Il convegno dedicato al chirurgo e “servo di Dio” Enzo Piccinini, figlio spirituale di don Giussani, ha testimoniato l’inesauribile ricchezza di una vita.
Sarebbe piaciuto anche a Enzo Piccinini, chirurgo e “Servo di Dio”, il titolo del convegno che gli hanno dedicato lo scorso 8 marzo 2025 al Policlinico S.Orsola di Bologna, 25 anni dopo la sua morte: “Vivere o sopravvivere?”.
In un momento di crisi del sistema sanitario, la tentazione di limitarsi alla lamentazione, all’analisi di ciò che non va e alla critica esasperata è endemica, ma i promotori del convegno – come hanno spiegato Davide Pianori e Francesca Bisulli per conto dalle Fondazione Piccinini che lo ha organizzato, assieme ad altri soggetti – han voluto proporre ipotesi positive, strade da precorrere, motivazioni per reggere la vocazione medica nell’affrontare malattie, cure, dolore. Per vivere e non sopravvivere, dunque.
La straordinaria riuscita di questo convegno non solo sanitario – pienone nell’aula magna di Nuove Patologie, nel grande padiglione dove lavorava Piccinini – è dovuta sicuramente al riuscitissimo mix realizzato di testimonianze di alto livello professionale e umano nel campo medico e l’incontro con testimonianze di opere sociali di grande valore e impatto.
Ciascun capitolo dell’evento, punteggiato da frasi o testimonianze in video di Piccinini, meriterebbe da solo un ulteriore convegno. Così come meriterà di essere riletta e meditata la lectio di Giancarlo Cesana, alla fine dell’incontro, dopo aver ricevuto dalla moglie di Enzo, Fiorisa, il VII premio Piccinini.
Cesana ha spaziato da Tolstoj a Péguy, per ricordare che se ci si limita a fare solo il proprio dovere “non si è fatto tutto il proprio dovere” e che comunque, per reggere il compito della professione medica e della vita e per mettere – “alla Enzo Piccinini” – “il cuore in ogni cosa” serve un’amicizia. Altrimenti, si rischia di soccombere all’“industrializzazione del dolore” che avanza.
Altrettanto interesse ha suscitato il percorso di Simone Biscaglia, oggi professore di cardiologia a Ferrara, che – pur senza essersi formato con Piccinini, per ragioni anagrafiche – ha fornito una convincente dimostrazione di quello che potremmo definire metodo-Piccinini.
E cioè grande lavoro di squadra nella professione medica, attenzione sistematica e partecipe ai pazienti, rigorosa ricerca medica anche al di fuori degli obblighi contrattuali lavorativi. Biscaglia ha tratteggiato esempi vissuti in prima persona: un vastissimo studio clinico in campo angioplastico negli anziani, con risultati operativi divenuti ora standard mondiale e riconosciuti da premi e riviste di assoluto prestigio, realizzati con una lavoro collettivo andato ben oltre le dimensioni e le necessità della stessa struttura ferrarese.
L’aver fatto divenire Piccinini stesso, attraverso il libro scritto su di lui e la sua professione da Marco Bardazzi (Ho fatto tutto per essere felice, BUR, 2021) l’oggetto di corso elettivo universitario. Vi hanno partecipato in presenza nel tempo 400 studenti, con tanto di esame finale.
Meriterebbe poi anche andare a risentire quali passi ed episodi hanno portato Biscaglia a divenire cardiologo, quando la sua prima propensione era la ricerca biotecnologica, scoprendo che anche la curiosità suscitata da un pitale di urina portato avanti e indietro in un reparto di cardiologia da un giovane medico, per testare dei reagenti emodinamici, può muovere la curiosità professionale e indirizzare una brillante carriera.
La mattinata bolognese ha offerto troppi spunti per essere resi in poche righe. C’è da augurarsi escano degli atti o si possa rivedere il video di questo incontro, che non si è limitato alla celebrazione di Piccinini, ma ne ha comunque evidenziato la presenza, viste le reazioni provocate dalla sua vita, e anche dalla mostra che lo racconta, in persone certamente non cielline e che nulla sapevano della sua vita e della sua professione.
E dovremmo ripercorre la testimonianza di Debora Donati, con la sua straordinaria e commovente opera “Insieme a te”, generata col marito portato via da un SLA troppo rapida, o quella del “romagnolo” Davide De Santis, con “La Mongolfiera” (nome dell’opera sociale preso da una immagine usata proprio da Piccinini). “Insieme a te” oggi gestisce in Puglia una spiaggia unica forse al mondo, che accoglie disabili gravi, famiglie dall’Italia e dall’estero, con 2.200 volontari.
Oltre a loro, dovremmo anche riascoltare i professori Marco Seri, Gaetano Lamanna, Fabio Catani, l’oncoematologo Riccardo Masetti, che nulla sapeva di Piccinini prima di questa occasione, Elisabetta Buscarini, affermatissima gastroenterologa e amica di Enzo, o anche il giovane oncologo, arabo israeliano nonché palestinese e cattolico, Hussam Abu Sini, impegnato in una frontiera tutt’altro che facile, ad Haifa.
E non va scordata la commossa testimonianza di Annarita Piccinini, la figlia più giovane di Enzo, oggi medico chirurgo oculista al Sant’Orsola, che forse per la prima volta da anni è riuscita a trattenere le lacrime nel parlare di suo padre.
La Chiesa cattolica ha già detto qualcosa di importante su Piccinini, avendolo dichiarato Servo di Dio e avendo ora depositato a Roma, in Vaticano, gli atti per la sua eventuale futura canonizzazione, dopo l’indagine diocesana a Modena, città di residenza di Enzo. L’arcivescovo-abate di Modena e Nonantola, Erio Castellucci, ha celebrato la chiusura della fase diocesana il 22 febbraio scorso, giorno della morte di don Luigi Giussani. Non a caso, perché di Giussani Enzo era a tutti gli effetti un figlio nella fede. Come del resto Cesana stesso non smette di ricordare.
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