L’attesa dell’esame di maturità 2025 è segnata dall’ansia delle prove da affrontare. Ma la vera "maturità" è aprire la domanda sul senso dell’esistenza

Ci sono giorni che si chiamano “di attesa”. Quelli in cui finiscono le lezioni – non temporaneamente, non per un’estate, ma per sempre – e devono ancora iniziare l’esame di maturità.

Sono finiti gli scrutini di ammissione, sono ormai definiti i crediti di partenza. Ora resta l’attesa. Certamente si è in ansia per le prove scritte, programmate per il 18 e 19 giugno. Ma questa inquieta calma “pre-battaglia” non nasconde soltanto il desiderio che tutto vada per il meglio e che tutto finisca il più presto possibile; l’aspettativa, se si guarda a fondo, è ben più ampia.



In queste giornate nelle vite dei maturandi – ma anche dei loro insegnanti, anche dei loro genitori – ci sono tutti quei sintomi di vertigine e di disagio che, se presi sul serio, spalancano a questioni fondamentali che un vero percorso di maturazione non può eludere. Dietro e dentro l’apparente fatica per la “scelta del proprio futuro”, in realtà si giocano le grandi domande che sono il principio del vero cammino che fa diventare adulti: “Ma io perché ci sono? Perché sono al mondo? A che vale la pena vivere? A che servo, a che serve il mio io?”.



Non tener conto di queste domande significherebbe uccidere la natura dell’uomo, bloccare l’impeto verso il significato del vivere. E da parte degli adulti, pensare a una maturità definita unicamente dal raggiungimento di certe conoscenze e competenze, senza che esse siano strettamente connesse alla ricerca e alle ipotesi di senso totale che il ragazzo sta portando avanti all’interno e con la collaborazione della famiglia e della scuola, sarebbe come consegnare nelle mani di un bambino tutti i pezzi di un giocattolo, con le istruzioni per il montaggio, ma senza introdurlo allo scopo di quell’oggetto, alla sua funzionalità verso il tutto.



Che senso ha vivere e come la materia che si sta studiando introduce a un’ipotesi di significato che illumini di più la vita, chiarificando le inclinazioni dei ragazzi, i talenti, la loro vocazione, il loro essere utile al mondo?

Se questo pezzo delicatissimo di strada che i nostri figli o studenti stanno facendo, non fosse legato ai drammi di Gaza o dell’Ucraina, alle sorti e ai bisogni della società, a che genere di maturità introdurrebbe questo esame? Solo all’egoismo scaltro di chi si domanda come usare il mondo e la società per realizzare i suoi piani. E non invece alla grande domanda: come posso io essere utile al tutto, al mondo intero? Domanda in cui risiede la vera realizzazione di sé stessi.

La vera “ascesi” di questo periodo di attesa per la Maturità 2025 non sta, così, nel restare lucidi e calmi per ottenere i massimi risultati nelle valutazioni, quanto piuttosto nel non insabbiare, nel saper cogliere senza bloccarle, le vere urgenze che sono nel fondo della nostra esistenza e che possono davvero segnare il cammino verso la condizione di adulti.

A voi ragazzi la sfida di trovare persone, prof e amici che vi aiutino a comprendere bene l’inquietudine che sentite nel cuore in questo periodo.

A voi adulti, rifare di nuovo l’esperienza di ciò che vi rende tali – il cammino del significato del vivere – accanto e insieme ai vostri alunni e figli. Buona Maturità 2025! Buon lavoro!

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