La crisi che coinvolge da tempo anche il nostro Paese coinvolge anche la crisi della dirigenza in tutti i settori pubblici e privati, innanzitutto in termini di visione, di preparazione e adeguatezza ai cambiamenti. Non molto tempo fa proprio il Censis ricordava che l’attuale crisi si accompagna ad una crisi manageriale, crisi di condizioni professionali, ma soprattutto di identità e di visione. La dirigenza delle scuole, che pure è una figura professionalmente recente, vi partecipa con caratteri e cause proprie.
1. Nel mondo della scuola statale abbiamo assistito ad un concorso che non riesce a conludersi ed al passaggio, a causa di un forsennato dimensionamento, delle istituzioni scolastiche autonome dalle 18mila degli anni 80, alle 10.211 dello scorso anno, fino alle 7.978 di quest’anno, cancellando solo in anno un quarto dei posti a dirigente delle scuole statali. Eppure le istituzioni scolastiche in Francia sono oltre 13mila ed in Inghilterra ben 23mila.
Il prossimo anno più di 5mila capi di istituto si troveranno a dirigere una scuola con una media di 1.500 alunni, di questi oltre 3mila di loro ne dirigereanno due, costretti a fare i burocrati ed a mettere in secondo piano le relazioni didattiche ed educative.
Solo in Italia il dirigente scolastico è titolare della contrattazione di istituto, oltre che responsabile della sicurezza dell’edificio e della privacy delle procedure amministrative, come il generale di una caserma militare.
Nelle scuole paritarie, invece, dopo la legge 62 una timida nascita dell’importante funzione del preside è rimasta congelata dai contratti di settore che lo hanno ridotto a semplice “coordinatore didattico”, mantenendo così una pratica tutta italiana di debolezza della autonomia professionale.
Forse, quando nel 2001 (in due coincidenti circostanze normative) si è rimodulata la figura del preside, divenuto, nello stato dopo quella data, “dirigente scolastico”, non si è approfondito a sufficienza la natura di questo compito, né sono stati sciolti i nodi che puntualmente si sono ripresentati, con la progressiva burocratizzazione della professione e l’assenza di potestà effettive e di uno staff di collaboratori, assieme ad un notevole abuso dell’istituto della reggenza.
La professione di dirigente scolastico ha assunto caratteri sempre più contraddittori: a fronte di sempre maggiori richieste e di norme sempre più invasive, l’identità professionale si è indebolita ed oggi vive uno stato di crisi. Burocrate o leader educativo? Datore di lavoro o guida di una comunità professionale?
2. In queste circostanze sempre più problematiche, moltissimi capi di istituto hanno diretto scuole in circostanze difficili, quando non avverse, sviluppando in tante situazioni responsabilità, condivisione e progettualità che hanno permesso (unitamente alla dedizione di molti insegnanti e impiegati) alla scuola italiana di reggere con dignità.
Ora è giunto il momento di ripensare la figura ed i compiti della direzione di scuola, considerata non più come periferia dello Stato, ma come vera impresa sociale, fondata su ragioni ideali, a servizio delle persone e delle proprie comunità.
Proprio di questo si discute nel 20° Convegno nazionale dell’Associazione dirigenti DiSAL sul tema appunto “Dirigenti scolastici, risorsa decisiva per il futuro delle scuole” dal 21 al 23 marzo a Tivoli Terme. Con la collaborazione, poi, della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, il confronto si allargherà alla dimensione europea, alla ricerca di suggerimenti per nuove prospettive in Italia.
Da molte parti, anche istituzionali, queste prospettive si dirigono verso un certo tecnicismo dilagante, una voglia di tecnocrazia e di fiducia salvifica nelle tecnologie. Senza nula togliere alla sfida epocale delle nuove tecnologie, questa prospettiva non appassiona i presidi di DiSAL, poiché sembra celare un vuoto di fiducia nel valore della persona, nelle sue motivazioni e nei significati che danno vigore al suo agire.
Curare e sostenere l’avventura della conoscenza e l’intrinseca dimensione educativa è invece il cuore del compito direttivo nelle scuole.
Secondo l’Agenzia Europea Euridyce (2010) si tratta di una professione “cruciale” per il futuro e per la qualità delle scuole in Europa; secondo l’assemblea Ocse (New York, marzo 2010) è urgente il recupero di una nuova identità, che corrisponda alle nuove attese delle comunità sociali.
È evidente in tutti i contesti europei che una buona direzione di scuole fa la differenza. Assieme ovviamente ad una preparazione adeguata, l’elemento cruciale di una identità adeguata è una visione chiara della propria “missione” e la conseguente capacità di coinvolgere la comunità professionale.
3. Alla delineazione di una nuova funzione direttiva debbono concorrere due fattori: un’identità e un chiaro soggetto cui rispondere.
L’identità dovrà essere quella di una guida della scuola dove il primato della cultura e della relazione educativa informi di sé tutti gli elementi organizzativi. Esattamente l’opposto dell’oggi che si manifesta, tra l’altro, in un particolare non di poco conto: diversamente dalla quasi totalità dei sistemi scolastici internazionali, al capo di istituto in Italia (tranne che nelle scuole paritarie) è vitetato un diretto e proporzionato rapporto con l’attività di insegnamento.
Occorre qundi avviare la delineazione di una nuova figura di direttore di istituto (o dirigente dell’educazione), guardando alla scuola come vera e propria “impresa sociale” e quindi sviluppando il compito direttivo più rivolto alle responsabilità da manifestare verso tutti i soggetti del territorio e della comunità locale che non verso l’apparato centrale dello Stato.
Il primo compito di chi dirige la scuola della sussidiarietà deve quindi diventare quello di collaborare a creare condizioni che favoriscano esperienze culturali ed educative ricche di significati per i giovani, capaci di suscitare motivazioni che preparano personalità in grado di entrare a pieno titolo nella vita attiva.
Ovviamente, nonostante le tristi e recenti polemiche sui contibuti delle famiglie alle scuole, polemiche che hanno visto l’Amministrazione centrale lanciare minacce non troppo velate ai dirigenti scolastici, è difficile immaginare qualsiasi nuovo percorso innovativo a prescindere dalla decisione di tornare ad investire sulle professioni della scuola e sulla scuola in generale, con scelte nuove che diano credito alle scuole autonome, alle comunità professionali, alle famiglie ed alle comunità locali alle quali le scuole appartengono.