Può un progetto, che per sua natura nasce con finalità, obiettivi, metodi e strumenti già preordinati – e, dunque, parrebbe immune da ogni sorpresa – diventare l’occasione per scoprire nuovi e inaspettati scenari? E, soprattutto, scenari “intensi” e commoventi?
Evidentemente sì, perché è proprio quanto è accaduto durante lo svolgimento del progetto finanziato dalla Regione Lombardia, “Disabilità e successo formativo: buone prassi e contributi per azioni formative di eccellenza” realizzato in collaborazione tra CdO Opere Educative e CFP San Giuseppe di Lodi.
La mission era quella di individuare e documentare le esperienze di accompagnamento all’inserimento lavorativo di persone disabili, in uscita dal percorso di scuola secondaria di secondo grado o di formazione professionale, attraverso una ricerca su tutto il territorio nazionale.
Ed è così che il progetto ha avuto inizio: contattando e andando a visitare numerose opere sociali, cooperative e centri di formazione professionale che si occupano di disabilità; passo passo, però, ha assunto la dimensione di una scoperta bella e toccante: il nostro paese è davvero ricco di realtà che hanno a cuore gli “ultimi”, persone che per vivere una vita dignitosa e soddisfacente – così come desidera legittimamente ognuno di noi – hanno bisogno di essere accudite, accompagnate, curate quotidianamente. Talvolta anche nello svolgimento di operazioni tanto elementari quanto ineludibili.
Quanti malati psichici, quante persone con disabilità ci sono “nelle pieghe” della nostra società. Quasi sempre nascosti al nostro sguardo perchè emarginati dalla società edonista e produttivista, ma ben presenti agli occhi e al cuore di chi se ne prende cura con infinita passione e attenzione.
In Italia vivono quasi 3 milioni di disabili; tanti sono limitati da difficoltà cognitive, anche gravi; tanti altri hanno problematiche motorie congenite o, non di rado, acquisite a causa di gravi eventi traumatici. Le famiglie, in molti casi, non hanno la possibilità, le capacità o le risorse per occuparsene a tempo pieno, come sarebbe invece necessario. Ed ecco, allora, l’importante contributo di queste cooperative sociali, fondazioni e associazioni, che affiancano le famiglie e le soccorrono, offrendo percorsi di formazione, centri diurni, laboratori protetti oltre a vere e proprie imprese che occupano persone con disabilità.
In tutte domina una grande attenzione alla dignità e al valore della persona, che non è, nè può essere, intaccata dalla menomazione, di qualunque natura o gravità essa sia; come, pure, una grande tenerezza e compassione – nel senso proprio del “patire insieme” – per questi fratelli e sorelle che portano una croce particolare. Persone che talvolta ti vengono incontro per un saluto, per una carezza, per stringerti la mano e dirti il loro nome, per renderti partecipe di ciò che stanno facendo; oppure, apparentemente chiuse nel loro misterioso mondo e nella loro sofferenza, ma ugualmente desiderose di essere guardate e amate.
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In molti casi sono state messe in campo creatività e fantasia per consentire ad ognuno – magari adattando macchine utensili e strumentazioni – di sviluppare ed esprimere i propri talenti (che sempre ci sono!) e di contribuire al bene comune attraverso il lavoro. Lavoro che non è mai fine a se stesso, ma è sempre destinato ad una utilità, pur consistendo, talvolta, semplicemente nell’asciugare dei fogli di carta o nel ritagliare dei pezzettini di stoffa, oppure nell’impastare materiali semplicissimi per la produzione di oggetti artigianali. E che risultati! Che intensità e freschezza umana traspare da queste produzioni, inaspettate e misteriose fioriture del desiderio di felicità e bellezza che segna il cuore di ognuno di noi!
Il massimo della stupore e della commozione, poi, si prova nel vedere le loro attività espressive: la pittura, il teatro, la musica e la danza; il “Festival delle abilità differenti”, promosso dalla Cooperativa il Nazareno di Carpi (che è coinvolto anche nel progetto) e in corso proprio in questi giorni, ne è una ulteriore e straordinaria documentazione.
Certo, i problemi – e tanti – non mancano, ed è per questo che ci si è messi all’opera, sollecitati dalla Regione Lombardia, per capire come affrontare in modo sempre più adeguato il problema della transizione al lavoro e della qualità della vita per questi giovani. Si è scoperto, allora, che davvero è necessario guardare alla persona tutta intera e non solo alla sua disabilità; che è importante che ci sia una continuità nelle figure di riferimento indipendentemente dal pezzo di cammino che si sta svolgendo; che è fondamentale, dunque, ragionare in termini di “progetto di vita” e non frantumare il percorso in tante schegge indipendenti l’una dall’altra… Queste, e tante altre considerazioni; ma i risultati completi del progetto saranno resi noti più avanti, alla sua conclusione.
Nel frattempo, chiunque voglia saperne di più potrà partecipare al Convegno che si terrà a Milano il 28 maggio p.v., presso l’Istituto Maria Ausiliatrice in via Bonvesin de la Riva 12, alle ore 10,00. Oltre alle belle testimonianze di chi è all’opera “in trincea”, ci sarà anche una interessante tavola rotonda moderata dalla prof. Lorenza Violini (docente di Diritto costituzionale all’Università di Milano), cui parteciperanno alcuni esperti ed accademici. Introdurrà il prof. Mario Melazzini, in qualità di coordinatore del tavolo tecnico sulla disabilità della Regione Lombardia.
Il titolo, “Le abilità sconosciute”, è davvero un sunto dell’esperienza avvincente e dello stupore provato da chi si è impegnato nella realizzazione del progetto; ma è anche un invito, rivolto a tutti, a condividere un pezzetto di cammino con queste persone “disabili” che, più di altre, ci possono scuotere dal torpore di una esistenza “normale” e farci sobbalzare il cuore di fronte all’insondabile Mistero della persona umana.