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Home » Educazione » SCUOLA/ 1. Barcellona: dal Tar un attacco a tutto ciò che rimane di umanistico, non solo alla Chiesa

  • Educazione

SCUOLA/ 1. Barcellona: dal Tar un attacco a tutto ciò che rimane di umanistico, non solo alla Chiesa

Int. Pietro Barcellona
Pubblicato 14 Agosto 2009
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La recente polemica a seguito della sentenza del Tar del Lazio ha registrato le dichiarazioni di tutte le forze politiche e di numerose personalità del mondo della scuola e della cultura. Pietro Barcellona analizza per ilsussidiario.net le conseguenze culturali della vicenda

La recente polemica a seguito della sentenza n° 7076 del Tar del Lazio, che limita le competenze degli insegnanti di Religione Cattolica negli scrutini di fine anno, ha registrato le dichiarazioni di tutte le forze politiche e di numerose personalità del mondo della scuola e della cultura. Pietro Barcellona, docente di Filosofia del diritto all’Università di Catania, analizza per ilsussidiario.net  le conseguenze culturali della vicenda.


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La sentenza del Tar si basa sull’assunto che «un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico». Cosa ne pensa?

Innanzitutto è il modo di procedere del Tar che mi lascia perplesso e non è la prima volta che va al di là delle proprie competenze. Ho in mente, ad esempio, il sapore velatamente ricattatorio del ricorso al Tar in ambito universitario e per questo mi auguro che si faccia una riforma complessiva della giustizia amministrativa. Per il resto è una sentenza che lascia moltissimi dubbi sul piano giuridico. Più che discutere di tecnicismi (che lascio agli esperti) però mi preme dire che questa decisione di declassare e mortificare l’insegnamento della religione nella scuola mi sembra una conseguenza drammatica del decadimento culturale in atto nel nostro Paese.


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Cosa intende?

Vede, a mio parere non si tratta soltanto di un attacco alla Chiesa, ma a tutto ciò che di umanistico ancora persiste nella scuola italiana. Faccio un esempio: durante le vacanze ho letto “Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh” di Massimo Recalcati. Descrive mirabilmente il rapporto tra il pittore e la figura di Gesù Cristo, che ha segnato la sua vita e la sua pittura: inseguiva l’assoluto. Come si può capire Van Gogh senza metterlo in rapporto alla religione? Poi ho letto “Gli inizi della Filosofia: in Grecia” di Michela Sassi, in cui viene descritto, tra le altre cose, come la questione religiosa sia radicata nella filosofia. Sono piccoli esempi di quanto la religione sia essenziale nella cultura e nella storia europea.


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La scuola, secondo lei, rischia quindi di perdere una componente essenziale del proprio insegnamento?

Certamente. La scuola deve dedicarsi ai due campi del sapere: quello “tecnico” e quello “umanistico”, da cui non può togliere una componente fondamentale dal punto di vista formativo come la storia delle religioni. L’errore, come è già stato segnalato da altri, è stato confondere l’ora di religione con il catechismo. Questo insegnamento non è più quello di quando ero bambino io, ancora un po’ didascalico e dogmatico. È già una storia delle religioni e principalmente, com’è giusto, una storia dei monoteismi. Il rischio pericolosissimo che stiamo correndo è la frantumazione del sapere che fa perdere all’alunno la visione sintetica, arrivando agli eccessi di riconoscergli i crediti se partecipa al corso di torta al salmone, ma non se approfondisce la storia del Cristianesimo e delle religioni.

La Cei infatti ha dichiarato che se per laicità si intende «l’esclusione dall’orizzonte culturale e formativo civile di ogni identità si cade nel più bieco e negativo risvolto dell’illuminismo».

Non parlerei di illuminismo, ma di scientismo, che è un erede spurio dell’illuminismo. L’illuminismo ha portato tante cose buone, come la fiducia nei nostri mezzi razionali, diverso da alcune forme unilaterali di affermazione del sapere umano, che è molteplice e non può essere affidato a un solo metodo. Il fatto è che oggi combattono la Chiesa pensando che la sua influenza domini la società, quando il contesto culturale è diverso e la Chiesa è in una posizione minoritaria. A dominare, più che il relativismo, è lo scientismo. Basta guardare una trasmissione di Piero Angela in cui viene proposta una certa visione del mondo senza contraddittorio, come se fossero tutte evidenze trasparenti e scientifiche: dalla nostra presunta discendenza dai primati, ai temi della vita e dell’inseminazione artificiale.

Cosa risponde all’obiezione, alla base della stessa sentenza, per cui gli studenti di altre religioni a causa dell’ora di religione subiscono una discriminazione?

Mi sembra assurda, perché l’ora di religione è già facoltativa. L’unica cosa che viene discriminata è la religione cattolica, perché la scuola offre già diverse visioni del mondo, dall’evoluzionismo, all’ateismo. Due terzi della storia della Filosofia parlano di ateismo, hanno fondamenti a-religiosi. Chi è credente dovrebbe sentirsi discriminato e chiedere che queste cose non vengano insegnate? È un concetto ridicolo di discriminazione. A questa stregua ogni volta che uno esercita il diritto di parola discrimina qualcun altro.

                                                                                                                                               (di Carlo Melato)


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