Sono l’unica a lottare contro le due corazzate di destra e sinistra, ha chiosato in due secondi la Raggi, ormai fuori dai giochi. Doveva usare l’imperfetto, “ero”, perché les jeux, a Roma, sont faits, per lei. Il crollo del ponte dell’Industria è stato il culmine di un governo presuntuoso e inefficiente, con la scelta di pessimi collaboratori, peraltro volatilizzatisi uno ad uno. Evocare il complotto anche per l’incendio del Ponte di Ferro è l’ennesima scusante ormai ritrita che tanti non sopportano più. Dai cinghiali alla monnezza, è sempre colpa di qualcun altro. E Roma è sporca, degradata, fiaccata, con cantieri aperti in fretta e furia in campagna elettorale per dimostrare un attivismo senza strategia e futuro.
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Però la Raggi non parla a caso, e si prepara a un ruolo politico promessole dal Gran Burattinaio e di fatto strappato con energia indubbia ad altri. È così, lei è l’unica del M5s se non a vincere, perlomeno a fare incetta di voti, e non pochi, incredibilmente. Nelle periferie lei conta eccome, a Ostia è un idolo, la sua battaglia contro Spada e sodali ha pagato, e giustamente.
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Dunque, Virginia si sposta su altri lidi, a dar fastidio a Giuseppe Conte. E Roma resta in balia di un bipolarismo con risultati davvero imprevedibili. L’onda montante darebbe la vittoria al Pd, anche qui. E se valgono gli apparentamenti, e Conte l’ha fatto da tempo, la somma di Pd e M5s offre la bandiera all’ex ministro dell’Economia spostato a contendere la palma di primo cittadino della capitale. Letta l’ha auspicato e quindi affermato nei primi commenti: a lui sembra un’unione “naturale”, noi consideriamo stupefacente il trasformismo dei democristiani.
Però, sei due contendenti non sono personalità, e il più politico dei candidati ha perso, cioè Calenda, non è ancor certo che le somme dei voti suoi e della Raggi si fiondino su Gualtieri. “Michetti chi” è andato meglio delle previsioni, non è Bernardo, si licet, va sul concreto: con l’accozzaglia litigiosa e autolesionista che ha finto di sostenerlo, ha fatto meraviglie. Il centrodestra è totalmente responsabile delle sue débâcles, e già andare al ballottaggio in queste condizioni è un risultato. Soprattutto, Raggi e Calenda non hanno un sostegno ideologico. Ce la si gioca, insomma. E può darsi che il ricordo di Virgy sia così indigesto per alcuni da non amare che l’ex partito del popolo si unisca ai “cittadini” residui.
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Aspettiamo dunque, sperando che il peggio non debba ancora venire, per una capitale stanca e disillusa, come dimostra la scarsa affluenza elettorale. Come se non ci fosse speranza. Non a caso i giovani se ne vanno e i vecchi sospirano. Rassegnati gli ungulati come per secoli lo sono state le pecore che pascolavano al Colosseo. Hanno già visto tutto, furti, corruzione, incuria, attraversamenti di eserciti e banditori di sogni. Ci sono ancora, non ci si fa neanche più caso.
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