Il Nobel per la Fisica 1999 è stato conferito per la formalizzazione della teoria delle interazioni elettrodeboli, il più recente esempio di unificazione delle forze che la fisica conosca.
quantum structure
of electroweak interactions
in physics”
L’Accademia Reale di Svezia ha conferito il Premio Nobel per la Fisica 1999 a due fisici teorici olandesi, Martin Veltman e Gerard ‘t Hooft. Il loro capolavoro è consistito nel mettere a punto la teoria delle interazioni elettrodeboli, il più recente esempio di unificazione delle forze che la fisica conosca.
Tra gli esempi di unificazione delle forze, di fondamentale importanza è quello classico dell’elettricità e del magnetismo, incorporati nella teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell.
[A sinistra: Martin Veltman (1931-…)]
Quando è possibile realizzare una unificazione tra forze prima credute differenti, la descrizione della realtà fisica tende a divenire più semplice e, al tempo stesso, più potente: la teoria di Maxwell spiegava tutti i fenomeni ottici e prevedeva al tempo stesso l’esistenza delle onde radio, poi scoperte da Hertz.
La storia si ripete in tempi più recenti.
All’inizio degli anni Sessanta i fisici spiegano le interazioni tra le particelle fondamentali in base a quattro tipi di forze: elettromagnetica, nucleare debole, nucleare forte, gravitazionale. La speranza di unificare alcune di queste forze diventa in questi anni concreta: Sheldon L Glashow, Abdus Salam e Steven Weinberg formulano la «teoria elettrodebole», che spiega l’elettromagnetismo e la forza nucleare debole come manifestazioni diverse di una sola forza fondamentale, la forza elettrodebole.
[A destra: Gerard ‘t Hooft (1946-…)]
La teoria, fin dalla sua formulazione, aveva un problema intrinseco che è caratteristico di tutte le teorie quantistiche relativistiche: non poter fare previsioni quantitative a causa di quantità infinite che si manifestano nei calcoli eseguiti in base alla teoria. La trattazione di queste quantità infinite (o meglio divergenti) è di fondamentale importanza anche per la verifica della validità della teoria stessa.
Questo passo fondamentale venne compiuto da Martin Veltman e dal suo brillantissimo studente Gerard ‘t Hooft negli anni tra il 1969 e il 1971, all’Università di Utrecht. Dopo questo lavoro, la teoria di Glashow, Salam e Weinberg diviene una teoria quantistica relativistica completa. Nel gergo degli specialisti, si dice che Veltman e ‘t Hooft «hanno dimostrato che la teoria elettrodebole è rinormalizzabile»,
Numerosissimi i successi della teoria negli ultimi trent’anni: il più spettacolare la scoperta dei bosoni vettori W e Z al CERN nel 1983, per cui fu conferito il Premio Nobel a Carlo Rubbia e Simon van der Meer,
La teoria elettrodebole oggi è il costituente principale del cosiddetto «Modello Standard» delle particelle fondamentali.
Marco G. Giammarchi
(Ricercatore INFN, Miiano)
© Pubblicato sul n° 07 di Emmeciquadro