In Europa cresce la volontà di cambiare la politica economica e Mario Monti sembra voler dire addio all’austerità per cercare la chiave della crescita. Il commento di GIANNI CREDIT
Mario Monti si gioca senza problemi quarant’anni di innocenza liberista, cavalcando sveltamente lo “spread” politico apertosi domenica sera fra Parigi e Berlino. È così che il premier si fa mosca cocchiera del “nuovo che avanza in Europa” sulla carrozza del neo-presidente francese Hollande e intima al cancelliere tedesco Merkel: basta con l’austerity, apriamo i rubinetti degli investimenti pubblici, via libera agli “stimoli” all’americana (in stile Trilateral).
Per la verità è quanto ha cominciato a bofonchiare – altrettanto sveltamente – anche “l’altro Mario”, il presidente della Bce Draghi: bene il “fiscal compact” e Basilea 3, ma ora ci vuole un “growth compact”. Un “piano decennale” (un “piano”: sic!) ha titolato compiaciuto il Financial Times. Tutto bene, o quasi: una svolta in politica economica è quello che chiedono ad alta voce un po’ tutti in Europa. In Italia lo invocano i partiti (tutti: non solo il triplice schieramento “ABC” che sostiene dall’esterno il governo tecnico), ma anche i sindacati: a cominciare dalla Cgil di Susanna Camusso.
Tutti arrabbiati oltre misura con l’austerità – simboleggiata dall’introduzione del vincolo costituzionale del “pareggio di bilancio” – che dallo scorso autunno viene imposto al Paese proprio stesso governo tecnico “bocconiano” di Monti. Ma non è facile far dimenticare che l’“avviso di garanzia” da parte di quella sorta di “magistratura dell’euro” capeggiata dalla Merkel e dall’ormai ex presidente francese Sarkozy arrivò con una letterina co-firmata dallo stesso Draghi: l’ultima prova di affidabilità “germanocentrica” prima di insediarsi a Francoforte. “Lo vuole l’Europa, lo vogliono i mercati”: otto mesi dopo l’Europa di Hollande – ma anche i mercati, ora spaventati dal rigore “depressivo” di Berlino – sembrano dire l’esatto contrario (o non sarà che il sano gioco speculativo nell’estate 2011 suggeriva di attaccare l’Italia sulla “non austerità”, mentre oggi spinge a premere sull’austerità tedesca?).
Sta di fatto che Draghi “ma anche” Monti – comunque “tipi italiani” – si adeguano. Però se la lunga campagna elettorale 2013 vedrà Monti ricucire in fretta i panni “anni ‘50” di Amintore Fanfani, superman di autostrade ed edilizia sociale; se il suo novello Sancho Panza – Francesco Giavazzi, direttamente dal Mit di Boston – si ritroverà ad armeggiare attorno alla “nuova Iri” (la Cassa depositi e prestiti) almeno ridateci gli originali: che non menavano per le aie dell’Italia neo-industriale liberalizzazioni e privatizzazioni da cani.
P.S.: La Spagna – che ha conti peggiori di quelli italiani in economia, finanza pubblica e stabilità bancaria – sta risolvendo i suoi problemi senza lunghe angosce da spread. Come? Ha deciso di consegnare (bisognerà vedere a quali prezzi finanziari e politici) le enormi sofferenze creditizie nell’immobiliare nelle mani di Blackrock: l’equivalente della Goldman Sachs nell’asset management e nella gestione di veicoli finanziari. In teoria avrebbe potuto farlo anche l’Italia, che ha ingenti attivi immobiliari pubblici e para-pubblici: e non occorreva un governo tecnico; oppure, a maggior ragione, avrebbe potuto farlo un premier ex consulente della Goldman come Monti. In secondo luogo Madrid – è notizia delle ultime ore – si accinge a chiedere alla Ue una moratoria sull’aggiustamento dei conti pubblici: ma lo sta facendo un governo politico partorito da libere elezioni, non un consesso di professori auto-nominatisi tecnocrati.
