SCUOLA/ 900mila intoccabili a vita. Senz’altro la didattica ci guadagna (e i giovani anche)
Il licenziamento nel pubblico impiego non è disciplinato dalla legge Fornero ma dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Lo ha detto ieri la Cassazione. Avevate dubbi? MAX FERRARIO

A novembre 2015 la Cassazione chiarì che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori si applica ai dipendenti pubblici anche nella versione modificata nel 2012 dalla Riforma Fornero. E’ chiaro in questo senso l’articolo 51, comma 2, del Testo Unico sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (decreto legislativo 165/2001): “La legge 20 maggio 1970 n.300 e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”.
Quella sentenza agitò non poco i dipendenti pubblici, tanto da convincere il Governo a promettere un intervento normativo chiarificatore (intervento che però non si è ancora visto).
Ora, con nuova sentenza, la Cassazione smentisce se stessa e rassicura il Governo: la versione dell’articolo 18 che si applica ai lavoratori pubblici è quella previgente alle modifiche del 2012. Questa nuova pronuncia è anche un indiretto intervento nell’animato dibattito sulla applicabilità o meno del Jobs Act alla pubblica amministrazione. In questo caso la norma è decisamente meno chiara che nel caso oggetto di sentenza; difficile immaginare che gli stessi giudici che escludono l’applicazione della legge 92/2012 possano prevedere la validità del contratto cosiddetto a tutele crescenti.
Permane quindi il più discriminante dei dualismi del nostro mercato del lavoro, quello tra lavoratori privati e pubblici. Possono stare tranquilli i tanti docenti entrati nella scuola grazie al concorsone, anche se in molti casi poco aggiornati e ben poco coscienti della complessità del mercato del lavoro nel quale entreranno i loro alunni: il loro posto è davvero “a vita”, nessuno potrà licenziarli. Non solo per impossibilità del motivo economico (la scuola di Stato, non autonoma e non in competizione, per definizione non fallisce…), ma anche per inapplicabilità del motivo disciplinare o dello scarso rendimento.
Ma siamo sicuri che la qualità della didattica e l’attenzione agli studenti sarebbero peggiori qualora il docente sapesse che la sua valutazione può arrivare fino al licenziamento?
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