CAOS RYANAIR/ Le magagne del sistema low cost (e gli errori dell’Italia)
Ryanair annuncia nuove cancellazioni di voli, oltre al ritiro dalla corsa per aggiudicarsi Alitalia. Il sistema low cost sembra mostrare tutti i suoi limiti. SERGIO LUCIANO

Domanda: è più facile far funzionare bene i sistemi elettronici che gestiscono i turni di lavoro e di ferie di qualche migliaio di lavoratori dipendenti, o quelli che assicurano la matematica precisione di servizio e affidabilità di funzionamento degli aerei di linea? La risposta è banale: qualsiasi aziendina con 100 dipendenti ha un semplice sistemino elettronico che assicura da decenni e senza difficoltà l’organizzazione degli orari di lavoro e dei turni ferie del personale, e lo sa far funzionare. Poche aziende, invece hanno sistemi elettronici dalla complessità di quelli con cui le grandi compagnie aeree fanno volare in sicurezza gli aerei. Aver sbagliato sul facile lascia tranquilli sulla capacità che non sbaglino sul difficile?
E dunque: se Ryanair ha così clamorosamente toppato, e ritoppato, nella gestione di una cosa semplice come i turni ferie del personale, c’è da fidarsi ancora di tutto il resto? Non esplicitiamo la logica risposta per prevenire rogne. Ma la logica è appunto logica. E descrive una storia di eccessi e di abusi senza la quale il boom di Ryanair e di alcune altre low-cost non si spiegherebbe.
Eccessi e abusi non contro la legge – o almeno: non tocca a chi scrive insinuarlo, prima o poi qualcuno su questa batosta di disservizi s’incaricherà di far chiarezza in sede giudiziaria -, ma contro il buon senso e contro la dignità del lavoro. Quel bizzarro ed eccessivo personaggio che è Michael O’ Leary, amministratore delegato di Ryanair, celebre per le sue foto con espressioni clownesche, che dovrebbero secondo lui far simpatia anziché evocare immagini da Cottolengo, si vantava di dire che in azienda non sarebbero mai entrati i sindacati, dimostrando così di non aver mai letto un libro di storia e di non sapere che anche nella sua verde Irlanda senza i sindacati i lavoratori sarebbero ancora alla fame.
Si capisce oggi quanto dannoso fosse questo approccio. Chiaramente l’azienda è sottostrutturata anche rispetto alle regole che si è data da sola, liberamente proponendole ai suoi dipendenti che evidentemente, e incautamente, le hanno accettate per bisogno, salvo volar via – è il caso di dire – alla prima, migliore occasione di lavoro che trovavano. Certo, oggi grazie alle low-cost la gente viaggia con quattro soldi, ma – come scriveva Giulio Tremonti nel suo “Rischi fatali” – c’è qualcosa di grottesco nel fatto che 20 euro non bastino per far la spesa alimentare di una settimana per una famigliola di due persone mentre bastino per farle volare dall’Italia a Londra.
Quest’anomalia, quest’eccesso commerciale delle low-cost, si spiega in parte con i risparmi furiosi di quelle organizzazioni nei costi del personale, che oggi vengono scaricati sui disservizi e quindi sui danni ai clienti; ma si spiega anche con l’insipienza delle Regioni italiane, che hanno finanziato l’azienda irlandese sovvenzionando di fatto, a vantaggio di un soggetto straniero basato in un paradiso fiscale, l’aerotrasporto nelle aree a deficit di mercato (dove cioè volare di linea non converrebbe) che a quel punto sarebbe stato meglio per mille ragioni affidare all’Alitalia, cioè a una società italiana che comunque ha assorbito e sta assorbendo soldi pubblici per non chiudere. Come dire: più cretini di così si muore.
Di sicuro, dopo lo shock Ryanair, niente sarà più come prima. Il colpo reputazionale è di quelli da stordire. Si capisce ora che le low-cost sono tali anche perché a volte evitano, o dribblano, il law-cost, il costo delle leggi.
P.S.: Per la cronaca, il combattivo presidente del Codacons Carlo Rienzi ha detto di avere “le prove che Ryanair sta rifiutando ai viaggiatori i risarcimenti relativi ai voli cancellati con un preavviso inferiore ai 14 giorni, e le porteremo all’Enac chiedendo sanzioni durissime nei confronti della compagnia aerea”. Ecco: bravo Rienzi, stavolta il pagliaccione O’ Leary ha poco da ridere, faccia meno smorfie e metta mano alla tasca.
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