A Trovati Morti il fratello di Elisa Claps, Gildo, è tornato a parlare dell'omicidio puntando il dito contro la Chiesa che ha coperto Danilo Restivo
Nella puntata di ieri sera della trasmissione Trovati Morti è stato lungamente affrontato il (purtroppo) famoso caso di Elisa Claps, la ragazza 16enne che nel 1993 sparì misteriosamente ne nulla e della quale non si ebbero notizie fino al ritrovamento ben 17 anni dopo, occultata all’interno del sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza: un caso – fortunatamente – chiuso e per il quale è stato condannato in via definitiva Danilo Restilo, ultima persona a vederla in vita, e del quale ha parlato il fratello di Elisa Claps, Gildo.
Partendo dalla figura di Elisa Claps, dopo tutti questi anni il fratello ci tiene a ricordarla come “una ragazza semplice, generosa e affettuosa, oltre che ingenua sotto tanti aspetti”: un’ingenuità che – a suo avviso – ha “pagato nella misura in cui ha accettato quell’invito di Restivo” che le disse di volerle consegnare “un regalo” per attirarla all’interno di quella chiesa dalla quale non è più uscita, in un vero e proprio “stratagemma” che – più tardi – “abbiamo scoperto che adottava spesso per appartarsi con le ragazze“.
Gildo Claps: “Forse avrei potuto fare di più per evitare che Restivo la attirasse in trappola”
Nonostante siano passati – ormai – parecchi anni dalla scomparsa di Elisa Claps, il fratello confessa a Trovati Morti di tormentarsi ancora al pensiero di averle concesso quel maledetto giorno di andare all’appuntamento con Danilo Restivo dopo che lui le telefonò: dall’altra parte del telefono lui non sapeva chi ci fosse e quella che oggi definirebbe un’incuria – racconta – era legata al fatto che “da pochi giorni superato l’esame di riparazione e non aveva ancora fatto alcuna vacanza” estiva.
Soffermandosi sulla figura di Restivo, il fratello di Elisa Claps ricorda e racconta di averlo incrociato la prima volta “ad agosto in una località di mare, quando si era avvicinato a Elisa” e quest’ultima “aveva avuto una reazione poco consona al suo carattere (..) estremamente amabile”: quella sera, ricorda, “chiesi se le stava dando fastidio perché avrei voluto intervenire più energicamente”, ma fu lei a rassicurarlo dicendogli che “era un ragazzo che aveva un po’ di problemi ma non era pericoloso“; ma nonostante questo negli anni si è più volte chiesto “cosa sarebbe successo se fossi intervenuto il mese precedente alla scomparsa“, proprio in occasione di quell’incontro.
Il fratello di Elisa Claps: “Impossibile che nessuno in quella chiesa abbia visto il corpo in 17 anni”
Al di là di Restivo – unico vero e proprio colpevole di quanto accaduto a Elisa Claps – il fratello Gildo ci tiene a chiarire che in tutta la vicenda “ci sono state responsabilità a svariati livelli“: una fra tutte fu “la sciatteria, incapacità e impreparazione” degli inquirenti che già all’indomani della scomparsa della ragazza “non sequestrarono gli abiti” di Restivo che lui stesso descrisse come “zuppi di sangue”.
Inquirenti da un lato e – continua il fratello di Elisa Claps – il “clero potentino” dall’altro, perché a suo avviso resta pacifico e certo che sia impossibile che “il corpo sia rimasto lì per 17 anni senza che nessuno lo vedesse”: già nel 1966, ricorda, “furono effettuati dei lavori di ripristino del tetto della chiesa ed è assolutamente incredibile che il corpo poi sia stato ritrovato alla fioca luce di un cellulare da un operaio che salì lì per caso”, in quelle che definisce “evidenti (..) responsabilità della Chiesa“, non tanto dal punto di vista “della commissione del fatto, ma in tutto quello che c’è stato negli anni successivi e che ci hanno condannato a 17 anni di limbo”.