Oggi vi sarà un bel funerale, quello della terza prova di questa Maturità 2018. Non è una bella notizia per gli studenti e le studentesse che la devono affrontare per l’ultima volta: sembra infatti di dover svolgere una prova che non ha un grande valore, tant’è vero che il Miur ha deciso di sopprimerla, come sarà soppressa anche la tesina. Di fronte a queste decisioni bisognerà farsi qualche domanda. Infatti o ci troviamo di fronte a un fallimento, oppure stiamo portando la scuola verso una situazione quanto mai paludosa.
Per questo bisogna dare un giudizio su quanto si sta facendo da vent’anni per trovare la strada giusta di un esame che altrimenti sarebbe sempre più in balia delle mode del momento. Si toglie la terza prova per sostituirla con le prove Invalsi? Al posto della tesina ci sarà la relazione sull’alternanza scuola-lavoro? Come minimo si deve dire che chi sta ripensando gli esami di Stato ha le idee molto confuse. Bisognerebbe invece avere il coraggio di bloccare questi strani e intempestivi funerali per pensare ad una riforma complessiva dell’esame di “maturità”. Non tutto è stato così negativo, anzi bisogna riconoscere che vi sono degli elementi positivi in questo esame, come ad esempio la tesina, ma soprattutto, per cambiare l’esame in modo sensato, bisogna chiedersi che valore ha oggi quest’esame. Fatta questa riflessione potremo cambiare, ma non prima di averla fatta. E determinante sarà creare le condizioni perché si posa verificare non ciò che gli studenti sanno ma come lo sanno. Qui sta il valore smarrito dell’esame, ridotto oggi ad una somma di numeri, mentre dovrebbe essere un confronto critico da cui emerga la personalizzazione del sapere.
Vi è un lavoro serio da fare per proporre dei cambiamenti che portino ad una valutazione finalmente delle capacità critiche. Ma è un lavoro che va cominciato al più presto.
Ai ragazzi e alle ragazze che affronteranno la terza prova comunque una cosa va detta, che stanno affrontando una prova importante in cui possono impegnare le loro capacità critiche. Anche se la prova non ci sarà più, nondimeno questi maturandi dovranno affrontarla; dovranno “esserci”, dove esserci indica una prospettiva di impegno con quello che si va a fare, un impegno dell’io per trovare qualcosa che valga. Per esserci bisogna demolire alcune pregiudiziali che rendono l’esame una pratica da chiudere al più presto senza rischiare nulla. E’ questo il pericolo in cui incorrono soprattutto gli insegnanti, che all’esame vanno con la preoccupazione delle regole da eseguire senza errori od omissioni. Così che di fatto ciò che diventa importante è la cura burocratica delle procedure. Invece il rischio degli studenti è quello di affrontare l’esame con il loro bagaglio di sapere, senza che con l’esame c’entri l’umano. Si deve sfondare questa barriera che riduce l’esame ad una pratica da sbrigare, per farlo diventare occasione di esserci — anche rispondendo alle domande, belle oppure asfittiche, di una prova che non ci sarà più. Solo così gli studenti non andranno ad un funerale ma dimostreranno a chi vuol fare le riforme che il perno di ogni cambiamento è la capacità di critica e di personalizzazione, la forza e il coraggio di essere protagonisti.