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Home » Economia e Finanza » Economia UE » L’EURO/ Soros e la paura matta della Germania

  • Economia UE
  • Economia e Finanza

L’EURO/ Soros e la paura matta della Germania

Paolo Annoni
Pubblicato 1 Giugno 2018
george_soros_1_lapresse_2017

George Soros (Lapresse)

George Soros ha usato parole forti sull'euro e il destino dell'Unione europea. Dichiarazioni che devono far riflettere. PAOLO ANNONI ci spiega perché

Il dibattito sull’euro questa settimana ha raggiunto vette inesplorate. Ci riferiamo al discorso di Soros all’European council on foreign relations del 29 maggio. Per l’amministratore delegato di Morgan Stanley, secondo le dichiarazioni rilasciate a Bloomberg ieri, le opinioni espresse da Soros sull’euro e su una prossima crisi finanziaria sono “ridicole”. Di solito quando le reazioni sono così accese significa che qualcuno ha messo il dito nella piaga.


PREVISIONI OCSE SBAGLIATE?/ "Troppo generose con Francia e Germania, l'Italia può arrivare al +0,5%"


Cos’ha detto Soros il 29 maggio? Ha detto che l’Unione Europea è in una crisi esistenziale e che dal 2008 ha perso la strada “avendo adottato un approccio fiscale che ha portato alla crisi dell’euro”. Soprattutto ha detto che, in questo modo, “l’eurozona si è trasformata in una relazione tra creditori e debitori dove i creditori dettano le condizioni che i debitori devono seguire”; “i debitori non sono riusciti a rispettare queste condizioni e questo ha creato una relazione che non è né volontaria, né equa”. In pratica, diciamo noi, i debitori sono in una situazione di subalternità che non ha paragone in simili rapporti tra stati.


MERZ vs VON DER LEYEN SULL’AUTO ELETTRICA/ Il suicidio annunciato che dà ragione all'Italia


Per Soros “l’austerity è un fattore che contribuisce alla crisi dell’euro”. La crisi è così grave che “l’Europa deve reinventarsi”. Questa nuova Europa immaginata da Soros “distinguerebbe chiaramente l’Unione Europea e l’eurozona” e “riconoscerebbe che l’euro ha molti problemi irrisolti a cui non si deve permettere di distruggere l’Unione Europea”. Ancora “bisognerebbe dare ai Paesi membri una più ampia varietà di scelta” rispetto a quella semplice tra adozione e non adozione dell’euro.


LA CRISI DI ITALIA E GERMANIA/ Le strategie per il rilancio delle loro economie possono fondersi bene


Per anni e anni si è consolidata un’idea in cui Europa, Unione Europea ed euro erano tre concetti sovrapponibili. L’assunto non detto è che la libertà di uscita dall’euro, in posizione di “forza”, consentirebbe agli stati di riappropriarsi di strumenti di sovranità sostanziale che rischierebbero di rompere l’intera costruzione. Oggi però qualcuno si arrende all’evidenza di quello che ha prodotto l’euro e cioè l’esplosione delle differenze tra periferia e centro con la riduzione degli stati deboli a uno stato di sudditanza.

La relazione tra debitori e creditori all’interno dell’euro non consente ai debitori nessun elemento negoziale. Normalmente i debitori hanno un garante esterno, la legge, un giudice, che concorrono a votare nella stessa proporzione dei creditori. Questo in Europa non avviene perché il Parlamento europeo è svuotato di potere e contano gli stati. Tra stati il debitore può comunque fare leva su una propria valuta e su una propria banca centrale. Il debitore può, eventualmente, scegliere la strada della svalutazione indebitandosi rischiando di più nel breve, ma guadagnando tempo e flessibilità. La scommessa che fa il debitore si può esemplificare in questo modo: il debitore che ha un debito di 100 mila e uno stipendio di mille scommette che portando il debito a 120 lo stipendio superi 1200. Se ha ragione e questa previsione si avvera quel debito diventa più sostenibile e meno gravoso. I benefici nel medio periodo sorpassano le perdite di breve. Se ha torto si ripresenta dal creditori con il capo ricoperto di cenere. In ogni caso ha uno strumento negoziale nei confronti del creditore. Questa dinamica nell’euro non può avvenire come si è visto chiaramente negli ultimi giorni: il debitore sfiancato, l’Italia, non ha mezzi per chiedere al creditore alcuna concessione e si ritrova immediatamente in balia dei “mercati”, senza alcun potere negoziale, non avendo né banca centrale, né valuta.

La relazione tra debitori e creditori che si sviluppa all’interno dell’Unione Europea è per Soros la ragione profonda dell’esplosione dei populismi e dei movimenti anti-euro. Tornando a casa nostra, la dinamica che descrive Soros è quella che rischia di trasformare l’Europa in un’entità in cui il creditore ultimo soggioga i debitori. Il creditore ultimo è la Germania; i debitori sono, via via, tutti gli altri. Per questo le dichiarazioni di un eurodeputato tedesco dalla faccia bonaria che minaccia l’invasione di Roma da parte della troika con presa di controllo del ministero del Tesoro se l’Italia non paga sono molto meno folkloristiche di quanto sembri.

Quello che ci colpisce è che Soros, che si mette tra i fondatori dell’Unione Europea, rompa il tabù dell’equivalenza euro/Unione Europea/Europa e descriva con grandissima lucidità il problema politico dell’attuale costruzione europea e cioè lo stato di subalternità assoluta in cui si trovano i debitori o, potremmo dire noi, i Paesi deboli economicamente, rispetto ai creditori. Non essendogli permesso un reale ruolo politico nel medio lungo termine gli è preclusa qualsiasi via allo sviluppo. Soros non lo dice, ma sembra suggerire come unica possibile via proprio la rottura dell’euro.

Soros è una scheggia impazzita o segnala una possibile evoluzione del dibattito? È possibile che questa evoluzione sia da leggere nel solco della polemica tra Germania e Stati Uniti? Prevale la preoccupazione per lo straripamento della Germania in Europa? Per la Germania la rottura dell’euro sarebbe un incubo come e forse di più che per l’Italia. I wikileaks immortalano Schäuble che dice alla Merkel che il collasso dell’unione monetaria con il ritorno al marco “danneggerebbero seriamente l’economia tedesca basata sulle esportazioni”. È forse anche per questo che nessuno deve poter uscire dall’euro. Neanche la piccolissima e devastata Grecia. Perché se ne esce uno e per miracolo sta meglio di prima è la fine dell’unione e, per inciso, della pacchia in Germania.

Tags: George SorosEconomia Germania

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