Sull'Ucraina russi e americani evocano una guerra nucleare e l'opinione pubblica si convince di una possibile escalation
La guerra nucleare rimane sulla carta e, per ora, non c’è un pericolo serio. Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, però, l’opinione pubblica occidentale è stata portata piano piano a prendere in considerazione questa eventualità, come se potesse succedere realmente.
In realtà, l’ultima diatriba fra l’ex presidente russo Medvedev e l’attuale presidente USA Trump, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che il conflitto in realtà è tra Washington e Mosca e che il contesto è quello di un accerchiamento della Russia che andrà avanti anche quando finirà la guerra in Ucraina.
In questo, Trump sembra essere rientrato nel solco delle teorie dei neocon, quelle che hanno ispirato anche Biden, anche se forse le sue ultime prese di posizione potrebbero solo essere un modo per accontentare (a parole) i fautori dello scontro con il Cremlino. Di certo, la Casa Bianca non sembra avere una strategia per uscire dal conflitto.
Lo scontro verbale Medvedev-Trump e l’invio di sottomarini nucleari Usa ha ricreato un clima da guerra nucleare. C’è il rischio che si prosegua su questa strada?
La guerra nucleare, all’inizio della crisi ucraina, era un’ipotesi improponibile, poi è diventata una possibilità. Adesso pare che qualcuno la auspichi addirittura. Un po’ per volta, la nostra opinione pubblica è stata portata a considerare anche queste eventualità come un male necessario, forse, al quale bisogna rassegnarsi. Fin dall’inizio, c’è stata un’azione tesa a farci considerare l’escalation come una possibilità alla quale fare ricorso. Dopodiché, questo tipo di conflitto, che per adesso, grazie a Dio, è soltanto retorica, anche se ha portato allo schieramento di sottomarini nucleari, indica una cosa: la guerra è tra gli Stati Uniti e la Russia, non tra l’Ucraina e la Russia.
Perché?
È una guerra di carattere esistenziale per entrambi. Gli USA sono una potenza navale che vuole avere la meglio della potenza continentale che è la Russia. Mosca opera per linee interne per cercare di liberarsi da un accerchiamento che è pronto a scatenarsi in altre zone, nel Caucaso e nel Baltico. L’eventuale conclusione della guerra in Ucraina significherà semplicemente che ci si sposterà da un settore a un altro. C’è il Caucaso con l’Azerbaijan, l’Armenia, la Georgia, poi l’Iran, dove la guerra non farebbe bene al fianco sud russo, e poi il Baltico, dove importanti personaggi della NATO ipotizzano interventi contro Kaliningrad.
Questo vuol dire che Trump sta proseguendo la strategia di Biden?
Trump è rientrato nei ranghi o almeno lo vuol dare a vedere a chi ha gestito questa operazione dall’inizio. Ha cambiato atteggiamento: si è reso conto che la soluzione della guerra non era nelle sue possibilità, proprio perché non si tratta di una guerricciola per qualche chilometro quadrato. Anzi, è un conflitto importante, preparato per diversi anni. Come dice il generale Flynn, consigliere di Trump nel primo mandato, fatto fuori grazie alla bufala del Russiagate, il Deep State probabilmente ha avuto la meglio sul presidente americano e lo ha messo in mezzo.
Non ci sono altre spiegazioni?
È possibile che si tratti semplicemente di tattica, cioè che Trump faccia certe affermazioni per tacitare coloro che negli Stati Uniti spingono per uno scontro al calor bianco. Però ha usato dei termini molto pesanti: le parole sono pietre, non sono aria.
La dottrina classica del nucleare prevede delle regole di ingaggio precise, avrebbe mai considerato la possibilità di un botta e risposta di questo tipo?
Per evitare il conflitto nucleare, una volta, le parti mantenevano aperto un canale di comunicazione: c’era una linea rossa fra gli Stati Uniti e la Russia che doveva proprio servire a scongiurare queste situazioni, ma credo che tutto questo sia saltato. I contatti probabilmente ci sono, ma non sono intensi come potevano essere durante la guerra fredda. Allora si faceva attenzione a non evocare neanche la guerra nucleare, adesso, invece, se ne parla come se fosse una logica conseguenza di quello che sta succedendo.
Non sono stati i russi i primi a minacciare una soluzione del genere?
È un’escalation che ha coinvolto entrambi. I russi hanno messo in allarme le forze nucleari strategiche, così aveva detto Putin, ma si trattava di una uscita inutile: che le forze nucleari fossero in allerta era naturale, è sempre stato così. Dall’altra parte, però, ci sono state iniziative ben precise come l’attacco ad Armavir del 2024 a elementi del sistema early warning strategico russo.
In cosa è consistito?
È stata intaccata la deterrenza nucleare inertizzando per un certo tempo un presidio importantissimo per il controllo dei confini meridionali della Russia stessa. L’ultimo attacco alla triade nucleare di Mosca è stato condotto dagli ucraini con i droni, colpendo i bombardieri strategici che si trovavano in aeroporti sul territorio russo. Il Cremlino non ha reagito né in un caso né nell’altro. L’episodio di Armavir, tuttavia, era estremamente preoccupante, perché lasciava scoperta la Russia sul fianco meridionale, dal Mar Nero all’Iran.
La decisione di Trump di inviare i sottomarini rientra in questo contesto?
Credo che sia una decisione che getta un po’ di fumo per accontentare i duri e puri che da anni cercano lo scontro con i russi. Ma che sottomarini del genere siano in aree che conoscono solo loro è una cosa normale, è sempre stato così: con le loro testate nucleari hanno un raggio d’azione di 12mila chilometri. Non è che spostandoli, faccio per dire, dal Mediterraneo al Baltico cambi qualcosa.
Lea mossa di Trump sui sommergibili, la minaccia delle sanzioni, la scadenza dell’8 agosto come ultimatum alla Russia cosa ci dicono dell’America?
Trump ha investito tutto sulla fine della guerra in tempi brevi e adesso è impotente di fronte a questa situazione, almeno agli occhi del pubblico: questo probabilmente lo fa reagire. Il problema è che non c’è un obiettivo chiaro per la guerra, l’unico scopo sembra di continuare il conflitto per indebolire la Russia. Tuttavia, i russi hanno molte perdite, è vero, ma gli ucraini molte di più, lo provano anche il numero di prigionieri e di caduti che vengono scambiati da una parte e dall’altra: i russi ne restituiscono mille per volta, gli ucraini qualche decina. Questa mancanza di obiettivi fa sì che non ci sia una visione chiara su quello che si deve fare. E allora si va avanti con queste accelerate e frenate, che però prima o poi rischiano di mandarci a sbattere.
(Paolo Rossetti)
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