DOSTOEVSKIJ/ Il nostro io al bivio tra il dono di una bambina e il Nulla
La sera inaugurale, al meeting va in scena “Il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij. Per riflettere sui rimedi da opporre al nulla.

Quest’anno il Meeting di Rimini inaugura la sua 41esima edizione con lo spettacolo teatrale Il sogno di un uomo ridicolo di Fëdor Dostoevskij. Scelta felice, non solo perché con Dostoevskij non si sbaglia mai, ma perché questo racconto si cala perfettamente nella realtà di oggi, senza scomodare il Covid.
Dostoevskij scrive questo racconto nel 1877, dopo i su.oi più importanti romanzi, due anni dopo inizia I fratelli Karamazov, il suo ultimo capolavoro. Lo spettacolo verrà introdotto da Tat’jana Kasatkina (direttrice del Centro di ricerca “Dostoevskij e la Cultura mondiale” presso l’Istituto di letteratura mondiale dell’Accademia delle Scienze russa) autrice con Elena Mazzola di una nuova edizione de Il sogno di un uomo ridicolo e altri racconti dal Diario di uno scrittore (Morcelliana). Ne consiglio vivamente la lettura sia per prepararsi all’evento teatrale che per la traduzione e l’interpretazione da loro date.
L’uomo ridicolo è un personaggio senza nome, che dopo aver constatato che la sua vita non ha alcun senso decide di vivere nella totale indifferenza verso tutto col proposito di ricorrere al suicidio come ultimo rimedio per fuggire definitivamente dal nulla. Trova il momento opportuno, per compiere l’ardito gesto, una notte di novembre, dopo aver fissato in uno squarcio di cielo limpido una stella lucente. Mentre torna a casa, dove ha riposto una rivoltella, incontra una bambina che piange per sua madre che sta per morire senza che nessuno corra in suo soccorso. Ma lui vuole essere indifferente anche a questo dolore e così la scaccia con brutalità. Giunto nella sua camera riflette su quanto gli è accaduto e si accorge che la sua indifferenza, per aver provato compassione e pietà per quella povera bimba, non è totale. Questo pensiero lo distoglie dal proposito del suicidio e tutto si trasforma in un lungo sogno. Nel sogno compie il suicidio sparandosi al cuore, centro della sua affettività ferita. Viene trasportato nell’immensità dell’universo, in un mondo senza invidia e alcuna malizia, dove tutta la comunità umana è un’unica grande famiglia. Ma la sua presenza corrompe quella condizione paradisiaca portando il male della perversione: “Li ho pervertiti tutti” affermerà.
Come in altri suoi scritti dove Dostoevskij fa accadere un avvenimento di bene capace di generare uno sguardo positivo sulla realtà, anche in questo racconto l’incontro con una bambina sofferente riporta il protagonista alla verità di se stesso e ci insegna che un mondo diverso è possibile solo se cambiamo noi stessi. Avere la pretesa di cambiare il mondo è sempre un’utopia, e l’utopia porta alla violenza. Cambiare se stessi invece è l’unico modo per iniziare a cambiare ciò che ci circonda.
Cambiando noi stessi diamo al desiderio di ogni uomo la possibilità di incontrare una prospettiva diversa. Desiderio altrimenti destinato al nichilismo, che oggi ha assunto il volto che Julián Carrón, nel suo ultimo libro Il brillio degli occhi, descrive come “una astenia, una assenza di tensione, di energia, una perdita del gusto di vivere, intimamente legata all’assenza di qualcosa che veramente ci prende”.
Concludo riportando le ultime righe del racconto che esemplificano il messaggio che Dostoevskij ci ha voluto consegnare. “Ma è questo che i miei derisori non capiscono: ‘L’ha visto in sogno’, dicono, ‘nel delirio, un’allucinazione’. Bah! Ma che sapienza è mai questa? E loro se ne inorgogliscono tanto! Un sogno? Cos’è un sogno? E la nostra vita, poi, non è un sogno? Dirò di più: sia, sia pure che non si realizzi mai e che non ci sia un paradiso (perché questo ormai lo capisco!), beh, e io predicherò comunque! E al contempo è così semplice: in un sol giorno, in un’ora sola, si sistemerebbe tutto! L’essenziale è – ama gli altri come te stesso, ecco l’essenziale, ed è tutto, non occorre assolutamente nient’altro: lo scopriresti all’istante come si sistema. E intanto, poi, si tratta soltanto di una Verità antica che abbiamo ripetuto e letto un miliardo di volte, ma non ha ancora attecchito alla vita! ‘La coscienza della vita è superiore alla vita; conoscere le leggi della felicità è superiore alla felicità’ – ecco ciò che occorre combattere! E lo farò. Se solo tutti iniziassero a volerlo, si sistemerebbe tutto all’istante. E la piccola, quella bambina, sono riuscito a trovarla… E andrò! E andrò!”.
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