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Home » Economia e Finanza » Fisco » Tasse » TASSE E POLITICA/ Forte: Irpef, il taglio di Renzi è solo uno spot elettorale

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TASSE E POLITICA/ Forte: Irpef, il taglio di Renzi è solo uno spot elettorale

Per FRANCESCO FORTE, il taglio dell’Irpef a partire dal 2017 è soltanto uno spot elettorale. Le risorse disponibili vanno concentrate sulla riduzione della componente lavoro dell’Irap

Int. Francesco Forte
Pubblicato 4 Giugno 2016
Agenzia_Entrate2R439

Infophoto

«Il taglio dell’Irpef a partire dal 2017 è soltanto uno spot elettorale, proprio come il bonus da 80 euro. Le risorse disponibili vanno concentrate sulla riduzione della componente lavoro dell’Irap e sugli sgravi fiscali per i premi di produttività». È la proposta del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Nei giorni scorsi, riferendosi a un eventuale taglio dell’Irpef già a partire dal 2017, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva detto: “Non escludo niente. Nella definizione della legge di stabilità non abbiamo preconcetti ma solo alcuni principi guida”. In un’intervista a Repubblica.tv del 25 maggio, lo stesso Renzi aveva parlato di una “rimodulazione” degli scaglioni a partire dalla prossima legge di stabilità.


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Professore, è positivo tagliare l’Irpef già a partire dal 2017 come ipotizzato da Padoan?

Questi sono spot elettorali. L’Italia ha gravi problemi di competitività che imporrebbero di fare uno sgravio fiscale per i premi di produttività. Questa misura non sarebbe molto costosa, perché riguarderebbe solo i premi e i compensi per orario straordinario. Ciò stimolerebbe l’utilizzo di questi contratti, genererebbe una maggiore produzione e nello stesso tempo garantirebbe un alleggerimento fiscale che ha una contropartita specifica e che non è distorsivo del sistema economico.


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Quali altre misure possono stimolare la nostra economia?

Le poche risorse disponibili andrebbero concentrate sul taglio della componente lavoro dell’Irap, che danneggia soprattutto le imprese a maggiore densità di occupazione o con un’occupazione più qualificata. Queste imprese tendono così a emigrare all’estero perché c’è un onere fiscale differenziale sul lavoro pregiato. Invece di fare tutto ciò, il governo finora si è preoccupato soltanto di Ires e Irpef. Quando lo stesso Visco invita a tagliare il cuneo fiscale, dimentica il fatto che toccare la parte che riguarda la previdenza è soltanto una follia in quanto l’Inps è già in perdita.


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La priorità quindi deve essere la produttività?

Sì. Per stimolare la produttività è possibile inoltre introdurre una deregolamentazione come sta facendo la Francia. Il governo socialista ha varato infatti una norma in base a cui i contratti aziendali prevalgono su quelli nazionali, rendendo così possibili i liberi contratti di produttività. Nello stesso tempo la legge francese stabilisce un salario minimo e altre tutele. Se anche l’Italia facesse lo stesso, questo sarebbe il primo passo da accompagnare con adeguati incentivi fiscali.

Come si possono compensare i mancati introiti legati al taglio dell’Irap?

Al posto dell’Irap si potrebbe introdurre una tassazione sostitutiva per le regioni, per esempio aumentando l’aliquota sul reddito.

 

L’opposto di quello che propone Padoan?

Proprio così. Quelli del governo sono solo spot elettorali che creano soltanto nuovo deficit, mantenendo l’Italia in una situazione di quasi apnea . Venerdì per esempio si è registrata la flessione dell’indice Markit relativo al settore terziario in Italia, mentre questo stesso dato è in aumento nel resto dei Paesi dell’Eurozona.

 

Eppure rilanciare la domanda non è necessario innanzitutto per aumentare il fatturato delle imprese?

Il taglio dell’Irpef e gli 80 euro in busta paga non sono in grado di stimolare l’economia sul lato della produttività. L’importante non è stimolare la domanda di consumi, bensì occupazione, produttività e crescita. Gli 80 euro in busta paga hanno creato inoltre delle iniquità evidenti. Per esempio, in una famiglia con due persone ciascuna con reddito al di sotto dei 26mila euro, il bonus è destinato a entrambi i componenti. Mentre una famiglia dove uno solo lavora ma ha un reddito da 27mila euro non riceve il bonus.

 

In questi giorni è emerso lo scandalo delle famiglie cui è stato chiesto di restituire gli 80 euro. È la documentazione del fatto che il sistema dei bonus non funziona?

Questa è anche la dimostrazione del fatto che attuare una politica mirata a una sola categoria si presta a ingiustizie e aberrazioni. Chi deve restituire gli 80 euro sono proprio le persone che vi avrebbero più diritto. La richiesta di restituzione andrebbe quindi fermata. Gli errori tecnici nascono però dal modo in cui la norma è formulata, che dà vita chiaramente a un’iniquità tale da renderla costituzionalmente illegittima. Resta però da vedere se il governo abbia intenzione di accettare queste considerazioni, perché finora nel caso dei bond delle banche l’equità non è mai stata veramente tenuta in conto.

 

(Pietro Vernizzi)


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