Le candidature alle prossime regionali svelano l’alto tasso di condizionamenti e litigiosità del centrosinistra. La leadership di Schlein non si impone
Il percorso verso le prossime elezioni regionali sta diventando un vero e proprio campo minato per il centrosinistra, il cui sogno di creare un’alleanza a livello nazionale (il campo largo) che possa rappresentare un’alternativa al centrodestra rischia di rimanere tale.
Infatti non c’è praticamente una regione di quelle chiamate al voto nel prossimo autunno in cui non siano emersi contrasti e divisioni, sia all’interno del Pd e sia nel loro rapporto con il principale alleato, i 5 Stelle.
In Campania lo sceriffo di Salerno, Vincenzo De Luca, attuale governatore, per mesi ha tenuto sotto scacco la Schlein e tutto il partito, in cambio del suo via libera alla candidatura di Roberto Fico. E la segretaria che aveva iniziato il suo mandato al Nazareno proprio con l’impegno di eliminare cacicchi e capibastone locali, ora deve abbozzare a quello che di essi è sicuramente il più autorevole rappresentante.
Secondo le ultime indiscrezioni, avrebbe accettato di concedere al figlio di De Luca la segreteria del partito in Campania. E ciò malgrado lo stesso uomo di Schlein, l’eurodeputato Sandro Ruotolo, mandato in Campania a fare ordine nel partito qualche mese fa, abbia osteggiato fino alla fine questa iniziativa.
Insomma una sconfessione quasi totale della volontà del Nazareno di fare pulizia in un partito locale sfuggito ormai al controllo della direzione nazionale. Un sacrificio sull’altare di un accordo con il suo alleato/rivale Giuseppe Conte, che per molti, all’interno del PD, ha assunto ormai più i contorni di una resa totale.
In Toscana Eugenio Giani, attuale presidente del Pd, è stato ricandidato contro la volontà di mezza direzione del partito, che non è riuscito a trovare di meglio e si è dovuto adeguare al volere della base toscana.
E poi ci sono le Marche, dove Matteo Ricci, scalfito dalle inchieste della magistratura, ha avuto il via libera da Giuseppe Conte, sub judice, solo dopo un’attenta analisi delle carte processuali.
Per non parlare della Puglia, dove Antonio Decaro, da mesi con le stimmate del candidato prescelto – a proposito: se sia lui che Ricci sapevano da tempo di essere candidati nelle Marche e in Puglia, perché ingannare gli elettori e candidarsi ambedue alle europee? – deve ancora sciogliere la riserva, perché non vuole finire rosolato in consiglio regionale dalla presenza oltremodo ingombrante dei due presidenti regionali degli ultimi vent’anni, Emiliano e Vendola.
Ebbene anche qui la segretaria dem non riesce ancora ad uscire dall’impasse e la cosa sta assumendo contorni paradossali, in una regione dove il centrosinistra non dovrebbe avere eccessivi problemi a riconquistare il potere.
Come se non bastasse, a turbare i sonni già non particolarmente tranquilli di Elly Schlein ora ci si mettono anche gli “amici” di Alleanza verdi-sinistra. A fare la voce grossa ci hanno pensato Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, stufi evidentemente di essere trattati come i parenti poveri della coalizione.
Il casus belli è stata la decisione di candidare in Calabria – dove si voterà il 5 e il 6 ottobre prossimi – il grillino Pasquale Tridico. Particolarmente duro come forse mai prima d’ora è stato soprattutto Fratoianni, che ha già chiesto un chiarimento agli alleati in vista delle prossime politiche. “Così non può funzionare. Non vorrei che questa dinamica tra loro (Pd e M5s, ndr) tradisca la volontà di ridurre gli spazi di visibilità di Avs, ma soprattutto di non tenere in considerazione le nostre idee e proposte. È chiaro che questo non è il modo migliore per costruire una coalizione equilibrata e, quindi, più solida”, ha avvertito Fratoianni parlando con La Stampa.
“Non credo che Elly ci dia per scontati, anche perché sarebbe un grosso errore”, ha aggiunto, sottolineando che “noi siamo sempre stati unitari, forse i più unitari” e che il problema è “il metodo, che va cambiato”. “Alla lunga uno si scoccia”, ha detto ancora il leader di Sinistra italiana, per il quale, passate le regionali, “con gli alleati dovremo chiarirci”.
Mentre Bonelli dei verdi ha detto al Corriere della Sera che Avs ha appoggiato la scelta compiuta in Calabria, nonostante avesse un suo nome (quello di Mimmo Lucano, ovviamente, eurodeputato pure lui), e che però adesso anche loro hanno tutto il diritto di rivendicare un maggiore spazio, in considerazione del loro peso elettorale; in occasione, per esempio, delle prossime amministrative in città importanti. “A Venezia, a Torino, in altre città siamo nella condizione di esprimere personalità”. “Segnalo al Pd, partito di maggioranza ‘relativa’, di prestare attenzione al fatto che l’alleanza non si può costruire solo con la dualità Pd-M5s”.
Insomma, anche i duri e puri “idealisti” di Avs, capita l’antifona, vogliono il loro pezzetto di “paradiso”. Nel frattempo, il campo largo perde un pezzo al centro: Carlo Calenda, leader di Azione, ha già fatto sapere, infatti, di non essere disponibile a nessun accordo elettorale con liste in cui siano presenti elementi dei 5 Stelle. Come ha detto l’ex ministro in un lungo post, “Azione non sosterrà candidati del Pd che si piegano ai programmi imposti dai 5 Stelle”.
Davvero per Schlein c’è ancora molto lavoro da fare e non basterà affatto vincere in regioni importanti per ambire al successo nel 2027.
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