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Home » Economia e Finanza » FINANZA/ E ora la Germania manda un “SOS” a Draghi

  • Economia e Finanza

FINANZA/ E ora la Germania manda un “SOS” a Draghi

Int. Oscar Giannino
Pubblicato 26 Marzo 2014
weidmann

Jens Weidmann (Infophoto)

Per OSCAR GIANNINO, le parole di Weidmann rappresentano un segnale molto forte, e non è un caso che venga nei due giorni in cui l’indice di fiducia della Germania scende dopo nove mesi

Il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, apre alle misure non ortodosse per contrastare la deflazione nell’Eurozona, rispetto alle quali in passato si era sempre detto contrario. Nel corso di un’intervista il numero uno della banca centrale tedesca ha affermato che “per contrastare le conseguenze di un forte apprezzamento dell’euro sull’inflazione, i tassi di interesse negativi sembrano essere una misura più appropriata di altre”. Weidmann ha aggiunto che forme di quantitative easing “non sono fuori discussione” e che “occorre rafforzare la politica monetaria se emergono rischi per la stabilità dei prezzi”. Per Oscar Giannino, quella della Bundesbank è una svolta decisiva, ma per raggiungere gli effetti sperati non bisogna intervenire con i tassi d’interesse negativi, bensì con misure più mirate.


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Giannino, che cosa c’è dietro l’apertura di Weidmann al quantitative easing?

Di sicuro le parole di Weidmann rappresentano un segnale molto forte, e non è un caso che venga nei due giorni in cui l’indice di fiducia della Germania scende dopo nove mesi. La Bundesbank ha espresso un giudizio positivo sulla crescita attesa nel primo quadrimestre, ma prevedendo una frenata nel secondo. Dopo che nel 2013 la crescita tedesca è stata abbastanza deludente, gli indicatori tedeschi iniziano a incorporare gli effetti della possibile accentuazione della deflazione. Questo è il quadro di fondo di una novità che invito a non sottovalutare.


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Quali sono i limiti posti da Berlino a un ipotetico programma di misure espansive?

Le parole di Weidmann ipotizzano la possibilità di operazioni di Quantitative easing, aprendo agli interventi non ortodossi, e ponendo come unico limite che non avvenga una monetizzazione del debito pubblico. Il governatore della banca centrale della Finlandia, Erkki Liikanen, ha esplicitamente parlato di tasso di deposito negativo da parte delle banche in Bce. Le parole ripetute ieri per la seconda volta da Draghi, che ha parlato di salvataggio dell’euro “costi quel che costi”, vanno però lette attentamente.


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Che cosa può fare concretamente Draghi in questo momento?

Oltre al tasso d’interesse negativo che andava praticato già da tempo, la Bce può intervenire con un quantitative Easing di segno molto diverso da quello praticato dalla Fed, e che rispetterebbe i vincoli posti da Weidmann. Per perseguire una maggiore efficienza dei canali di trasmissione della politica monetaria dei paesi eurodeboli, si possono ipotizzare acquisti di debiti bancari alle piccole e medie imprese.

Dove andrebbe concentrato questo tipo di intervento?

Questo intervento deve riguardare i paesi il cui tasso d’interesse resta lontano da quello ufficiale. Nei Paesi nei quali il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è ancora inefficiente, questa soluzione potrebbe provocare un effetto positivo rispetto al tasso d’interesse negativo sui depositi bancari. Si interverrebbe infatti direttamente in uno dei settori nei quali si concentra l’inefficienza.

Quali sono le differenze tra i tassi negativi e l’acquisto dei crediti bancari alle Pmi?

Il tasso d’interesse negativo è un incentivo a rimettere in circolo il denaro per i sistemi bancari nazionali, nei quali tra l’altro il ri-deposito è diminuito nei trimestri. La possibilità di rilevare i crediti delle imprese nei confronti delle banche, in linea con i trattati, con lo Statuto della Bce e anche con il giusto richiamo tedesco, avrebbe effetti positivi molto più rapidi. Seguendo questa via si consentirebbe il ritorno all’efficienza della trasmissione dei segnali di politica monetaria ai mercati. Per Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, ciò sarebbe una via molto può efficace per realizzare un intervento non ortodosso.

 

Quale percorso ritiene che vada seguito all’interno della Bce?

La Bce non potrà seguire questa strada se non dopo un esame molto serio, all’interno del board e del consiglio, perché significherebbe una svolta decisiva. Ciò sarebbe molto più rilevante, dal punto di vista dell’impatto, di quanto non sia quella rappresentata dai tassi d’interesse negativi sui quali finora board e consiglio hanno convenuto.

 

Alla fine la Bundesbank dirà di sì?

Interpreto le parole di Weidmann come un sì ai tassi d’interesse negativi, tenuto conto anche della situazione della Germania. Non sono sicuro che sia anche un sì agli acquisti di debiti bancari alle Pmi, anche se quest’ultima sarebbe un’arma non ortodossa finalizzata al problema specifico che ha l’Eurozona e che, nel caso italiano, continuerà a esserci in modo molto rilevante per i trimestri a venire.

 

(Pietro Vernizzi)


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