Un ddl sul contrasto alla violenza sulle donne e i dati sulla demografia da poco diffusi meritano una riflessione
Settembre è sempre un mese particolarmente interessante perché dopo la pausa estiva a proposito di politiche sociali e in prossimità della Legge di bilancio ci ritroviamo delle novità, delle conferme, dei dubbi che è bene esplicitare.
Tra le novità/dubbi c’è un disegno di legge presentato con l’obiettivo di contrastare e prevenire la violenza contro le donne, in cui si parla di psicologo/psichiatra forense e misure cautelari, imponendo un accertamento sanitario temporaneo, da parte di un magistrato e/o dalla polizia giudiziaria, qualora «emergano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa […] con obbligo di seguire percorsi psicoterapici».
Inoltre, la polizia giudiziaria per assumere informazioni dalla persona offesa denunciante, può avvalersi «dell’ausilio di un esperto di psichiatria ovvero psicologia forense», il che implica un aiuto psicologico/psichiatrico anche per la persona che denuncia un reato, o forse addirittura l’esigenza di indagarne psicologicamente la veridicità delle affermazioni.
C’è da augurarsi che la commissione Giustizia del Senato valuti bene la proposta chiaramente alternativa alla strada di un approccio alla violenza maschile che non badi solo alle norme e alle procedure, ma anche e soprattutto a quel che si può fare a livello formativo e sociale, anche per proporre ai giovani una cultura realmente egalitaria e valoriale.
Una notizia di conferma ci viene dall’Istat, che denuncia un ulteriore aggravarsi dell’inverno demografico che precipita, ponendoci di fronte all’urgenza di un freno riformatore alla penalizzazione delle madri italiane che nel 33% dei casi abbandonano il lavoro quando nascono i figli per la mancanza di servizi, di congedi parentali adeguati, di strutture per le persone non autosufficienti, di sostegno a favore della famiglia e così anche l’occupazione femminile rimane al palo e abbiamo ben un 12% del Pil in meno e di forza lavoro inchiodata.
Il coraggio di mettere mano alla riforma fiscale per la famiglia è un obbligo, il coraggio di servizi sociali strutturali abolendo i bonus anche, come pure il coraggio di darci i numeri reali sull’enfatizzata certificazione di genere per capire se ha prodotto o meno più occupazione avendo le imprese beneficiato loro sì delle risorse degli sgravi, così come gli enti certificatori e quelli di formazione.
La carta “dedicata a te”, destinata ad alcune famiglie, è un aiuto a tempo, si attesta ancora sull’Isee ed è un bonus, non è strutturale e sappiamo bene che abbiamo da realizzare una riforma del welfare che comporta la revisione della politica fiscale prima di tutto.
Bisogna sostenere lo sforzo del Pnrr anche con politiche che mettano insieme soggetti privati e pubblici, che facciano dei patti e che si diano degli obiettivi per aiutare i produttori di reddito e valorizzare il lavoro di cui abbiamo bisogno e avere coraggio perché riposizionare la spesa pubblica significa tagliare degli sprechi e dare ossigeno a chi ne ha bisogno.
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