FINANZA/ Forte: Grecia e Ucraina, ecco cosa rischia l’Italia
Per FRANCESCO FORTE, poiché è sotto gli occhi di tutti come è finita male la Grecia, nessuno potrà dire di non sapere quali saranno le conseguenze degli errori che sta facendo Renzi

«La crisi greca insegna molto all’Italia, in quanto ci fa capire che la gestione di Renzi è sconsiderata e ci porterà nello stesso baratro di Atene. Ma mette in luce anche le carenze Ue per quanto riguarda l’unione monetaria e la capacità di gestire le crisi, se non con punizioni e allettamenti, anziché attraverso azioni dirette». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, nel giorno dell’Eurogruppo convocato proprio per discutere la crisi tra Ue e la Grecia di Tsipras. Secondo Forte, «di fronte a questa frammentazione di Ue ed Eurozona, occorre che ci sia almeno un’unità d’intenti europea nei confronti della crisi ucraina con il compito di bilanciare gli eccessi americani e fare rinascere una “Pax Christiana” tra Russia e Occidente».
Professore, quali saranno le conseguenze per l’Italia della crisi greca?
Il problema della crisi greca è che sta facendo venire alla luce tutti gli errori di Renzi e Padoan. Quanto sta avvenendo ad Atene provocherà un’attenzione particolare sul livello del debito pubblico e del deficit e sulle politiche “populiste”. Il governo italiano pretende di ottenere degli sconti sul livello del deficit che in condizioni di bassa crescita genera aumento del debito pubblico. Attraverso la crisi greca abbiamo i riflettori puntati anche sulle politiche “para-keynesiane” del governo italiano.
In che senso parla di politiche “para-keynesiane”?
Perché i soldi pubblici non sono usati per fare investimenti, bensì per generare spesa corrente. In un certo senso, quindi, quanto sta accadendo ad Atene “salva” l’Italia da un errore grave nel quale abbiamo già vissuto per almeno un anno, per un tentativo di prendere tempo o per un errore ideologico da parte del governo. Ora sarà impossibile continuare a tenere gli occhi chiusi nei confronti di questo problema. Restano però altri gravi errori per quanto riguarda la politica economica.
Quali?
Non si capisce perché il governo non crei un’impresa pubblica al posto dell’Ilva oppure sblocchi i soldi del privato. Non si può lasciare morire l’Ilva e nello stesso tempo fare un blitz come quello sulle banche popolari. La crisi greca può servire quindi come antidoto alle leggerezze e alla presunzione del governo Renzi. La sua politica economica non è né liberale, né di sinistra, bensì populista e nello stesso tempo favorevole al peggior tipo di capitalismo, quello cioè bancario e speculativo.
In che senso Renzi avrebbe fatto dei “favori” al capitalismo speculativo?
L’operazione sulle banche popolari ha chiaramente sollecitato delle azioni speculative, e nello stesso tempo sta generando un clima torbido di fusioni e incroci azionari. Questo modo di gestire l’economia di mercato non è certo conforme a un sistema basato sulla concorrenza. Il governo italiano sta in qualche modo imitando quanto compiuto dagli esecutivi greci prima della crisi. Poiché è sotto gli occhi di tutti come è finita male la Grecia a causa di questi errori, nessuno potrà dire di non sapere quali saranno le conseguenze degli errori tipo Grecia che sta facendo il governo Renzi.
Quali saranno invece gli effetti della crisi ucraina?
Ritengo molto ragionevole la posizione di Merkel e Hollande, i quali stanno cercando di evitare una guerra che non avrebbe alcun senso. La Russia ha un problema locale di tipo etnico e si trova a fronteggiare un eccesso di espansione nei suoi riguardi. La soluzione non sta nelle sanzioni, perché il commercio genera un’alternativa alla guerra. Tantopiù che le imprese più danneggiate da queste sanzioni sono proprio quelle italiane, non certo quelle americane.
Secondo lei, che cosa si dovrebbe fare?
Occidente e Russia dovrebbero fare un fronte comune rispetto alla cultura del mondo islamico, e non possiamo quindi permetterci di fare la guerra contro Mosca. Putin va sollecitato nell’ottica di una “Pax Christiana” affinché l’Europa serva come baluardo contro l’efferatezza della degenerazione dell’Islam e di una politica basata su una religione crudele.
(Pietro Vernizzi)
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