Melek, studentessa turca, protagonista di un caso che sta alzando quesiti istituzionali. Lei è una studentessa turca che si è iscritta a un corso di laurea specialistica presso la facoltà di scienze dell’università di Torino. Tutto regolare e normale ovviamente, come fanno tanti altri studenti stranieri che vengono nel nostro Paese per studio. Ma la ragazza, evidentemente di profonda fede religiosa, nella sua domanda di iscrizione ha chiesto le sia riservato un luogo appartato all’interno dell’università stessa dove poter, tre volte al giorno come chiede la sua religione, l’Islam, ritirarsi a pregare. Non c’è nessun pregiudizio nei confronti degli studenti islamici, ha fatto sapere il prorettore dell’università di Torino Sergio Roda. La loro presenza è un dato in continua crescita e già adesso, come dicono molti testimoni, si possono vedere nei corridoi o nelle aule momentaneamente deserte alcuni di loro fermi in preghiera. Ma la richiesta ufficiale di uno spazio non era ancora stata fatta. Per il prorettore si tratta di discutere se tale richiesta sia corretta o meno a livello istituzionale. Di fatto non sarebbe la prima volta che a degli studenti venga concesso uno spazio all’interno di una università per momenti di preghiera o celebrazioni di messe in casi speciali. IlSussidiario.net ha chiesto al professor Alberto Gambino, ordinario di Diritto Privato e di Diritto Civile all’Università Europea di Roma, di spiegare perché tale richiesta sollevi un quesito a livello istituzionale. “Il punto critico” risponde Gambino ” è nel fatto che tutt’oggi non esiste una intesa ufficiale dello Stato italiano con la religione dell’Islam”. Secondo Gambino, “il fatto che un caso come questo sollevi la questione che la religione non sia un fatto esclusivamente privato, ma che chieda il riconoscimento in luoghi pubblici come una università, è sicuramente un fatto positivo. Permane però il nodo critico rappresentato dalla religione della ragazza che ha fatto tale richiesta”. Chiediamo al professor Gambino di entrare nel dettaglio propriamente istituzionale: “L’Islam dal punto di vista costituzionale è una di quelle religioni che ancora non ha raggiunto una intesa con lo Stato italiano”. Perché tale riconoscimento non avviene? “Semplicemente perché per arrivare al riconoscimento ufficiale di una religione vanno vagliati i punti che costituiscono tale religione. Evidentemente, per il nostro Stato, all’interno dell’Islam esistono dei punti interrogativi. E’ cioè da valutare la sua conformità ai valori ordinamentali dello Stato italiano”. Ci sono però casi di aule o spazi pubblici all’interno di università italiane concessi a studenti ad esempio cattolici: “Questo perché tra religione cattolica e Stato italiano esiste un concordato e dunque è immediato e plausibile che vengano concessi tali spazi. Per l’islam è ancora tutto da istituzionalizzare: lo dovrà fare il Parlamento italiano, ratificare cioè che quella religione sia conforme ai nostri principi democratici, e al momento ci sono molte problematiche che vanno a cozzare con i nostri ordinamenti”.
Ad esempio? “Ad esempio il ruolo della donna, le mutilazioni genetiche, la poligamia”. Dunque se non esiste un riconoscimento ufficiale, non esiste neanche la possibilità di certe richieste come quella formulata dalla ragazza in questione: “Soddisfare certe richieste è doveroso da parte delle istituzioni nei confronti delle religioni disciplinate con il concordato, come la cattolica. Pe quelle disciplinate con una intesa si danno valutazioni anche qui positive, ma per le religioni con cui non esiste neanche una intesa come l’Islam, chiedere una rilevanza pubblica come ha fatto la ragazza all’interno di una istituzione sembra sinceramente troppo come richiesta, stando la situazione attuale”.