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Home » Economia e Finanza » ISTAT/ Famiglie più povere al Sud. L’esperto: penalizzati i più giovani, meglio gli anziani

  • Economia e Finanza

ISTAT/ Famiglie più povere al Sud. L’esperto: penalizzati i più giovani, meglio gli anziani

Int. Giancarlo Rovati
Pubblicato 22 Maggio 2012
Spesa_Supermercato_CarrelloR400

Foto: InfoPhoto

Insieme al professor GIANCARLO ROVATI commentiamo i dati che l’Istat evidenzia nel consueto Rapporto annuale sulla situazione del Paese, presentato nella Sala della Lupa a Montecitorio

“Negli ultimi due decenni la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più sostenuti del loro reddito disponibile, determinando una progressiva riduzione della capacità di risparmio”. Il quadro che l’Istat delinea nel consueto Rapporto annuale sulla situazione del Paese, presentato nella Sala della Lupa a palazzo Montecitorio, conferma un trend che perdura ormai da qualche anno. Complessivamente, dal 2008 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 2,1% in valori correnti, ma il potere d’acquisto è sceso di circa il 5%. Dal 1992 al 2011, comunica l’Istituto di statistica, “il carico fiscale corrente sulle famiglie è passato dal 13,2% degli anni 1992-1996, al 14,1% del periodo 2001-2007, per raggiungere il 15,1% nel 2011”. In presenza di una continua riduzione della propensione al risparmio, “negli ultimi 15 anni la povertà relativa ha registrato una sostanziale stabilità. La percentuale di famiglie che si trovano al di sotto della soglia minima di spesa per consumi si è mantenuta intorno al 10-11%”.


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In tema di povertà resta però ampio il divario territoriale: “Al Nord l’incidenza della povertà è al 4,9%, sale al 23% al Sud”, spiega l’Istat nel suo Rapporto. “E’ peggiorata la condizione delle famiglie più numerose: nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9% di quelle con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). Nelle famiglie con almeno un minore l’incidenza della povertà è del 15,9%. Complessivamente sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2% del totale); quasi il 70% risiede nel Mezzogiorno».


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Il confronto effettuato dall’Istat tra la situazione dei primi anni Novanta e quella attuale mette in evidenza «numerosi dati interessanti su come eravamo prima e come siamo oggi – commenta a IlSussidiario.net Giancarlo Rovati, Professore di Sociologia generale dell’Università Cattolica di Milano –. Il dato riguardante la povertà relativa è rimasto su livelli sostanzialmente identici, attestato intorno all’11% a livello nazionale, mentre viene ribadita la forte disparità esistente nel nostro Paese tra il Nord e il Sud, con un aggravamento della situazione di alcune regioni del Meridione come Basilicata, Calabria e Sicilia. Vengono inoltre confermati i dati riguardanti la relazione diretta tra il numero dei componenti delle famiglie e la povertà».


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Proprio riguardo a questo dato è necessario segnalare la proposta, chiamata “salva povertà”, avanzata dal Codacons che chiede al governo di salvaguardare la capacità di spesa degli italiani e le retribuzioni reali: «Questa proposta – commenta Rovati – sembra rivolgersi in particolare alle famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa, vale a dire famiglie di due componenti con un reddito complessivo più basso di mille euro. Una proposta del genere lascerebbe supporre una manovra redistributiva a favore delle famiglie con redditi più bassi, eppure il Codacons allarga ulteriormente la propria analisi». L’Associazione dei consumatori stima infatti che il 40% delle famiglie italiane si trovi in condizione di difficoltà, usando come indicatore la fatica ad arrivare a fine mese. Un dato che quindi «coinvolge molte più famiglie, anche quelle in cui semplicemente i redditi reali non sono aumentati in proporzione all’aumento del costo della vita. L’Istat segnala infatti che il potere d’acquisto reale è diminuito del 5% dal 2008 a oggi e, in queste condizioni, possiamo dire che mediamente tutte le famiglie si sono impoverite». 

Di fronte a un Rapporto che conferma tutta una serie di tendenze già ormai note, se proprio si volesse metter mano a una qualche misura ridistributiva, «bisognerebbe seriamente considerare i dati riguardanti la povertà delle famiglie e altrettanto seriamente mettere in campo un’iniziativa che introduca il fattore famiglia come parametro per la tassazione o per l’attribuzione di risorse a chi ne ha bisogno. E’ però chiaro che tutto questo non è all’ordine del giorno né del governo, né delle forze politiche che lo sostengono, quindi ancora una volta ci troviamo di fronte a una potenziale occasione di iniziativa politica che finirà con ogni probabilità col chiudersi in qualche schermaglia nell’arco di una giornata sui vari media».

Il professor Rovati commenta inoltre «indicazioni interessanti e positive» che emergono dal rapporto Istat, a cominciare dalla speranza di vita di uomini e donne che nel periodo 2007-2010 continua ad aumentare: «E’ certamente un segnale di benessere inteso non dal punto di vista monetario, ma da quello delle condizioni di salute, di alimentazione e di cura. Un dato del genere merita di essere considerato perché controbilancia una visione puramente negativa della congiuntura attuale. A ciò – spiega Rovati – si può aggiungere che gli unici segnali di riduzione della povertà si registrano tra la popolazione anziana, a dimostrazione del fatto che una serie di politiche a sostegno del reddito dei più anziani avviata negli anni scorsi è riuscita ad avere un effetto anticiclico. Resta però il fatto che bisognerebbe adottare la stessa logica anche nei confronti delle famiglie più giovani con figli minori a carico». Il professor Rovati conclude spiegando che il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Milano «dovrebbe essere per il nostro Paese un grande sprone a fare qualcosa di non puramente verbale e retorico, quali sono le tante dichiarazioni fatte su questi argomenti. Aspettiamo quindi fiduciosi che il governo in carica prenda qualche iniziativa concreta».

 

(Claudio Perlini)


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