Il tema dei diritti civili e delle minoranze ha plasmato, alterandola, anche l’uguaglianza del voto negli Stati Uniti. La sfida della Corte Suprema
Se qualcuno chiedesse se il dibattito sui diritti civili, ed in particolare sulla discriminazione razziale, sia ancora vivo negli Stati Uniti, pochi probabilmente risponderebbero di no. Più complesso è comprendere quanto questo dibattito abbia plasmato il diritto pubblico americano, in che misura temi discussi negli anni sessanta possano oggi essere considerati obsoleti e quanti invece possano oggi tornare al centro dell’attenzione nonché, quanto decisioni in materia possano influenzare la politica americana.
La scorsa settimana la Corte Suprema ha dibattuto sulla legittimità della sezione seconda del Voting Rights Act, una legge del 1965 approvata allo scopo di tutelare il diritto di voto delle minoranze razziali. Tale normativa, nell’interpretazione restrittiva data dalla giurisprudenza e dalla prassi, impone agli Stati che disegnano i collegi elettorali di tenere conto delle minoranze razziali, predisponendo alcuni collegi i cui membri siano composti da almeno il 50% di individui appartenenti ad una certa minoranza.
Tale decisione, finalizzata a “prevenire diluizioni” degli elettori appartenenti alle minoranze in diversi collegi, ha favorito l’ingresso nel Congresso di deputati appartenenti a minoranze razziali, in particolare di deputati afroamericani. In un sistema maggioritario puro come quello americano, la definizione dei collegi elettorali è sempre stata un tema decisivo per ogni elezione e spesso è stata oggetto di accesi dibattiti nonché di contese giudiziarie.
Nella discussione avvenuta, i giudici Clarence Thomas (che è afroamericano), Samuel Alito e Neil Gorsuch, hanno espresso la loro contrarietà all’utilizzo dell’etnia come fattore discriminante nel disegnare i collegi elettorali.
Il giudice conservatore Brett Kavanaugh, di per sé non contrario all’utilizzo di affirmative action anche in campo elettorale e autore in passato di decisioni di compromesso in materia, ha osservato come nella giurisprudenza della Corte Suprema l’utilizzo di rimedi “race-based” è sempre stato considerato legittimo solo per periodi di tempo limitati, e che quindi non è possibile mantenerlo in maniera definitiva.
Il riferimento del giudice Kavanaugh è fra gli altri alla decisione presa dalla Corte del 2023 sull’illegittimità da parte dei college e delle università di favorire candidati appartenenti a determinate minoranze su altri, considerata il più importante freno alle politiche di affirmative action degli ultimi anni.
In quella decisione, infatti, è stato considerato discriminatorio il regolamento di accesso agli studi di Harvard, nella parte in cui permetteva agli studenti appartenenti ad alcune minoranze di essere ammessi con risultati dei test significativamente inferiori a quelli di studenti che erano stati esclusi (è interessante notare come la causa fu sollevata e portata avanti da un gruppo di studenti americani di origine asiatica che erano stati esclusi).
L’eventuale decisione della Corte di interpretare in senso più ampio il Voting Rights Act, o addirittura di disapplicarlo, potrebbe essere presa entro questa primavera ed essere quindi già applicata ai collegi elettorali che verrebbero ridefiniti per le elezioni di metà mandato. Questo permetterebbe di riportare in gioco circa una decina di collegi elettorali negli Stati del Sud che oggi sono ad ampia maggioranza afroamericana e che sono considerati seggi certi per i democratici.
Le elezioni di midterm (che si terranno a novembre 2026) sono la sfida più importate per un presidente, ed in particolare sono fondamentali per Trump, che non potrà ricandidarsi nel 2028 e che se perdesse il controllo di uno dei due rami del parlamento sarebbe costretto a scendere in qualche modo a patti con i democratici negli ultimi due anni del suo mandato.
Una eventuale decisione della Corte che allentasse le maglie sull’imposizione di distretti riservati alle minoranze potrebbe garantire al Partito repubblicano ulteriori seggi provenienti dagli Stati del Sud rendendo ardua l’impresa per il Partito democratico di riconquistare la maggioranza al Congresso.
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