Sui social è rimbalzato un articolo del quotidiano Domani pubblicato il 9 dicembre scorso dal titolo “Perché c’è ancora un presepe nell’atrio della nostra scuola?” di Anna Ferri.
L’autrice dell’articolo, oltre a evidenziare alcuni dati che mostrerebbero la disaffezione dei giovani rispetto all’ora di religione (che andrebbe abolita), definisce il nostro Paese “razzista” perché non terrebbe conto della presenza di altre religioni all’interno della scuola pubblica, e “spaventato” perché togliere il presepe mostrerebbe la paura di perdere la propria identità culturale. In sintesi, l’articolo dipinge un Paese culturalmente debole, razzista e sempre più impaurito dalla presenza di altre identità religiose o atee.
Dopo la lettura, ho pensato fosse necessario rispondere per ribaltare alcuni punti che sono evidentemente dettati da un’ideologia di fondo.
Pensare che l’albero di Natale e i regali non siano simboli come il presepe è già segno di una profonda ignoranza. L’abete da sempre rappresenta il simbolo di quel legno sempre verde che non muore nella stagione fredda invernale, segno di morte e resurrezione di Cristo; come gli stessi regali, segno del grande regalo di Dio fatto agli uomini, Dio fattosi carne per mostrare a tutti che la vita non finisce con la morte. Il più grande regalo che qualcuno possa farci è proprio l’annuncio di Natale di Colui che porta speranza agli uomini, una promessa che ben è ripresa dalla famosa frase di Chiara Corbella “Siamo nati e non moriremo mai più”.
Già riprendere questi simboli, di cui è piena la nostra storia, basterebbe per capire quanto è importante una materia come l’insegnamento della religione a scuola per recuperare e valorizzare un patrimonio culturale a rischio, ma l’accusa pesante di razzismo da parte dell’autrice dell’articolo necessita di un approfondimento. L’Italia sarebbe un paese razzista perché, proponendo il presepe a scuola, non desidera andare incontro all’identità dell’altro.
Qualcuno però dovrebbe spiegare se esiste un’altra società o cultura al mondo con una vocazione interculturale e di accoglienza del diverso come quella cristiana. Leggendo la storia di Cristo, si scoprirà che, diventato grande, dirà frasi rimaste scolpite nella storia dell’uomo e che segnano il nostro presente: “ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,34-36).
L’accoglienza del diverso, dell’altro, dove è radicata e sostenuta nel mondo, in Cina o in India? Nella maggioranza del mondo islamico? Nelle dittature ateo-comuniste? In tutti questi Paesi o culture, le minoranze sono perseguitate, le donne sono represse e i diritti dello straniero quasi non esistono.
In Francia, tra i vari provvedimenti laicisti che hanno tentato di ridurre la religione alla sfera privata, il divieto di simboli religiosi in ambito pubblico ha portato gli stranieri di prima e seconda generazione a non sentirsi pienamente liberi, portando il Paese ad essere uno dei terreni più fertili del fondamentalismo islamico e con il numero di attacchi ad ebrei e cristiani più alto tra i Paesi europei.
Per essere ancor più chiari. Non esiste vera accoglienza senza i valori cristiani e la rete di strutture di assistenza cristiane sparse in tutta Italia ci dice esattamente questo: è un’accoglienza che non guarda alla religione di chi viene assistito ma vede nel diverso, nello straniero, nell’affamato, nel povero, Cristo stesso.
Non siamo un Paese spaventato o statico, come afferma Anna Ferri nel suo articolo, siamo un Paese che ha profonde radici cristiane con una cultura, una storia e una tradizione invidiata da tutto il mondo.
Tra le righe dell’articolo si capisce che l’alternativa proposta è una identità fluida che nessuno riesce a definire, che non ha punti di riferimento certi, in cui, per esempio, un uomo non può parlare di aborto perché non ha l’utero, ma che è legittimato a sentirsi uomo o donna a giorni alterni proprio in nome di una fluidità accogliente (e con poco riguardo al cortocircuito del pensiero) e di una ideologia (woke, politically correct o altro) per cui tutto è permesso tranne l’espressione pubblica di una fede o tradizione come il Natale, perché considerata il male di tutti i mali.
Nell’articolo vengono sbandierati dati crescenti sui giovani che decidono di non frequentare l’ora di religione per chiederne l’abolizione, ma non è proprio la possibilità di scelta di quella materia una dimostrazione della grande libertà? Se c’è una possibilità di scelta, perché abolirla?
Per esperienza, posso dire che si tratta già di un’ora frequentata da tanti ragazzi non credenti e non battezzati, un’ora di dialogo e confronto libero senza nessun tipo di indottrinamento che favorisce l’integrazione molto più di altri sermoni laicisti tipici dell’educazione civica.
Genitori e insegnanti che vogliono il presepe a scuola non sono razzisti e poco inclusivi, semplicemente vivono la loro cultura come un valore che apre all’altro, non che esclude, esattamente quello che rappresenta la storia di Cristo e del Natale. Solo che i “tolleranti” (laicisti) non riescono proprio a sopportarlo, e preferirebbero togliere la libertà agli altri pur di non vedere quel Bambino che ha cambiato la storia del mondo all’interno della scuola pubblica. Il giorno dopo la sua nascita, il potere e l’ideologia di turno lo volevano già eliminare, proprio come oggi.
Alla fine ci sono anche riusciti, ma dopo duemila anni siamo qui ancora a parlare di Lui, della sua vittoria sulla morte e della sua nascita come regalo.
La rivoluzione dell’amore cristiano che ha cambiato il mondo l’aveva colta anche un anarchico e non credente come Fabrizio De André, che ne parla in tante sue canzoni, in particolare una, dal titolo “Si chiamava Gesù”: “Ma inumano è pur sempre l’amore/ Di chi rantola senza rancore/ Perdonando con l’ultima voce/ Chi lo uccide fra le braccia di una croce”.
Un amore che eccede la misura della scala umana, un amore in-umano (per i cristiani, divino) anche per chi è diverso, anche per chi lo stava uccidendo.
Se ne faccia una ragione anche chi vuole sostituire quel bambino col nulla; quel bambino è venuto anche per loro e li ha già perdonati, accolti e amati. Il problema è che ancora non lo hanno incontrato. Buon Natale a tutti, nessuno escluso.
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