FINANZA/ Banca Etruria, i revisori l’avevano detto, ma papà Boschi…
La banca sapeva, i risparmiatori no. Eccole parole testuali che informavano Banca Etruria dei gravi rischi. Ma l’acquisto di titoli obbligazionari è andato avanti. SERGIO LUCIANO

“Nel breve termine il sistema finanziario e con esso la banca rimangono esposti a fattori esogeni di natura eccezionale. In particolare si sottolineano potenziali rischi di credito: pur in presenza di ulteriori miglioramenti del portafoglio in bonus complessivo della banca e dell’attenta attività di gestione delle garanzie ci sono elementi per ritenere che possono permanere elevate incertezze per i prossimi periodi in funzione della situazione economica, soprattutto laddove prospettata ripresa si presentasse inferiore alle già modeste aspettative”: parole pesanti, a pagina 68 e 69 dell’ultimo bilancio completo depositato dalla Banca popolare dell’Etruria, quello relativo all’esercizio 2013.
Parole chiare, a un occhio attento e competente.
E non basta: “La banca è altresì esposta al rischio di concentrazione: dispone di alcune posizioni di rischio di rilievo su alcuni imprenditori e a livello geosettoriale. In particolare lo status di banca di riferimento sul territorio locale può determinare condizioni di particolare necessità laddove la congiuntura negativa si rifletta in modo significativo su tale contesto economico, ovvero possa essere particolarmente penalizzante per imprese operanti in settori verso i quali la banca ha esposizione di rilievo, ivi comprese esposizioni nei confronti del debito locale e pubblico. Il continuo contesto recessivo e la particolare prudenza richiesta in questa fase economica possono peraltro esporre ad ulteriori impatti di natura reddituale in merito a valutazioni creditizie prospettica di natura conservativa”.
Ecco: per questi ed altri brani del bilancio, e per le relative tabelle contabili, sindaci e revisori dei conti (Price Waterhouse) di Banca Etruria potranno a buon titolo difendere il loro operato, almeno fino a tutto il 2013, quando lo stato di decozione dell’istituto era già avanzato. Già: perché vi si parlava chiaramente di rischi gravi, “eccezionali”. Di un rischio di territorio e di possibili “impatti reddituali”, alias: perdite.
Quel che il dibattito politico, concitato e confuso, sulle cause dei dissesti bancari non ha potuto far emergere con chiarezza è che non c’è solo il fortissimo “gap cognitivo” tra i risparmiatori che investono e le banche, a pregiudicare gli interessi dei primi. C’è proprio la circostanza, ovvia, che il signor Rossi non legge e non sarà mai in grado di leggere i documenti contabili della società su cui sta investendo, tantomeno se è una banca di sua fiducia, fino a ieri l’emblema stesso dell’affidabilità. Non li legge, a prescindere dal fatto che qualcuno gli raccomandi di farlo. Come la maggior parte delle persone non legge i “bugiardini” delle medicine prescrittegli dal medico di famiglia…
E’ proprio a quest’insieme esplosivo di ignoranza e complessità della comunicazione — ma non omissività! — che la malafede di certi affida l’obiettivo di creare confusione e perseguire, grazie ad essa, finalità scorrette, come quella di sbolognare a una clientela inconsapevole titoli obbligazionari decotti.
Certo, quei documenti contabili di Banca Etruria erano stati spediti alle autorità, che avrebbero potuto intervenire bloccando ulteriori raccolte di risparmio: ma non l’hanno fatto. Perché?
Perché qui s’innesca un’altra peculiarità del sistema bancario in particolare e finanziario in genere. In questo settore non solo — come in tutta l’economia — “le profezie si auto-avverano”, nel senso che il ripetersi di pronostici univoci da parte di fonti affidabili rende più probabile il verificarsi effettivo degli eventi pronosticati; ma addirittura gli interventi regolatori e normativi sulle situazioni di precrisi, quasi sempre, ottengono l’effetto paradossalmente opposto a quello voluto, cioè fanno precipitare crisi che potevano anche essere scongiurate, innescando reazioni di panico che ne moltiplicano o addirittura ne creano gli effetti.
Perciò è difficile lanciare la croce addosso a Bankitalia e Consob, quanto meno non sul mancato o debole intervento “puntuale” sugli ultimi due o tre bilanci delle banche fallite. Sono biasimevoli, semmai, per il lassismo col quale per anni la cattiva gestione che ha gonfiato i guai di quelle banche è stata accompagnata… Ma esiste il reato di lassismo?
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