La fisica delle particelle prevede l’esistenza di un bosone non ancora rivelato, il bosone di Higgs. La sua «creazione» richiede energie elevatissime, dell’ordine dei TeV (1012 eV), condizioni che si sono verificate appena un picosecondo (10-12s) dopo il Big Bang. Al CERN di Ginevra sta per entrare in funzione un nuovo acceleratore, il Large Hadron Collider (LHC), con lo scopo, tra gli altri, di ottenere questo risultato.
L’autore, uno dei responsabili del progetto, ne tratteggia le caratteristiche essenziali.
Acceleratori e superconduttività (SC) sono stati dei buoni amici per molti anni. A partire dalla camera a bolle Argonne, che è stato il più grande magnete a superconduttori utilizzato per esperimenti in fisica, e dal Tevatron, che è stato il primo grande acceleratore basato sulla superconduttività, la Fisica delle Alte Energie (HEP) ha dato un enorme impulso allo sviluppo pratico della superconduttività.
In particolare, quando la possibilità di un’applicazione pratica ed economica della SC si stava indebolendo per il settore dell’energia negli anni Ottanta, la Fisica delle Alte Energie incoraggiò miglioramenti non appena ci fu una serie di progetti che richiedevano una continua Ricerca e Sviluppo (R&D).
[A sinistra: il logo di LHC]
Il Grande Collisore Adronico (Large Hadron Collider, LHC), che è in fase di completamento al CERN, è l’ultimo di una serie di acceleratori di grandi dimensioni basati sulla tecnologia SC e ha una dimensione quattro volte superiore e un livello di campo magnetico due volte più elevato degli acceleratori precedenti.
Anche i suoi principali rilevatori, denominati ATLAS e CMS, sono basati su magneti SC di dimensioni ed energia mai ottenuta prima. In totale nei magneti a superconduttori dell’LHC saranno presenti circa 15 GJ di energia magnetica. L’LHC sarà anche la prima applicazione su grande scala di HTS (High Temperature Superconducting) nel funzionamento di un grande apparato, usando 1180 fili elettrici tutti basati su Bi-2223 con vari amperaggi sino a 13 kA.
Fisica delle particelle e acceleratori
Gli acceleratori sono una delle due frontiere della fisica. Da una parte, l’Astrofisica studia oggetti giganti come le galassie alle più lontane distanze (1025 m) per mezzo sia di telescopi ottici che di radiotelescopi. Da un altro lato, la Fisica delle Alte Energie studia le dimensioni infinitamente piccole, cercando i costituenti elementari del nostro mondo e le forze che li tengono insieme. Da questo punto di vista gli acceleratori sono dei potentissimi microscopi che possono indagare la materia in un dettaglio estremamente piccolo.
In effetti gli acceleratori utilizzano particelle a una tale energia che la lunghezza d’onda associata ? = h/p (1) è molto corta, permettendo di risolvere dettagli del suo stesso ordine di grandezza. In LHC, dove le collisioni elementari accadranno nella scala dei TeV, la corrispondente ? è di 10-18m: in tal modo potremmo chiamare tali macchine «attoscopi» (essendo «atto» il prefisso per 10-18).
Nel raggiungere l’energia necessaria per sondare la materia in modo così dettagliato, noi ricreiamo anche le condizioni che esistevano solo all’inizio del nostro mondo. La relazione tra il tempo dopo il Big Bang e l’energia necessaria per raggiungerlo è del tipo t ÷ 1/E2, dove t è in microsecondi ed E è in GeV. Nella scala dei TeV che si raggiunge in LHC, si ricreano le condizioni che sono esistite 1 ps dopo il Big Bang: in un certo senso gli acceleratori sono anche macchine che vanno all’indietro nel tempo!
La Fisica delle Alte Energie negli ultimi trent’anni è stata in grado di fornire una descrizione abbastanza buona dei costituenti fondamentali, che sono tutti compresi nel modello denominato Modello Standard.
Tuttavia una particella che è assolutamente necessaria per la consistenza del modello, ancora sfugge all’evidenza sperimentale: la particella di Higgs. Inoltre, benché il Modello Standard sia caratterizzato da una descrizione molto dettagliata, alcune domande fondamentali sono ancora senza risposta. Perché tante particelle? Perché tante forze? Cosa è la massa e perché le particelle hanno le masse che hanno?
LHC dovrebbe dare un contributo decisivo nel capire e risolvere tali enigmi e dovrebbe anche fornire informazioni e orientamenti anche su altre questioni fondamentali, quali la natura della «materia oscura» e della «energia oscura», e la scala della Grande Unificazione.
La frontiera dell’energia
Ci sono due strade per dischiudere nuove conoscenze nella fisica delle particelle.
Una strada è quella di accedere alle più alte energie, la cosiddette «frontiera dell’energia». Infatti, aumentando sempre più l’energia delle particelle possiamo creare nuove particelle con una massa a riposo uguale all’energia cinetica delle particelle accelerate. In tal modo si trasforma l’energia in massa e ciò è equivalente all’osservare sempre più profondamente i dettagli sub-nucleari.
Per la frontiera dell’alta energia, come per LHC, le particelle accelerate sono «adroni» (principalmente protoni, qualche volta ioni), l’energia che perdono a causa della radiazione di sincrotrone è piccola, e quindi è conveniente far ri-circolare il fascio di particelle attraverso le strette sezioni delle cavità di radio-frequenza che forniscono il campo elettrico accelerante. Normalmente due fasci rotanti in senso opposto collidono continuamente in pochi punti dell’anello. Gli Hadron Collider sono, quindi, circolari e basati su magneti curvanti.
L’energia delle particelle fornita dagli acceleratori circolari in regime relativistico può essere scritta come: E ÷ 0,3 B.R, dove E è espressa in TeV, il campo magnetico B in Tesla e il raggio R in km. Si può notare che la grande intensità del campo magnetico ripaga quanto la grande dimensione del tunnel e quindi è chiaro l’interesse e la spinta verso elevati campi magnetici. Dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, tutti i grandi Hadron Collider che sono stati costruiti o concepiti, sono basati sulla superconduttività.
Ci sono anche rigorose ragioni economiche che rendono gli acceleratori come dei killer-application, cioè dove la superconduttività è indispensabile.
La potenza dissipata nelle bobine resistive dei magneti che conducono normalmente varia come B R, cioè come l’energia del fascio, mentre la potenza criogenica necessaria per i magneti superconduttori varia al primo ordine solo come R, che rende evidente il vantaggio nel scegliere elevati campi magnetici e «moderati» valori di R nella selezione dei parametri del collisore.
In realtà la variazione precedente è solo approssimata poiché la potenza criogenica è influenzata in modo significativo anche dalla temperatura di lavoro (1,9 °K in LHC invece dei 4,4 °K utilizzata nelle altre macchine) e per macchine oltre l’energia di LHC, anche dall’intensità della radiazione di sincrotrone.
LHC assorbe circa 40 MW di energia elettrica per l’impianto criogenico dei magneti superconduttori di 8,3 Tesla installati nei 27 km del tunnel: se fossero utilizzati magneti «normali conduttori» operanti a 1,8 Tesla, un tunnel di 100 km sarebbe stato necessario con un consumo di potenza elettrica di 900 MW, portando il progetto a un costo proibitivo.
La frontiera dell’alta precisione
La seconda strada è la «frontiera dell’alta precisione» dove, per mezzo dei leptoni (normalmente positroni e+, elettroni e–), si potrebbero svelare informazioni che possano provare o confutare una teoria. Sebbene l’energia sia usualmente minore rispetto a quella dei collisori di adroni, grazie alla «pulizia» del fenomeno dell’annichilazione particella-antiparticella, curve risultanti da esperimenti precedenti possono rivelare dettagli che possono confermare o invalidare il Modello Standard.
Questa strada è perseguita dai grandi acceleratori lineari (Linacs) per elettroni, come International Linear Collider (ILC) che richiede un uso massivo di radiofrequenze (RF), con cavità che lavorano in un range tra 0,1 e 3 GHz. In questo caso l’energia del fascio è espressa come E = eεL, dove L è la lunghezza delle cavità acceleranti che forniscono il campo elettrico ε, ed e è la carica dell’elettrone.
Nel caso dei Linacs il confronto tra le cavità superconduttrici e quelle normali è più delicato. I gradienti più elevati sono effettivamente raggiunti con cavità di rame a una frequenza molto alta.
Tuttavia, la più elevata potenza di dissipazione, il tubo più piccolo del fascio e i fasci più corti connessi per usare le cavità di rame ad alta frequenza rende la superconduttività una scelta molto migliore, almeno nel range dell’energia oggi raggiungibile, da 0,5 a 1 TeV nel centro di massa. Per queste ragioni, la prossima frontiera della macchina di precisione, ILC, è nella fase di progettazione ed è basata sulla tecnologia a superconduttori.
I rivelatori di particelle
In entrambi i casi, una volta che le particelle sono accelerate e fatte urtare l’una contro l’altra, le nuove particelle e le radiazioni che provengono dal punto di collisione devono essere rivelate.
A tal fine i punti di collisione sono coperti da rivelatori ermetici che racchiudono completamente il punto di collisione per intercettare tutte le collisioni prodotte, con l’eccezione di un cono estremamente sottile lungo l’asse del fascio primario.
Le funzioni di un rivelatore di particelle e radiazioni si possono schematicamente così riassumere:
- l’acceleratore concentra l’energia sulle particelle
- le particelle si urtano
- il rivelatore identifica le nuove particelle create.
La grande caverna dell’ATLAS nel marzo 2004, pronta a ricevere il toroide dell’ATLAS; al centro il tunnel di LHC
I rivelatori necessitano di campi magnetici per la determinazione della carica e per il momento spettrometrico, la cui risoluzione, quando la traccia è all’interno del campo magnetico, varia in modo che grandi volumi sono più convenienti di campi elevati. Tuttavia, in molti casi, i parametri sono tali che i magneti a superconduttori sono necessari per ottenere la necessaria risoluzione.
Talora il magnete è all’interno della parte calorimetrica del rivelatore: in questi casi il magnete deve essere il più trasparente possibile alle particelle e alla radiazione. Anche se il livello di campo è normalmente minore di 2 Tesla, questa condizione può essere raggiunta solo utilizzando bobine superconduttrici.
Il Grande Collisore di Adroni (LHC)
LHC è progettato per fornire collisioni a 14 TeV nel centro di massa con una corrente di fascio di 0,58 A. A questo scopo, protoni a bassa energia sono iniettati da SPS, un acceleratore esistente al CERN, nell’anello principale di LHC. Contemporaneamente il campo dei dipoli è aumentato da 0,54 Tesla sino a 8,3 Tesla in 20 minuti e l’energia dei due fasci circolanti in verso opposto è aumentata da 0,45 a 7 TeV. I dipoli principali e tutti gli altri sistemi principali sono disegnati per possibili operazioni al limite di 9 Tesla.
Per ottenere campi così elevati, si utilizza la ben sperimentata tecnologia basata su Nb-Ti (niobio-titanio al 46% in peso atomico) e i magneti sono raffreddati a 1,9 °K tramite elio superfluido pressurizzato. In totale una massa di 37000 tonnellate è raffreddata a questa temperatura così bassa, che è ben al di sotto dei circa 2,7 K che rappresenta la temperatura residua dell’Universo.
L’acceleratore LHC è associato a quattro principali esperimenti: ATLAS, CMS, Alice e LHC-b.
Il grande rivelatore ATLAS
I primi due esperimenti hanno obiettivi generali e sono in dimensione i più grandi. Ambedue utilizzano grandi magneti a superconduttori con una massa fredda di 1000 tonnellate ciascuno. Il tunnel dell’acceleratore di 3,8 m di diametro, localizzato a circa 100 m sotto terra, era già stato costruito per il progetto LEP (un collisore positrone-elettrone che ha cessato di operare nel 2000), mentre gli esperimenti ATLAS e CMS sono localizzati in enormi gallerie appositamente costruite.
Il progetto LHC (la macchina e le aree sperimentali) ha un costo, solo per i materiali, di circa 2,5 miliardi di euro. Vale la pena notare che il sistema crio-magnetico è la parte il più costosa del progetto (circa i 2/3 del budget totale). Il progetto è stato approvato nella sua configurazione finale nel Dicembre 1996 e il primo fascio circolante all’energia di iniezione (programmato originariamente per la fine del 2007) è ora previsto per agosto 2008.
La grande caverna dell’ATLAS nel marzo 2004, pronta a ricevere il toroide dell’ATLAS; al centro il tunnel di LHC.
Ci sono circa tre anni di ritardo rispetto al piano originale definito alla fine del 1996 a causa delle difficoltà di budget incontrate dal CERN, del ritardo nell’inizio della produzione industriale dei magneti e di alcuni impegnativi problemi sia dal punto di vista tecnico che organizzativo nella linea di distribuzione criogenica, che scorre lungo il totale dei 27 km del tunnel, e nella distribuzione delle scatole di alimentazione criogeniche/elettriche.
Conclusioni
LHC è una delle più grandi imprese scienti!che e la più grande applicazione della tecnologia a superconduttori e di quella criogenica. La sua costruzione si basa su un progetto specifico e su tecnologie di costruzione che, malgrado le difficoltà, possono essere considerate come mature a livello industriale. È ormai provato che la superconduttività, sia per LTS che HTS, ciascuno nel suo campo di applicazione, è una tecnologia che consente di far funzionare apparecchiature di grandi dimensioni.
Più di cento scienziati e tecnici del CERN e istituti di ricerca collegati hanno lavorato sulla parte a superconduttori di questo progetto per più di dieci anni e molti altri hanno collaborato dal lato industriale.
Il successo di LHC deve essere accreditato prima di tutto alle persone delle comunità scienti!che relative alla superconduttività e criogenia, che hanno lavorato duramente per rendere possibile questo enorme progetto.
Un contributo deve essere riconosciuto anche ai numerosi studenti e giovani collaboratori, coinvolti negli studi, nella Ricerca&Sviluppo e nella costruzione del progetto: la realizzazione di LHC è basata anche sul loro lavoro e la loro passione.
Lucio Rossi
(Professore presso l’Università degli Studi di Milano, dal 2001 dirige il gruppo Magneti & Superconduttori per il progetto LHC del CERN di Ginevra)
- Si tratta della relazione di de Broglie che esprime il dualismo onda corpuscolo, dove λ è la lunghezza d’onda associata alla particella, h la costante di Planck e p la quantità di moto.
© Pubblicato sul n° 33 di Emmeciquadro