Un ottimo articolo di Luigi Luccarini sul sempre interessante sito web Scenari Economici mette il dito nella piaga dell’attuale situazione di crisi europea. Infatti, l’articolo inizia la riflessione con una serie di dati e di grafici, ma partendo da uno in particolare, quello proposto più in basso. In questo grafico si vede l’andamento dei mercati finanziari di diversi paesi europei e dell’indice americano SP500, a partire dal 2007 (inizio dell’attuale crisi, con la vicenda dei mutui subprime) e riportato con valori percentuali rispetto al valore del 2007, messo pari a 100 per tutti.
Come si vede chiaramente, l’indice tedesco Dax ha sovraperformato largamente rispetto a tutti gli indici europei, mentre il solo SP500 ha tenuto il suo passo. Questo vuol dire che l’indice tedesco è gonfiato rispetto agli altri indici europei perché tale super crescita non è giustificata da un andamento di crescita del Pil tanto superiore. Nel periodo considerato, infatti, il Pil tedesco è cresciuto a un ritmo inferiore a quello della media Ue. Quindi non è corretto pensare che gli altri paesi sono cresciuti poco, perché la scarsa crescita dell’indice corrisponde alla scarsa crescita dell’economia reale. Invece la grossa crescita dell’indice tedesco Dax è chiaramente slegato dalla crescita economica, che è stata addirittura inferiore agli altri.
Il confronto con l’indice americano SP500 è una conferma fortissima di questa considerazione, perché l’economia Usa è cresciuta di più di quella tedesca e quindi il Dax si trova in una bolla speculativa che prima o poi scoppierà fragorosamente.
Ma come ha fatto a gonfiarsi questa bolla? La risposta è semplice e dolorosa: la causa è stata (ed è ancora) un eccesso di liquidità che ha avuto origine nelle politiche monetarie sbagliate della Bce e ha avuto come “mezzo di trasmissione” i surplus di bilancio realizzati dalla Germania; surplus di bilancio che sono in contrasto con le normative europee e sulle quali l’Ue è rimasta colpevolmente in silenzio.
Tali surplus di bilancio non sono stati impiegati per investimenti: la Germania ha notoriamente infrastrutture che stanno divenendo obsolete e i piani di investimento latitano. Inoltre, investire è un concetto contrario all’ideologia dell’austerità, praticata anche in Germania con masochistica efficienza. Così tale liquidità è finita laddove può realizzare rendimenti maggiori, cioè nei mercati finanziari. Così hanno gonfiato la bolla dell’indice tedesco.
Ho un solo appunto da fare all’articolo di Luigi Luccarini, laddove afferma che il rendimento bassissimo dei titoli di Stato tedeschi, addirittura un rendimento negativo, è dovuto al fatto di essere ricercati dal mercato. Questo sarebbe vero (ed evidente dal risultato) se vi fosse un vero “libero mercato” e l’asta dei titoli non fosse in qualche modo “deformata” dall’intervento dell’Agenzia per il debito che, in contrasto con lo spirito delle normative europee anche se non con la lettera di tali norme, non acquistasse i titoli che al termine delle aste rimangono invenduti. E pure su questa pratica moralmente truffaldina l’Ue ha taciuto e continua a tacere.
Luccarini al termine del proprio pezzo si chiede “se potremo noi venirne fuori prima che esploda la “bolla” che è stata costruita al suo interno. “Sarebbe preferibile”. Io credo che potremmo venirne fuori prima se vi fosse da qualche parte qualcuno cosciente di questa necessità. A oggi la risposta è purtroppo negativa. Ne è un segnale anche una recente intervista a Mariano Bella, direttore dell’Ufficio Studi di Confindustria.
Secondo lui, “l’euro e l’Europa non dovrebbero essere accusati di essere il nostro problema. I nostri sono solo nostri, non europei, e i numeri parlano abbastanza chiaro. Siamo a distanza siderale dagli altri partner, sia grandi sia piccoli, quindi attribuire a un’entità sovranazionale le colpe è sbagliato. Per citare un vantaggio dell’Europa, i bassi tassi d’interesse, avremmo dovuto fare gli investimenti per aggiustare la nostra socio-economia. Non lo abbiamo fatto e ora ne paghiamo le conseguenze”.
Intanto occorre notare il fatto che, per negare che il problema della crisi sia europeo (e mondiale) e non italiano, occorre una discreta cecità, di quelle che ti vengono quando aderisci a un’ideologia e non vedi niente altro o non vedi tutto ciò che contrasta con quella ideologia.
Poi c’è il discorso sulla “distanza siderale dagli altri partner”: ma a chi si riferisce? Agli altri paesi con l’euro? Ma la distanza, se c’è, non è siderale: la Francia si sogna la nostra bilancia commerciale e da dieci anni fa deficit maggiori dei nostri. I Paesi europei che non hanno l’euro? Beh, quelli non hanno l’euro… e ovviamente vanno meglio.
E per finire la chiusura sulla solita balla dei “bassi tassi di interesse”, un vantaggio che avremmo dovuto usare per “fare gli investimenti”. Ora, siccome i conti non si fanno con le chiacchiere ma con i numeri, torniamo a sfatare questa sciocchezza dei “bassi tassi di interesse” come un vantaggio, senza se e senza ma. Secondo voi, cari lettori, è meglio essere magri il giusto o essere obesi? Meglio essere magri? Anche nel caso in cui uno è diventato magro a causa di una grave malattia, magari una malattia che conduce alla morte? La risposta ovvia è no, occorre vedere le cause per cui uno è magro: se a causa di una dieta sana ed equilibrata o a causa di una malattia. Scusatemi per l’esempio banale, ma questo ragionamento di banale buon senso è precisamente quello che manca (il banale buon senso) quando si afferma il vantaggio dei “bassi tassi di interesse”.
Occorre porsi la domanda: da cosa sono causati? La risposta nel nostra caso è storia: sono stati causati dall’eccesso di liquidità, ottenuto anche drenando liquidità dall’economia reale e quindi preparando il crollo della stessa. In queste condizioni, i tassi possono essere bassi quanto vi pare, ma se la crescita economica è inferiore a tali tassi la banale conseguenza è che i soldi non ci sono (altro che investimenti) e il debito è destinato a crescere. Questa è la banale analisi.
Ora guardiamo alla storia recente: cos’è accaduto? La storia e i numeri negano o confermano questa banale analisi? Il sottinteso di certi sballati ragionamenti è ovviamente che ci vuole più Europa e che noi dobbiamo fare ogni sforzo per aderire ai dettami di un’ideologia (che chiamerei ultraliberista e monetarista) completamente sballata. E quanto sia sballata lo si vede anche dalle terribili difficoltà in cui versa la maggiore banca tedesca, Deutsche Bank. Per questo il Governo tedesco si sta facendo promotore di un’azione che dovrebbe essere pure in contrasto con le normative europee: sta spingendo per una fusione di Deutsche Bank con Commerzbank, nella quale lo stesso Governo tedesco ha una quota significativa, pari al 15%. Di fatto si configura un clamoroso aiuto di Stato nei confronti di una banca che dal 2007 a oggi ha perso il 93% del proprio valore in borsa.
Avete letto bene, questi sono i numeri: mentre nel 2007 l’indice Dax, prima della crisi, tentava di sfondare al rialzo gli 8000 punti e oggi è intorno agli 11500 punti, il valore delle azioni di Deutsche Bank allora era intorno ai 125 euro, mentre oggi vale circa 8 euro. Deutsche Bank rischia il fallimento e sarebbe la catastrofe per l’intero settore bancario, europeo e internazionale.
Questi sono i numeri, questa è la cruda realtà che chi è accecato dall’ideologia monetarista ed europeista non vuol vedere. Luccarini si chiede se potremo venirne fuori prima che esploda. Questo dovrebbe essere il “Governo del cambiamento”. Ma siamo passati da un deficit del 2,9% (Renzi e Gentiloni) al 2,04%, quando ci vorrebbe almeno il 4% solo per iniziare a rimettere in sesto qualcosa. Il cambiamento per ora non si vede. E siamo sempre più vicini al ciglio del burrone.