Quando il premier spagnolo Pedro Sánchez, dopo la clamorosa batosta elettorale subita alle amministrative, ha deciso di dimettersi e di indire nuove elezioni per il 23 luglio, tra i suoi intenti c’era quello certamente di mettere in difficoltà i Popolari. Perché se è vero che il partito popolare spagnolo ha stravinto le elezioni amministrative, strappando al Psoe anche roccaforti storiche come Valencia e Siviglia, è anche vero che per governare in moltissime di queste regioni e comuni ha bisogno del voto di Vox, il partito di destra guidato da Santiago Abascal, che al parlamento europeo è nel gruppo dell’Ecr, di cui è presidente Giorgia Meloni.
Il premier spagnolo, considerato ormai uno degli ultimi paladini della sinistra europea, Pd in testa (Elly Schlein, all’indomani della sua vittoria alle primarie, corse a Bruxelles ad omaggiare proprio il leader socialista), ha certamente in testa non solo il suo destino, dal momento che sono molti i dirigenti socialisti che vorrebbero un cambio di leadership, ma soprattutto quello del suo partito, in vista anche delle importantissime elezioni europee. Perché è indubbio che uno dei gravi errori commessi da Sánchez è stato quello di cercar di seguire alla lettera le indicazioni delle grandi cancellerie europee e della Commissione di Bruxelles (basti pensare alla riforma sul lavoro o alla questione dei migranti) per guadagnare maggiore consenso a livello internazionale. Ma adesso la sua netta sconfitta non può che preoccupare ulteriormente una sinistra europea sempre più smarrita e senza una linea politica, dopo lo scandalo Qatargate e le sconfitte subite alle ultime elezioni, prima in Italia, poi in Svezia, Finlandia, Bulgaria e Grecia.
Sánchez ha scelto di anticipare le urne con l’obiettivo di dare meno tempo possibile ai popolari per gestire il loro vantaggio sui socialisti e pensare a come comportarsi appunto con le loro alleanze, soprattutto quella con Vox, che alle amministrative ha raddoppiato i suoi voti e dimostra di essere forza imprescindibile per i popolari per poter governare anche a livello nazionale. Non è un caso se Abascal ha subito avvertito, a poche ore dal risultato elettorale, il segretario dei popolari Alberto Núñez Feijóo che occorre parlarsi in maniera franca e chiara da subito, senza fare come nel 2019, quando Vox offrì il proprio appoggio ai popolari senza entrare in ruoli di rilievo. Adesso non ci sarà tempo “né per i regali, né per i ricatti”.
E questo stesso messaggio è quello che il leader di Vox ha ribadito la notte delle elezioni, invitando Feijóo a rivelare se preferisce un patto con il leader dei socialisti, Sánchez, per continuare ancorato all’immobilità, o negoziare governi locali e regionali con Vox “per abrogare tutta la legislazione della sinistra”. “Lo abbiamo detto in ogni piazza. Non daremo via ciò che non ci appartiene, che è la fiducia degli spagnoli e non cederemo a nessun ricatto: agiremo con fermezza”.
Ma ora questo spartito si trasferisce a livello nazionale. Sánchez, davanti ad un consesso con tutti i parlamentari del Psoe, ha detto che i due partiti – popolari e Vox – sono “due forze completamente simili” che “hanno più mezzi e nessuna vergogna per lanciare bugie e trafficare con bugie”. Ma allo stesso tempo, il premier sa bene che le sue dimissioni possono essere un grande azzardo anche per la sua parte politica. Avere così poco tempo davanti prima delle elezioni non mette in difficoltà solo i popolari, ma anche la variegata e litigiosa alleanza di sinistra che ha sostenuto in questi anni il Governo. Non è un caso se i primi ad essere spiazzati da questa decisione del premier sono stati i socialisti e i loro alleati di Podemos, vicepresidente Yolanda Diaz (che aveva annunciato la sua candidatura per le politiche solo qualche settimana prima con una nuova formazione politica di sinistra, Sumar), i quali adesso devono cercare in poco più di un mese e mezzo la quadra per un’alleanza elettorale assai complicata.
Mentre per i popolari europei, non solo per quelli spagnoli, la sfida può essere un banco di prova dell’alleanza tra popolari e conservatori europei a cui stanno lavorando da mesi la Meloni, Raffaele Fitto, Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, e Carlo Fidanza, capodelegazione al parlamento europeo di FdI, in vista delle europee del 2024. Un successo della coalizione di centrodestra in Spagna e un accordo tra popolari e Vox sarebbe certamente un buon viatico per ammorbidire la posizione di quanti nei popolari europei guardano ancora con sospetto ad un’alleanza con il gruppo dei conservatori. Insomma, saranno molti gli spettatori interessati alle prossime legislative spagnole del 23 luglio.
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