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Home » Lavoro » Sindacati » FINANZA E POLITICA/ 2. Forte: la guerra con Cgil e Squinzi, l’ultimo trucco di Renzi

  • Sindacati
  • Economia e Finanza

FINANZA E POLITICA/ 2. Forte: la guerra con Cgil e Squinzi, l’ultimo trucco di Renzi

Per FRANCESCO FORTE, il premier dice no alla concertazione non per una differenza di vedute, ma perché vuole prendersi tutti i meriti delle misure populistiche senza dividerli con la Cgil

Int. Francesco Forte
Pubblicato 24 Marzo 2014
squinzi_camussoR439

Giorgio Squinzi (S) e Susanna Camusso (Infophoto)

“La polemica tra Renzi da un lato e Squinzi e la Camusso dall’altra non nasconde una reale differenza di vedute, perché il premier sta facendo esattamente ciò che vorrebbero Confindustria e sindacati. Il premier dice no alla concertazione perché vuole prendersi tutti i meriti delle sue misure populistiche senza dividerli con la Cgil”. E’ la denuncia di Francesco Forte, che commenta l’intervista del premier al Messaggero, in cui ha affermato: “Culturalmente mi colpisce questa strana assonanza tra il capo dei sindacati e il capo degli industriali che insieme, davanti alla scommessa politica di togliere per la prima volta alla politica e restituire ai cittadini e alle imprese, si oppongono”.


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Che cosa ne pensa della polemica tra Renzi da un lato e Squinzi e la Camusso dall’altra?

Riesce difficile capire su che cosa ruoti realmente questo scontro. Il progetto di riforma del mercato del lavoro di Renzi dà infatti il massimo di potere a Confindustria e a sindacati maggioritari, in primo luogo la Cgil. Il contratto unico nazionale di lavoro che Renzi vuole introdurre è una normativa che concederà a Squinzi e alla Camusso il potere di decidere il contratto nazionale e di governare in modo esclusivo il mercato del lavoro.


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Quindi ritiene che la polemica sia solo un “gioco delle parti”?

Niente affatto, il conflitto è reale ma il vero motivo da cui nasce è un altro. Renzi litiga con Squinzi e la Camusso non tanto perché le loro rispettive linee siano diverse, ma per la conquista dell’egemonia. Il presidente del consiglio ha detto di essere contrario alla concertazione, e di non voler parlare con i sindacati. Eppure è un vero e proprio paradosso che quanto sta attuando Renzi sia esattamente ciò che vogliono fare i sindacati.

Perché dice che Renzi sta facendo proprio ciò che vogliono i sindacati?

Aumentando il loro stipendio di 80 euro al mese, Renzi offre ai lavoratori quello stesso contentino populista che vorrebbe dare loro la Cgil. La politica è la stessa, ma Renzi rifiuta la concertazione perché vuole prendersi tutti i “meriti” anziché dividerli con i sindacati.


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Che cosa ne pensa invece delle affermazioni di Renzi sul limite del 3% nel rapporto deficit/Pil?

All’Italia e agli altri Paesi Ue non si chiede solo di rispettare il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil, ma di ridurre gradualmente il deficit fino ad arrivare al pareggio di bilancio. Lo prevede il Fiscal Compact che dovrà essere applicato a partire da quest’anno. L’Italia adesso è al 2,6% e dovrebbe scendere ogni anno di circa lo 0,4% fino ad arrivare al pareggio. E’ questa la regola di cui Renzi dovrebbe discutere.

 

Il Fiscal Compact potrà essere derogato?


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Non si tratta di stabilire se questa regola possa o meno essere derogata, anche perché Renzi ha affermato che rispetterà gli accordi comunitari. Questi ultimi si basano sui principi dell’economia neoclassica secondo cui le politiche economiche si fanno in regime di tendenziale pareggio di bilancio. Non capisco quindi perché Renzi continui a essere fermo all’idea keynesiana secondo cui la crescita è resa possibile dal deficit di bilancio. Secondo l’impostazione europea la riduzione della spesa è infatti un passo ineludibile.

 

Ritiene che la soluzione possa consistere in una politica monetaria diversa?


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Sì, anche se Renzi dimostra di non volersene occupare. Il surplus europeo nella bilancia dei pagamenti è superiore al 2%, e dipende in larga parte dalla Germania. Eppure gli organismi europei non attuano una politica espansiva del credito attraverso le cosiddette misure non convenzionali introdotte per esempio dagli Stati Uniti per ottenere la crescita. In cambio del fatto di rimettere i conti in ordine, Renzi dovrebbe chiedere all’Europa queste misure non convenzionali, che sono osteggiate dalla Germania. Il tasso di cambio dell’euro è artificialmente elevato e la politica monetaria non è espansiva. La crescita nel 2013 è stata negativa. Occorre quindi una politica economica di tipo ortodosso o non keynesiano, che faciliti crescita e pareggio di bilancio attraverso una politica monetaria espansiva.


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In che modo è possibile ridurre il debito?

Il rientro dal debito non dovrebbe essere basato su shock, bensì avvenire in modo graduale, facendo sì che ci sia un’aspettativa che consenta in modo ordinato agli operatori economici di prendere le loro decisioni senza la creazione di bolle.

 

Nel complesso come valuta la ricetta di Renzi per quanto riguarda l’economia?

Non mi pare che Renzi abbia le idee chiare su questi argomenti, anzi non capisce l’economia e ignora i suoi aspetti fondamentali. A mancare del tutto è una linea di politica economica, industriale e di sviluppo. Per fare un esempio, quando si discute di F35, Ferrovie e opere pubbliche, c’è una componente di politica industriale che riguarda il progresso tecnologico. Le stesse privatizzazioni sono un tema di politica industriale che possono dare vita a un maggiore sviluppo tecnologico. Renzi però non dimostra alcun interesse a questo tema, e considera gli F35 come una semplice spesa da tagliare per dare qualche euro in più ai bassi redditi, ma nessuno si occupa dello stabilimento di Cameri che in questo modo sarebbe messo a rischio.

(Pietro Vernizzi)

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