Adolescenti vittime della noia e dell'alcol, desiderosi di una compagnia che non c'è. Sono quelli che emergono dal ritratto di Alessandra Di Pietro nel suo ultimo libro. CARLO BELLIENI
“Gli adolescenti di oggi, rispetto alle generazioni nate negli anni Sessanta e Settanta, hanno perduto il senso dell’alcol come trasgressione. Di fronte a genitori permissivi e un’economia della notte costruita ad hoc, eccedere rappresenta una risposta al bisogno di protagonismo e di riconoscimento di una generazione a rischio di invisibilità”.
E’ un giudizio tranchant e imponente che cogliamo dal libro di Alessandra di Pietro Il gioco della Bottiglia (Add editore), che consigliamo per capire non tanto il dilagare del fenomeno-alcol quanto il cadere e decadere della gioventù occidentale. Certo, spiega saggiamente la Di Pietro, c’è un 44% dei giovani adolescenti che nell’ultimo mese non ha bevuto, ma oggi quanti stanno lontani dall’alcol? Quanti supermercati o birrerie stanno attenti a non vendere alcolici a chi non deve comprarli? E quanti ormai bevono non per trasgressione (fattore sociale fisiologico della adolescenza) ma per noia?
“Tra gli under 18 beve il 21,5% dei maschi e il 17,3 delle femmine, un ventenne su tre per socializzare eccede con la bottiglia mentre il binge drinking — che è poi questo trangugiare alcol in modo veloce e in grande quantità per farlo salire subito alla testa — è un’esperienza che interessa il 14,5% dei giovani”, spiega la Di Pietro. Sembra non essere aumentato il consumo negli ultimi anni, ma quello che colpisce è la motivazione: non la trasgressione ma la noia. Insomma la storia disegna con il pennello intinto in una bottiglia di vodka una generazione annoiata: l’alcol è la cartina al tornasole della noia, ma certo non è il solo, perché esistono altri ben noti modi per farsi del male. E’ moda la “roulette russa dei farmaci”, cioè i ragazzi prendono a caso le medicine che trovano in casa e fanno feste per ingurgitarsele a caso, ha riportato il Tgcom del 30 marzo scorso; oppure — incredibile, ma così viene riportato — addirittura uno pseudovampirismo che preoccupava pediatri e psicologi in occasione dell’XI corso di aggiornamento in “Adolescentologia” (Genova, 2014). “C’è proprio un’emulazione dei vampiri ed esiste addirittura — ha spiegato al Tg24 lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Federico Bianchi — una categoria di giovani donatori e una di giovani bevitori”.
Ma senza arrivare a questi fenomeni di nicchia, non è certo un segreto il diffondersi del gioco d’azzardo, della droga, dell’annullamento dei contatti sociali per via dei nuovi media che dovevano avvicinare le persone e invece rendono superfluo l’incontro vero a vantaggio di quello virtuale e solitario. Certo tanti non si drogano, non bevono fino a vomitare, non fanno stranezze autolesive; ma tanti lo fanno e tra quelli che non lo fanno, le motivazioni e le ragioni per non farlo sono fragili, sono sotto assedio: la noia impera, prende piede, si diffonde, come il “mondo del nulla” nel romanzo di Michael Ende La Storia Infinita.
Che dire? Solo una domanda: è questa la generazione che dovrebbe far fronte all’Isis? E sono questi sono i valori occidentali che l’Europa vuole difendere? Il fatto è che, come spiega la di Pietro nel suo libro, c’è una bella percentuale di giovani che non sono morti nel cervello e sono impegnati nell’intento di costruire, ma non ne parla nessuno; non fanno share. Viene allora di fare un inno alla sana bevuta di vino o di whisky, perché c’è del bene — e tanto — nel bere tra amici, e anche nel vedere degli adolescenti trasgredire, fare sciocchezze perché la loro è l’età delle sciocchezze; ma c’è da inorridire nel vedere che non c’è un padre in grado di accompagnarli e sanzionarle; e che alla fine le sciocchezze si ripetono proprio per invitare con ansia un padre che sia un padre a intervenire, ad arginare, “ad aiutarmi, a rimproverarmi, ad amarmi”, sembra di sentir dire (perché le sciocchezze uno le fa per cercare qualcuno, difficilmente le fa da solo senza che nessuno le sappia); invece il padre — cioè un riferimento culturale, storico, incontrabile, magari criticabile e aggirabile ma presente — non arriva, e allora le sciocchezze si ripetono automaticamente, si ripetono per noia, e diventano un baratro.
Quale Europa e quale Italia affrontano e con che valori il terrorismo, il fanatismo, l’arrivo di masse di popoli in tragitto attraverso il mondo? Il bene che potrebbe accogliere questi ultimi o arginare i primi viene soffocato dall’indulgenza verso un mondo di noia mortale, che sarà la causa della fine dell’Occidente — salvo qualche isola superstite neo-benedettina —, se l’Occidente non saprà salvare se stesso dai labari e dai corifei della sua cultura debole e parolaia.
