Nel suo discorso di ieri a Bruxelles, Mario Draghi ha affrontato temi importanti sul presente e il futuro energetico dell'Ue
>Da ieri si può essere più ottimisti sul futuro del motore endotermico in Europa. Dopo le dichiarazioni di lunedì del Presidente del Ppe, Mandred Weber, in cui si prometteva agli europei lo stop alla fine del motore termico, ieri è stato Mario Draghi a invocare un approccio tecnologicamente neutrale per il settore automotive europeo. Il suggerimento è contenuto nel discorso d’apertura con cui l’ex Presidente della Bce ha dato il via a una conferenza a Bruxelles in cui si è fatto il punto sul “rapporto Draghi” di settembre 2024.
I progressi del settore auto europeo per produrre auto elettriche domestiche non sono compatibili con la fine del motore termico prevista nel 2035; l’Europa è troppo indietro e quindi l’unica soluzione è virare verso soluzioni tecnologicamente neutrali.
È una notizia positiva per tante ragioni che segna una rottura rispetto al passato. La burocrazia europea ha sempre annunciato obiettivi a prescindere da buon senso e realismo in uno schema in cui si imponeva di bruciare i ponti per costringere il settore sui binari prefissati. È quindi importante che Draghi parta dall’evidenza di un settore dominato dalla Cina da cui l’Europa dipende per “i materiali critici”.
Il problema energetico europeo è più ampio del motore termico ed è al centro del discorso dell’ex Primo ministro italiano. I prezzi del gas in Europa, nota Draghi, sono quattro volte più alti di quelli americani e due volte più alti di quelli antecedenti la guerra in Ucraina; i prezzi dell’elettricità sono più del doppio. Il gas liquefatto americano arriva in Europa con costi del 60-90% più alti di quelli di partenza. In questo scenario, che minaccia la sopravvivenza dell’industria europea, le soluzioni proposte mancano però il bersaglio.
Draghi punta sull’elettricità prodotta da rinnovabili e dal nucleare i cui prezzi di vendita dovrebbero essere slegati da quelli del gas; l’attuale meccanismo, infatti, garantisce rendite di settore. Si propone poi un maggiore coordinamento negli acquisti di gas americano, e una maggiore integrazione delle reti elettriche e del mercato europeo del gas. Se la fine del motore termico è da scongiurare si continua comunque a puntare sulle auto elettriche.
Il problema di fondo è però il dominio cinese sui materiali critici e sulle catene di fornitura “green” che potrebbe essere amplificato se l’Europa venisse coinvolta, volente o nolente, dagli Stati Uniti nella loro guerra commerciale contro la Cina. Se il gas americano costa troppo, se la Cina ha un dominio sulle tecnologie della “transizione”, se lo spazio fiscale europeo è limitato, e la transizione costa molto, allora l’Europa dovrebbe avere il coraggio di mettere in discussione molti degli assunti della sua politica energetica e declinarne una nuova con obiettivi realistici di breve, medio e lungo periodo.
Se il gas ci accompagnerà ancora per molto e rientra dalla finestra nelle fonti “ammesse” dall’Europa, allora bisogna trovarne di vicino, sicuro ed economico. Non ha nemmeno più senso imporre l’acquisto di diritti sulla CO2 che incidono sul prezzo finale dell’energia elettrica, sicuramente in Italia, per il 25%. Lo sviluppo delle rinnovabili, che possono avere un ruolo, implica che l’approccio commerciale con la Cina non sia conflittuale. Se l’Europa, infine, coltiva il sogno dell’indipendenza energetica, allora bisogna passare dal nucleare investendo ora, ma sapendo che nulla cambierà per le bollette delle famiglie e delle imprese europee prima della metà del prossimo decennio.
Ciò che si legge e si sente intorno allatransizione energetica e alla politica europea è molto diverso da quello che si scriveva anche solo due anni fa. Oggi in Europa arriva un’onda lunga partita dagli Stati Uniti molto prima dell’elezione di Trump quando i principali protagonisti della finanza americana dichiaravano la fine del dogmatismo energetico e l’inizio di un approccio pragmatico. L’Europa realizza solo oggi quanto fossero fragili e irrealizzabili i suoi dogmi, ma non riesce ancora a scrollarseli di dosso. Bisognerebbe ammettere di aver sbagliato, di aver perso tempo e speso tanto e male, ma non è facile.
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