Ho sempre apprezzato ed apprezzo il professor Bertagna per la sua concretezza ed autenticità, come quando fa la storia della scuola negli ultimi 30 anni, quando problematizza i fallimenti delle riforme tentate, quando indica le direzioni di sviluppo, sempre in rapporto alle realtà concrete dell’Europa e del mondo industriale moderno.
Ma il suo articolo sulle 8 precondizioni necessarie per ridurre di un anno le scuole statali superiori mi ha annichilito. Bertagna elenca otto precondizioni indispensabili, ognuna delle quali si articola in numerosi sottoprocessi che costituirebbero ciascuno una rivoluzione nella palude dell’attuale scuola e Stato italiani.
Dunque se poniamo 8 precondizioni, ciascuna delle quali richiama mediamente 3 o 4 rivoluzioni culturali ed organizzative, scopriamo che ci vuole una trentina di rivoluzioni per fare una riforma! Nel quadro attuale significa lasciar perdere la riforma. Strana questa presa di posizione. Proprio adesso che santa crisi ha messo con le spalle al muro il partito unico della spesa pubblica obbligandolo a rivedere almeno i lussi che non ci possiamo più permettere, un docente sapiente ed esperto come Bertagna mette una sfilza di paletti insormontabili.
Mi sarei aspettato invece una serie di indicazioni semplici per attivare rapidissimamente la riduzione del curricolo gigante e anomalo di 13 anni ed anche indicazioni per la riduzione del gigantismo dei curricoli annuali che in Italia si aggirano sulle 1000 ore a fronte della media Ocse di 750.
Mi sarei aspettato che un esperto come Bertagna dicesse: lasciamo tutte le risorse storiche di docenza alle scuole, stabiliamo il curricolo essenziale (es. 500 ore per 12 anni) e poi facciamo nascere una totale libertà di sperimentazione autonoma degli istituti scolastici statali con 250 ore annue di attività opzionali obbligatorie a cui aggiungere nell’offerta le opzionali facoltative.
Tutte riduzioni fattibili, che una volta attuate agirebbero potentemente sul clima della scuola, sullo stato d’animo di docenti, alunni e famiglie ridando un minimo di credibilità agli ormai totalmente screditati progetti di riforma che non hanno mai cambiato niente.
Non serve creare un clima generale di instabilità e di fibrillazione come per decenni è avvenuto… invano. Al contrario bisognerebbe lasciare, senza demonizzarlo e mantenedolo ben quantificato, il lavoro tradizionale a classe intera affiancandogli il lavoro mirato e le procedure dell’imparare facendo e della relazione scuola-ambiente-lavoro.
Ma gradualmente e con quantità ben definite. Ad esempio portando le ore di lezione a 45 minuti si ridurrebbe subito di 1/4 l’impatto del lavoro a classe intera ed ogni docente avrebbe 4,5 ore settimanali a disposizione per attività mirate di recupero, di integrazione, di tutoraggio, ecc.
Si creerebbero così gli spazi per una evoluzione controllabile e sopportabile del sistema scolastico, dell’organizzazione degli istituti, del lavoro docente e delle mentalità tradizionali che operano, anche se ormai stancamente, in alunni e famiglie.
Francamente non capisco questa “spinta frenante” delle 8 enormi precondizioni.
Non capisco inoltre come mai non sia nemmeno iniziata l’analisi delle 8 sperimentazioni già approvate dal ministero e di cui è impossibile trovare il testo. Io ho cercato invano, rivolgendomi a conoscenti con contatti anche a livelli elevati della pubblica amministrazione e del sindacato, di conoscere il testo delle richieste di sperimentazione approvate. In particolare sarebbe interessante sapere come nelle quattro scuole di Stato coinvolte sia trattato il monte ore del quinquennio pari a circa 5000 ore e come, e se, sia spalmato nei 4 anni.
Questo perché l’uniformità delle ore di lavoro a classe intera è l’ultima spiaggia della pseudo uniformità del sistema scolastico e del lavoro ministeriale.
Le autorità centrali, assolutamente incapaci di incidere nei processi formativi della scuola visto l’abbandono di ogni ruolo dirigente reale sul piano organizzativo, hanno fatto del numero di ore annue e del numero di anni i bastioni finali dell’autorità scolastica e dei criteri di valutazione del lavoro delle scuole.
Solo santa crisi induce oggi lo Stato a ridurre i curricoli ma controvoglia e senza forza reale di cambiamento consapevole e guidato.
Il mistero avvolge dunque gli 8 progetti già autorizzati e nessuno ne parla, nessuno li svela. Professor Bertagna, perché non lo fa lei?