato”. Aggiunge che “la hijab è un simbolo oppressione” e che non può essere d’accordo con gran parte degli ordinamenti islamici, come la punizione fisica dei gay, l’ineguaglianza fra i generi e il velo obbligatorio. Proprio in Australia il portavoce di un gruppo islamico venne filmato due annida mentre diceva che gli ex musulmani meritano di essere uccisi. Zara spiega che il termine islamofobia che viene usato per accusare i non musulmani di odiare gli islamici, è usato per mettere a tacere chi ha rinunciato alla religione: “Si permette all’islam di avere troppo controllo su quello che possiamo o non possiamo dire, i politici non osano criticare questo atteggiamento per paura di offendere i sentimenti religiosi e scatenare rivolte”.