La manifestazione organizzata dal Pd per festeggiare i primi 365 giorni di governo ha avuto come centro di attenzione la scuola. Chi come noi ha scelto di dedicare la sua vita professionale all’appassionante avventura dell’educazione non può che aver apprezzato questa scelta, un apprezzamento misto all’attesa, dato che sono in dirittura di arrivo il dl e il ddl delega che daranno forma alla consultazione su la “Buona Scuola”. Ma è un’attesa piena di preoccupazione, poiché i segnali e le indiscrezioni di questi giorni stanno via via confermando un’impressione evidenziata fin dal lancio della consultazione: di fatto di scuola paritaria e/o iniziative che puntino ad una suo consolidamento nell’ambito del sistema scolastico italiano, che è unico — come ha sancito la legge 62/2000 —, non si parla. Proprio nei giorni scorsi la Fidae ha pubblicato, in questo senso, un significativo comunicato dal titolo “Un ingiustificato e inaccettabile silenzio”.
L’intervento del ministro Giannini ha toccato alcuni dei temi considerati fondamentali per il cambiamento e in particolare: precariato ed assunzioni, merito, autovalutazione, scuola digitale, ma nel suo intervento non una parola, a differenza di qualche mese fa, sul ruolo importante della scuola paritaria e sulla necessità di una sua pari dignità nel nostro sistema scolastico.
Gli altri temi — apprezzabilissimi — che saranno oggetto di attenzione, come sappiamo, saranno l’integrazione linguistica e culturale per gli studenti figli di immigrati, organico funzionale, aggiornamento professionale, valutazione della carriera insegnanti, edilizia scolastica per avere scuole “nuove, sicure e belle”. Ancora non si mette neanche un sottotitolo che ricordi il ruolo della scuola paritaria: dimenticanza o scelta?
Lo stesso intervento del presidente Renzi ha messo in evidenza temi e volontà apprezzabili che prendono spunto da quanto — sicuramente più che condivisibile — espresso nei giorni scorsi ossia “la volontà di riottenere qualificazione sociale attraverso formazione ed istruzione, quali capisaldi per un cambiamento non più rimandabile”. La rivoluzione che Renzi vuole nella scuola punta, come dice, a “discutere dell’Italia che vogliamo nei prossimi 30 anni” e se questo è vero, perché le rivoluzioni hanno effetti di lungo periodo, ci preoccupa ancora di più poiché “sembra” le paritarie non siano tra i convitati, pur avendone pieno diritto dopo la legge 62/2000.
Ci si chiede, allora, a cosa si ispira l’auspicata rivoluzione di cui la scuola ha sicuramente bisogno: al miglioramento della scuola statale o al miglioramento del sistema di istruzione?
Se, come sembra, non si punterà ad avere una visione globale del sistema, queste scelte potranno essere anche ottimali, ma con ripercussioni negative sul settore paritario, come l’assunzione dei 150mila precari, che il dibattito di questi giorni mette in evidenza.
Abbiamo cercato in questi anni di dare il nostro contributo tanto che dal 2009, con una ricerca (Scegliere la Scuola. Vantaggi e costi di scelta delle famiglie) fino alla recente pubblicazione del libro S.O.S. Educazione, abbiamo fornito dati e prospettive di una modalità diversa per affrontare le modifiche di un sistema che tenesse conto di tutte le sue componenti con pari dignità, per arrivare ad una proposta di sperimentazione di una nuova organizzazione del sistema basato sulla piena autonomia delle istituzioni scolastiche, ma sono sembrate parole lanciate nel vuoto. Negli ultimi mesi sembra che per il mondo politico “paritaria” sia un sinonimo di “orticaria” e solo il parlarne produce pruriti sgradevoli.
Una rivoluzione che non tenga conto del settore paritario sarebbe una rivoluzione monca che ci allontanerebbe dall’Europa. Blair e Cameron hanno avuto lungimiranza e puntando con continuità, pur di parti politiche avverse, sulla piena autonomia delle istituzioni scolastiche pubbliche e private (con le Academies) hanno ottenuto ottimi risultati, ma noi?
Dove sono le forze politiche facenti parte di questo governo che in campagna elettorale hanno fatto della scuola paritaria un loro manifesto politico? Forse è ora che battano un forte colpo, non per la difesa di un interesse di parte, ma nell’interesse del nostro paese e del suo futuro.