Caro direttore,
leggo attentamente l’intervista alla prof. Gavazzi, preside dell’Iis “Martino Bassi” di Seregno, che si appresta a sperimentare il diploma in 4 anni. Si pubblica il quadro orario settimanale delle lezioni. E vado a controllare.
Le ore settimanali calendarizzate sono 40. Nei corsi del quinquennio attuale le ore sono invece 32. 32 per 5 fa 160. Anche 40 per 4 fa 160. Ed allora prendere il diploma in 4 anni anziché in 5, se le ore totali sono uguali, è perfettamente equo e rispettoso del famoso decreto DPR 275/1999. Quel decreto stabiliva e stabilisce che ci siano ampi margini nello svolgimento locale del curricolo purché sia rispettato il volume totale in ore.
Così gli istituti sperimentano il diploma in 4 anni facendo finta di rispettare la legge. E così anche il Miur, che ormai sembra deciso a cambiare rotta, accetta le sperimentazioni facendo finta di non rigettare trent’anni della filosofia che ci ha portato al curricolo più gravoso d’Europa.
L’anno prossimo saranno cento classi, una su 200, ad iniziare il percorso accorciato. Sperimenteranno i percorsi brevi. Tutto normale, non cambia niente, sembra dire il ministero. Ma non è vero. Infatti le ore sono diventate di 45 minuti. 40 ore settimanali di 45 minuti vuol dire in realtà 30 ore settimanali, quindi meno delle 32 svolte nei percorsi attuali di 5 anni. Se il ministero non avesse in animo una reale riduzione generalizzata dei curricoli non ammetterebbe questa scorciatoia che sarebbe più corretto chiamare finzione. Il punto è che in Europa il diploma si prende in 4 anni e le ore settimanali sono intorno alle 800 annue e quindi meno delle 1000 ore vigenti mediamente da noi. E le scuole italiane all’estero, per sopravvivere, devono già praticare il quadriennio con le ore di 45 minuti.
C’è una spinta enorme per la riduzione del curricolo, ma questa spinta genera da noi un dramma apparentemente insolubile. “Apparentemente” perché sarebbe solubilissimo usando… la sincerità. Riconoscendo che il nostro curricolo è abnorme e dannoso oltre che costoso. Che per trent’anni abbiamo perseguito mete fasulle, incuranti dei risultati ma capaci di generare surplus di posti statali.
La sincerità consentirebbe di ripartire su basi solide, senza licenziare nessuno, solo separando finalmente il curricolo obbligatorio a classe intera, uguale in tutta Italia, dalle attività opzionali variabili da istituto ad istituto e da alunno ad alunno.
Sarebbe la via semplice per invertire il disastro attuale dovuto, tra l’altro, alle enormi differenze di livello che convivono ormai negli alunni di una stessa classe in qualunque ordine e grado dell’istruzione.
Ma ancora, e non solo nella scuola, la sincerità non riesce ad entrare nei nostri orizzonti. E’ bravo chi promette, chi dice che darà di più. Ma alla fine abbiamo tutti meno. Anche meno onore e dignità.